Ciao Erika, benvenuta
nel mio blog! Raccontaci qualcosa di te.
La prima domanda è sempre: ‘Chi è Erika Corvo?’ Per chi lo sa già, non è il caso di ripetermi. Per chi non lo sa, sono la sfigata senza una lira in tasca che l’anno scorso ha iniziato la sua carriera di scrittrice,pubblicando “Fratellidello Spazio Profondo”.
Sono nata a Milano nel 1958. Sono così vecchia che quando hanno girato "Jurassic Park", Spielberg voleva me al posto del T-Rex. Non mi hanno presa perché sono così tonda che avrei occupato tutto lo schermo. Rexy era più snello, stazzava solo tre tonnellate.
Un passato difficile alle spalle, fatto di due matrimoni disastrosi e difficoltà economiche a non finire: situazione in cui ho potuto contare esclusivamente sulle mie forze per rimanere a galla. Qualche giorno fa, un amico, commentando un mio stato particolarmente felice, ha detto:'Ti invidio' Gli ho risposto che la sola cosa che mi si possa invidiare è la pazienza e la tenacia con cui ho tenuto duro, tenendo sempre presente che non avrei potuto morire in pace senza prima aver pubblicato i miei romanzi.Eh, sì. Potrà sembrarvi strano, ma avevo giurato a Brian Black, il protagonista di “Fratelli dello Spazio Profondo”, che gli avrei dato vita. Ci sono riuscita. Ci ho messo sedici anni( ho scritto 'Fratelli' nel ’97), ma ci sono riuscita. Capite che pazienza? Vedo che il racconto piace e comincia a vendere, poi chi vivrà, vedrà.
Con il primo
stipendio ti sei comprata una chitarra e a diciassette anni hai inciso un LP con la
‘Baby Records’, dopo aver vinto un concorso per voci nuove nella sezione ‘cantautori’.
Parlaci di quest’esperienza.
Esatto: col primo stipendio mi sono comprata la chitarra.
Una vera schifezza, ma chissenefrega? Nell’epoca hippie, tutti suonavano e
tutti ti potevano insegnare a suonare. Mi divertivo tantissimo, non sapevo
ancora mettere in fila tre accordi in croce che già ci infilavo dentro dei
testi. Non so nemmeno quante canzoni
avessi scritto nel giro di un anno o poco più!
Un giorno, su una rivista
musicale, trovo il bando di un concorso indetto dalla 'Baby Records': “Se non sei
un cane e hai qualcosa di nuovo da dire,siamo qui ad aspettarti.” I vincitori
avrebbero inciso gratis. Avevo già scritto tante belle canzoni… Ok, mi dico!
Vado e mi fanno incidere! Giuro: non era presunzione, ma ero certa delle mie
capacità e potenzialità. Con la mia ingenuità di ragazzina e la mia
“chitarretta”, schifosa col manico storto, vado e gli faccio ascoltare
qualcosa.
C’erano i 'Fratelli La Bionda', come giudici; cantanti dell’epoca.
Duemila partecipanti. Chi rimane, alla fine? Io e un certo Enzo Ghinazzi,
passato poi alla gloria col nome d’arte di 'Pupo'. I 'La Bionda' mi chiesero come
caspita facessi a suonare con quello schifo che avevo in mano e risposi loro
col massimo candore che non potevo permettermi altro… Mi hanno accompagnato in
un bellissimo negozio di articoli musicali e mi hanno regalato una chitarra
favolosa, che ho ancora adesso e venero come una santa reliquia.
Ho inciso “Il
mondo alla rovescia”, era il 1977. Ma il mercato di cantautori impegnati, ai
tempi, era stracolmo. Mancavano, invece, cantanti per bambini; Cristina D’Avena
non esisteva ancora e volevano me per quella fascia di mercato. Anche perché,
di filastrocche, potevo sfornarne anche cinque o sei al giorno con una facilità
estrema. Ma non ho accettato. Cantavo cose impegnate alla 'De Andrè', che vado a
cantare, i Puffi? Ma per favore!
Mi sono divertita, ci ho guadagnato una
bellissima chitarra, ma la cosa è finita lì. È stato un bel gioco, e basta.
Ti definisci un’Fai da tè’ umano con passioni e hobbies a dismisura. Com’è nata in te l’idea di scrivere e come la concili nella tua vita quotidiana?
Tutto quello che so fare, l’ho imparato da sola.
Secondo gli psicologi, desideriamo principalmente ciò che abbiamo davanti agli occhi e non possiamo avere. Prima passione: la musica: niente soldi per i dischi? (All’epoca c’erano gli LP in vinile) Con il primo stipendio mi sono comprata una chitarra e le canzoni me le sono scritte da sola. Lo studio: avrei voluto fare tante di quelle cose, ma i miei mi volevano per forza ragioniera. Ho mollato la scuola e ho imparato di nascosto, sui libri, tutto quello che mi fosse possibile imparare. Lingue, scienza, filosofia, storia… anche per la patente ho studiato di nascosto. Costruire: bricolage. I primi mobili di casa mia li ho costruiti io. Scrivere: quello che scrivevo doveva essere assolutamente bellissimo, perché sarebbe stato quello che avrei dovuto leggere io. Medicina ed erboristeria: a parte le vaccinazioni di legge, entrambi i miei figli non hanno mai visto un pediatra. Quando non hai soldi neanche per una scatola di aspirina, anche le medicine te le devi fabbricare da sola e sperimentare su te stessa prima di darle ai bambini. Viaggiare, a qualunque costo; perché, come dicevo prima, i miei non mi facevano mai uscire di casa. Le mie vacanze, per una decina di anni, sono state vagabondare per tutta l’Europa con la sola spesa della benzina, dormendo e mangiando in macchina, lavando le magliette e i jeans nel fiume e facendo la doccia con l’acqua scaldata al sole sul tetto della macchina durante le soste, lungo qualche fiume. Se avevi coraggio, una volta, nell’epoca hippie, si poteva fare… Adesso, credo sia troppo pericoloso; ma la voglia di ricominciare è fortissima. Mi sa che quando smetterò di lavorare, ripartirò. Mi troveranno morta sotto un ponte, ma vuoi mettere il divertimento?… Se questo è il prezzo, lo accetto in pieno.
I miei non mi facevano mai uscire di casa,e il mio unico svago erano i libri. Ho imparato a leggere molto prima delle elementari, solo perché mi annoiavo e non sapevo come passare il tempo. Mio fratello era più grande di tre anni, e andava già a scuola. Quando arrivavano i suoi libri, sussidiario e libro di lettura, lui non li leggeva per tutto l’anno scolastico, io li avevo già letti di nascosto prima di novembre. (“Cosa fai col libro di tuo fratello? Mettilo via che glielo sciupi!” “Ma guardo solo le figure.” Palle. Li sapevo a memoria.)
Va da sé che quando venne il mio turno di andare a scuola, mi annoiassi da matti. Loro leggevano "Pinocchio", io leggevo 'Kipling'. Loro leggevano I" tre porcellini", io leggevo "La vita di Pasteur" e"I cacciatori di microbi." Loro leggevano "Piccole donne", io leggevo "I Peccati di Peyton Place" e "Lolita". Loro leggevano "Biancaneve", io ci davo già dentro con gli 'Urania' e con 'Salgari'.
Mio padre si divertiva a scrivere poesiole, raccontini, filastrocche e cambiava i testi alle canzoni facendole diventare spiritose. Niente di speciale, ma amici e parenti si divertivano alle sue trovate. Io sono cresciuta sapendo che fosse possibile farlo; era una cosa normale e credevo che tutti lo potessero e lo sapessero fare. Sono cresciuta sapendo che bastava un po’di impegno per intrattenere e divertire.
Andavo ancora alle elementari quando ho iniziato a farlo anch’io. E lo facevo bene. Ci sono rimasta male quando ho capito che gli altri, invece, non ci riuscissero.Quando, alle elementari, la maestra dava temi di fantasia, prendevo sempre '10'. Perché sapevo che scrivere qualcosa degno di essere letto, era possibile. Giocare con le parole è sempre stato il mio passatempo preferito.
Ho iniziato col diario, quando ero proprio piccola. Alle medie avevo già scritto varie raccolte di poesie e iniziavo a cimentarmi nei racconti. Ingenui, stupidotti, semplici… ma imparavo cosa si dovesse scrivere e come farlo sempre meglio.
Sono sempre stata spietata con me stessa, non mi sono mai crogiolata pensando di essere brava, se quello che facevo non era perfetto. Perché lo fai? Perché sai di poterlo fare. Non mi è mai passato per la testa che fosse qualcosa al disopra delle mie possibilità e quindi lo facevo.
Mi sono sposata incinta per andarmene di casa e soldi per comprare libri da leggere non ce n'erano; dovevo pensare alla casa e al bimbo appena nato. Ma da dopo sposata, chi ha mai più avuto i soldi per comprare un libro? Io leggo ancora adesso quelli che gli altri lasciano in un apposito scaffale davanti alla biblioteca comunale. Si mettono là i libri di cui uno si voglia disfare, in modo che qualcun altro possa leggerli, invece di buttarli nel cassonetto bianco. Troppo povera per qualsiasi cosa.
Il marito era un poco di buono e quando il mondo dove sei non ti piace più, ne inventi un altro. Così, i libri che volevo, ho iniziato a scrivermeli da sola; le favole che ti racconti la sera per addormentarti e non pensare che non hai mangiato. Le storie che avresti sempre voluto leggere e nessuno ha mai scritto. Favole così belle che ho voluto metterle nero su bianco perché non andassero dimenticate. Di nascosto da tutti, ovviamente, perché quando non ci sono i soldi per mangiare, anche comprare i fogli e le biro è una spesa folle. Se l’avesse saputo “lui”, avrebbe bruciato tutto. Ho preso la patente di nascosto, ho studiato di nascosto, ho preso il rec di nascosto… quasi tutto quello che ho fatto, l’ho fatto di nascosto. Ma quando scrivevo, ero in stato di grazia: niente e nessuno poteva ferirmi. Vivevo immersa nei miei mondi immaginari, e passavo per scema se, quando mi chiedevano dove fossi stata in vacanza, rispondevo: "Su un altro pianeta".
Cosa rappresenta per
te la scrittura?
Partiamo dal fatto che
qualunque cosa uno faccia senza esservi costretto, la fa per cercare di stare
meglio: dall'iscriversi in palestra, al fare nuovi incontri, o al fare uso di
alcool o droghe. Per bilanciare qualcosa che non ha il giusto equilibrio, o per
creare una sorta di transfert psicologico e liberarsi di fantasmi e paure. I
bambini piccoli disegnano quello che gli fa paura per buttarlo fuori da
loro. Quando sono un pochino più grandi creano gli amici immaginari e quando
viene il temporale e il tuono li spaventa, abbracciano l'orsacchiotto e dicono a
lui di non avere paura, perché tutto finirà bene.
Io ho creato Brian Black,
e gli ho chiesto di cavarsela nelle situazioni più pazzesche, sul filo
dell'impossibile, perché potessi riuscirci anch'io.
Il tuo genere è la fantascienza.
Da dove nasce questa tua predilezione?
La fantascienza è un obbligo, se vuoi veramente avere carta
bianca. Gli eroi della tv, da più di un trentennio sono poliziotti o banditi,
medici, patologi o avvocati. Chi altro può permettersi avventure vere, con la
routine e la burocrazie che ci soffoca? Qualche miliardario annoiato? Non fa
per me, grazie. Non so niente di quel mondo, e neanche mi interessa. L'unico
"eroe" al difuori di questo contesto, è il 'Gabibbo'! Ma come fai a
scrivere un romanzo sulle avventure del Gabibbo?
La fantascienza è un
bellissimo, immenso foglio di carta bianca. Ti basta un punto di partenza e
tutto il resto glielo costruisci attorno su misura, come un abito di alta sartoria
cucito su di una bellissima modella ( ho detto bellissima, non i manici
di scopa che si vedono nelle sfilate).
In "Fratelli dello Spazio Profondo",
molti miei lettori si sono accorti che, sì, ci sono le astronavi e i pianeti,
ma il tutto sarebbe potuto essere ambientato tra Roma e Ladispoli, o tra Milano
e Cinisello Balsamo, che la storia non sarebbe cambiata di una virgola.
E
allora, perché scomodare il futuro, per qualcosa che sarebbe potuto succedere
ovunque, e in qualunque epoca? Perché ambientando il tutto in un ipotetico
futuro, ho potuto tranquillamente parlare della deforestazione in Amazzonia e
delle sue possibili conseguenze, della schiavitù sommersa anche se
ufficialmente proibita, della corruzione ai livelli più alti del potere, e di
tante altre cose ancora, senza impantanarmi nelle sabbie mobili delle
implicazioni politiche. Chi ha orecchie per intendere, intenda… gli altri,
tutti in camper.
C’è qualche autore a
cui ti ispiri o che consideri una sorta di ‘musa’?
No, a nessun autore in
particolare.
Ho letto migliaia di libri (non esagero) nella mia vita: troppi,
per aver assorbito un solo stile. Ogni tanto devo liberarmi di qualche
centinaio di volumi perché in casa non ho più posto per tenerli. Purtroppo, più
di sette-ottocento volumi non ci stanno, neanche a infilarli anche in
frigorifero, e devo limitarmi a quelli…
Ora, ho il mio stile personale e seguo quello. Assolutamente
inconsueto e diverso ma 'mio'. Non assomiglia a quello di nessun altro. Questa
diversità, ovviamente, può piacere o non piacere. Ma il fatto è che piace. Sono
sempre stata feroce nel giudicare
quello che scrivo. Miro alla perfezione e non mi accontento di niente di meno.
Quello che scrivo dev’essere inattaccabile e non solo per linguaggio,
intreccio e contenuto. Non deve contenere nessun errore storico, ambientale,
scientifico; deve avere ritmo, deve coinvolgere, emozionare, deve far ridere e
piangere, dev’essere una storia indimenticabile. Soprattutto perché li ho
scritti per me. Devo leggerli io e io non leggo romanzetti dozzinali.
Voglio il massimo.
Sanno tutti che sono una maledetta perfezionista in tutto
quello che faccio. In "Black Diamond", che sarà il prossimo romanzo ad essere
pubblicato, dovendo parlare di un cadavere ritrovato nello spazio, sono andata
a rompere le scatole ad un anatomo-patologo per averne l’esatta descrizione. Ma
ci siamo dovuti entrambi arrendere, arenandoci sul fatto che, a tutt’oggi,
nessun cadavere è mai stato ritrovato nello spazio e nessuno sa per certo come
esso possa presentarsi.
Nel febbraio 2012
pubblichi il tuo primo romanzo “Fratelli dello Spazio Profondo” con cui
partecipi al concorso ‘Italia Letteraria 2012’ e ti classifichi terza. E’
un’esperienza che ripeteresti?
Ho saputo dopo, dai miei amici di 'Facebook', che non bisogna
fidarsi dei concorsi a pagamento!
È stato esilarante il risultato, quando ho
iscritto il mio libro ad un bel concorso nazionale. Era indetto annualmente
dalla 'Italia Letteraria Editrice', e dove oltretutto dovevi pagare per
iscriverti. Bè, pensi, con i soldi che tirano su, possono pubblicare i primi
tre… Sapete com’è finita? Mi classifico terza e mi arriva la lettera di
congratulazioni… in cui mi si chiedevano 2000 euro per
pubblicare!! Mmmh… meno male che avevo vinto, figurati se avessi
perso! A quella cifra, mi avrebbe pubblicato qualunque editore, anche se avessi
scritto "La Vispa Teresa tra l’Erbetta".
Cosa posso dedurre da tutto questo? Che
i signori editori raccolgono attentamente tutti i racconti inediti dell'anno,
selezionano i pochissimi che ritengono più che validi e idonei alla
pubblicazione in modo da avere la certezza assoluta di un cospicuo ritorno
economico, dopodiché chiedono tutti i soldi necessari per la faccenda agli
stessi autori. Loro non rischiano niente, non investono niente, non spendono
niente. Guadagnano tutto.
Se lo rifarei? Mah, forse sì. Perché la mail che ho
mandato in risposta a quei signori era talmente pesante che forse hanno gli
incubi la notte ancora adesso… Certe soddisfazioni non hanno prezzo… Per tutto il resto c’è
Mastercard!
Nel maggio 2012 esce
il secondo romanzo “Blado 457 - Oltre la Barriera del Tempo” e nel gennaio 2013
il tuo terzo “Tutti i Doni del Buio”. Da dove nasce l’idea per questa saga?
E’ una saga nata a ritroso. Tutto nasce dal mio mondo reale,
popolato di “brava gente” che ha cercato di farmi tutto il male possibile e di
reietti della società, che si sono fatti in quattro per aiutarmi. In questo mio
mondo, i brutti e i cattivi che ho incontrato, avevano solo un aspetto diverso,
ma erano esseri dal cuore d’oro. Quelli in giacca e cravatta erano squali
assetati di preda. Nel mio mondo di carta, ho inventato mille mostri dalle
forme e dalle peculiarità più svariate, dotati di animo sensibile e grande
intelligenza. Nei miei romanzi, di solito sono il genere umano e l’ordine
costituito a fare una pessima figura.
Dopo avere scritto tre romanzi dedicati
ai mostri del “Dopo Bomba”, ho voluto scrivere 'Blado' per dare un inizio logico
a tutta l’epopea. Era fin troppo chiaro nella mia mente, ma per gli altri? Era
giusto scriverlo e l’ho scritto.
C’è, tra questi, un
romanzo o un personaggio al quale ti senti maggiormente legata?
Brian. Brian forever! Tutti
i suoi romanzi. Adoro quel ragazzo!
I miei eroi hanno una differenza
sostanziale dai personaggi dei romanzi che ho letto o dei film che ho visto:
come me, e come qualunque persona vera, hanno casini senza fine. Appena ne
risolvono uno ne subentra un altro peggiore. Devono risolverli tutti, ma
trovano sempre una via d'uscita.
Uno psicologo, Charles Brenner, dice che per
quanto si sforzi, uno scrittore possa soltanto raccontare se stesso. Credo sia
vero. Scrivo per questo. Per tutte le volte in cui sono stata io a credere di
non farcela. Per tutti i secoli in cui ho avuto soltanto Brian come amico.
L'amico più prezioso, che ha saputo infondermi la certezza che ci sia sempre
una via d'uscita. Che finché lui fosse riuscito a cavarsela anche
nell'impossibile, ci sarei riuscita anch'io.
Grazie di tutto, Brian. Se non ti avessi
creato, avrei dovuto inventarti.
Cosa troveranno i
lettori all’interno del tuo ultimo romanzo e perché dovrebbe acquistarlo?
"Tutti i doni del Buio" è il seguito del ciclo post-atomico iniziato con "Blado 457", ma narra di fatti che accadono qualche secolo più tardi. È ambientato in Grecia, o quantomeno, tutti i personaggi hanno nomi greci. I protagonisti sono gli Shakars, mutanti semiumani che per le loro peculiarità vengono definiti “i Signori del Buio”. Vivono di notte, possiedono la vista agli infrarossi e comunicano con gli infrasuoni (per l’appunto, “i doni”). Ma sono la trasposizione in chiave fantascientifica (o fantasy) di tutte le minoranze etniche sterminate senza ragione alcuna: negri, nativi americani, nativi amazzonici, ebrei, zingari, gay, e tutto il resto. Selvaggi, incivili, esseri inferiori, animali di sembianza umana… con quante offese sono state denigrate, queste minoranze? La loro unica colpa era di essere liberi e, per alcune, di non voler avere niente a che fare con l’uomo bianco: questo le rendeva colpevoli e punibili con il genocidio e lo sterminio. In realtà erano solo culture differenti dalla nostra.
Nel mio romanzo, le due razze (umana e Shakar) si scontrano, e almeno in un caso, s’incontrano. Una tenera storia d’amore, di amicizia e lealtà, in un ambiente pregno d’ingiustizia sociale e prevaricazioni di ogni genere.
Perché uno dovrebbe leggere il mio libro? Fa riflettere.
Scava nell'anima. Lascia il segno. Ma se un libro è "tosto", non si
legge: si beve. Si beve tutto d'un fiato, come i cow-boys buttavano giù il
whisky al 'saloon'. E poi, non è che ci sia un perché specifico, ma quello che è
sicuro è che, se soltanto inizierete a sfogliarlo, partiranno i fuochi
d'artificio e tutto il racconto vi ricadrà sulla testa in una grandine di
azioni, colpi di scena, battaglie, fughe, trovate, inseguimenti, e tutto ciò
che serve perché non riusciate a dormire, la notte, finché non sarete arrivati
alla fine. Poi, mi chiederete: "E il prossimo, quando esce?"
Questo è un pezzetto della scheda di valutazione dei miei
tre romanzi finora editi, inviatami dal Servizio Editoriale “Il Quadrotto”: Soprattutto, per tornare al trittico che
l’autrice ci invia, colpiscono la fantasia e l’originalità con cui tematiche
sin troppo sfruttate riprendono vita in forme finora inedite. Insomma questi
tre romanzi, e “Tutti i Doni del Buio” in particolare, colpiscono in positivo
il lettore e danno testimonianza di una scrittura ricca di riferimenti ma
capace di tracciare un solco nuovo nel canone della letteratura di genere.
Quando
l’ho letto, ci sono rimasta di sasso! Ho pensato: 'accidenti, un solco nuovo nel canone della letteratura
del genere? Ma stanno parlando di me?? Dei miei libri??? Non è che hanno
sbagliato persona?'
Di "Fratelli dello Spazio Profondo", qualcuno commenta:
Ci troviamo davanti ad un romanzo
importante e di spessore che ci ha favorevolmente impressionati in positivo.
Una storia fortemente viva, concreta, cinematografica. Ottimo lo stile e la
scelta linguistica. Importante la descrizione dei luoghi, ben curati i
dialoghi. Un romanzo che esce dagli schemi tradizionali ,che mette al centro
elementi psicologici reali in un contesto fantastico, e un ritmo forte e
coinvolgente. Un'opera adatta ad un pubblico eterogeneo e che siamo certi
otterrà il favore del pubblico e della critica... (Dott. Davide Zedda,
editrice La Riflessione).
..."Ottimo prodotto letterario in relazione al genere. Un testo
scorrevole, di facile ed appassionante lettura, idoneo per il mercato italiano.
Argomento ottimo. Contesto: buono. Forma: ottima. Trama: buona. Linguaggio
utilizzato: ottimo. Valutazione generale dell'opera: ottima".... (Enter
Edizioni, Cerignola).
..."Brian Black è un figo!"... (Valerio Curione, Vertigo Libri).
Di “Blado 457”: Il genere fantasy peraltro sta vivendo un
momento di gloria anche se, in effetti, rischia
di essere inflazionato. Ci sono comunque delle storie, che pur rientrando in
questa categoria, hanno un valore aggiunto, e questo è merito dell'autore, in
grado di creare storie avvincenti e non banali, ambientandole in contesti già
battuti più volte. "Blado 457 "ha questo pregio.
Tre aggettivi per
definire ‘Tutti i doni del buio’.
Coinvolgente. Potente. Mozzafiato.
Progetti futuri?
Di romanzi ne ho scritti nove: quattro della saga spaziale
di 'Brian Black', e cinque della saga 'Post Atomica'. Ma solo tre sono già stati
pubblicati.
Il prossimo sarà “Black Diamond”, secondo episodio della saga
spaziale. Poi sarà la volta di “La Leggenda di Taman Shoudy”, della serie del
'Dopo Bomba'. Ovviamente è mia intenzione pubblicarli tutti quanti, ma non più
di due l’anno.
Grazie per essere
stata mia ospite e ‘in bocca al lupo’ per i tuoi romanzi.
Grazie a te per lo spazio che hai voluto concedermi. Un
grandissimo grazie e tantissimi complimenti per la tua attività di blogger, e
un abbraccio virtuale a tutti!
Per seguire Erika: ERIKA CORVO AUTRICE