Sono una
studentessa di 24 anni il cui universo ruota attorno ai libri, ovviamente.
Grande passione e grande svago è la lettura compulsiva, accompagnata dalla
scrittura. Provo a impregnare le storie che scrivo dei miei interessi, che sono
la musica, la letteratura, l’arte in generale, la filosofia, il passato, senza
pretese o presunzione, ma solo con una gran voglia di comunicare. Un hobby che
trascenda dalla parola stampata? Il pattinaggio artistico su ghiaccio! Sono una
grande fan e, per qualche anno, sono stata anche una dedita atleta. Non so se
la mia collezione di maialini rosa possa considerarsi un ulteriore hobby. No?
Ok, inseriamola tra le malsane ossessioni di un’aspirante scrittrice alle prese
col suo affollato immaginario. Sono cortocircuiti mentali che capitano. Per la
cronaca, ne ho sessantanove e mezzo (non di cortocircuiti mentali ma di
maialini)! Infine, per completare il breve quadro di me stessa, appena ne ho l’occasione
e la possibilità, mi piace imbarcarmi in qualche avventuroso viaggio alla
scoperta del mondo che mi circonda, meglio se anglofono sebbene non sia affatto
schizzinosa sul resto. L’ispirazione può celarsi dovunque, ed io la voglio
inseguire!
Sei laureata in Comunicazione Interculturale e
specializzanda in Editoria. Quando si è accesa in te la scintilla della
scrittura e dove trovi il tempo per scrivere?
Le scintille nelle quali pulsa il nostro personale destino
sono sempre accese, da che nasciamo. O perlomeno è quello che mi piace credere.
Bisogna solamente scoprirle! È sufficiente un secondo di rivelazione, un libro
letto, una scena di un film, il verso di una canzone, un avvenimento speciale,
ed ecco che, d’improvviso, sappiamo quale direzione prendere, quale strada
tentare. Per quanto mi riguarda, non posso che attribuire questa enorme
responsabilità ai libri. Più libri leggevo, più si nutriva in me lo spirito
d’iniziativa e d’emulazione.
Il tempo, nemmeno a dirlo, è sempre un problema.
Non ce né mai abbastanza, vero? Mi arrangio come posso, rubando ore alla notte,
ritagliando attimi di riflessione e creazione tra un dovere e l’altro,
imponendo alla giornata una sana, seppur breve, parentesi di scrittura.
Questione di volontà, o di senso di responsabilità. A volte sarebbe semplice
lasciarsi andare alla stanchezza e alla pigrizia, ma la strada è ancora troppo
lunga, così come troppe sono le storie che mi piacerebbe raccontare, impilate
in un angolino della mia mente. Ammetto, inoltre, che ho l’estrema fortuna
d’esser circondata da persone che comprendono questa insopprimibile esigenza e
che l’assecondano, spronandomi.
Sei un’appassionata lettrice di romanzi storici, in
particolare dell’epoca Tudor. Da dove nasce questa tua predilezione?
A sedici anni ho visto Londra per la prima volta e, da
subito, me ne sono innamorata. È successo così, irrazionalmente,
impetuosamente, istintivamente. Più o meno nello stesso periodo, ho allungato
gli occhi e le mani sul primo romanzo del ciclo dei Tudor di Philippa Gregory "L’altra donna del Re" che ha alimentato
la fiamma e la fame spasmodica di conoscenza con irrimediabili conseguenze. Ho
iniziato a divorare tutto quello che trovavo, sulle tracce della figura
affascinante e leggendaria di Elisabetta I, dalla narrativa alla saggistica,
dalle bibliografie italiane alle bibliografie inglesi, finché non mi sono
ritrovata invischiata all’estremo negli intrighi, nelle meraviglie e nei
misteri della storia medievale.
Tra le tue passioni figura anche la musica. Parlacene.
Be’, chi non potrebbe capirmi? La nostra vita deve avere una
colonna sonora. È nella nostra indole aguzzare le orecchie, cercarla e
sceglierla. Quello che, come al solito, mi frega è la tendenza a voler ampliare
e approfondire sempre di più ciò che arrivo a conoscere, senza freni inibitori
che m’impediscano d’esplorare nuovi orizzonti. Sono Jacksoniana, venero i
Queen, gli Scorpions, i Muse, nutro un amore viscerale per il metal, specie
quello finlandese. Ma ascolto anche Chopin, Mozart, Beethoven con vero piacere; ho studiato pianoforte e
nella prossima vita, probabilmente, mi attaccherò a un violino; adoro le
orchestre, specie se dirette dal Maestro Ennio Morricone, e i musicisti
contemporanei quali Einaudi, Allevi, David Garrett, Edvin Marton, Vanessa Mae. Inoltre, non posso non citare ciò che
accomuna tutti coloro che appartengono alla generazione ‘80/’90: le sigle dei
cartoni animati. Cristina d’Avena e Giorgio Vanni sono i miei miti personali!
Se stata anche una pattinatrice sul ghiaccio. Hai mai pensato
di inserire la tua esperienza in un romanzo?
Assolutamente sì! Spero che la voglia e il bisogno di
scrivere mi accompagnino finché non mi riterrò in grado di rendere giusto onore
a questo meraviglioso sport. Ne sono legata da un vincolo emotivo prezioso e,
nonostante non indossi più tanto spesso le lame, il mio cuore è sempre sul
ghiaccio. Sarebbe bello unire così le mie grandi passioni.
Gestisci il tuo blog ‘Gioie e Dolori di una giovane Padawan’.
Di cosa ti occupi nello specifico?
“Gestisci” è un parolone! Diciamo che, saltuariamente, molto
saltuariamente, mi lancio in una lotta tecnologica all’ultimo sangue con
Wordpress per trasformare il mio diario cartaceo di citazioni in un diario
anche virtuale. Ho questa piccola mania: per ogni libro che leggo, trovo dei
brani o delle citazioni che mi emozionano e le ricopio a parte. Ho riempito
parecchie pagine da quando ho cominciato, perciò mi sono chiesta perché non
cominciare a condividere questo “patrimonio” via etere. Il senso sarebbe quello
di fotografare l’anima dei libri che ho o che ho avuto sul comodino, così da,
magari, attrarre nella loro orbita qualche altro lettore che li sappia
apprezzare quanto me.
Il tuo esordio avviene nel 2014 con il romanzo “Il Re di
Picche e la Regina di Cuori - parte I”. Daccene un assaggio.
Penso che non ci sia assaggio migliore dell’inizio. Chi sono io? È la domanda che si pone la
protagonista, Engie Porter, durante un agonizzante risveglio post sbornia a
casa di uno sconosciuto. Ed è così che la conosciamo, chiedendoci
fondamentalmente la stessa cosa, solo per tutta la durata della storia. Poi c’è
Kay, Derek Heart, gli occhi azzurri più destabilizzanti che mi sia mai capitato
d’immaginare; l’eccentrica, folle Brenda “Brownie” Brandi, la cui collezione di
parrucche e di scarpe e sfuggita al mio controllo; una pittoresca crew di
ballerini, e conversazioni nelle quali romanticismo, filosofia, erotismo e
sarcasmo si lanciano in un turbinoso valzer. È una storia di sentimenti,
scoperti, nascosti, rivelati, rinnegati, e di persone che si trovano, come
tutti, a dare loro un nome e a decidere se scappare o viverli.
E nel 2015 esce il secondo capitolo dal titolo “Il Re di
Picche e la Regina di Cuori- parte II”. Perché una duologia?
"Il Re di Picche e la
Regina di Cuori" nasce, originariamente, come volume unico. La decisione di
scinderlo in due è stata suggerita dall’editore e dettata dalla pratica, poiché
intero risultava troppo corposo e pesante. Inoltre, a circa metà romanzo,
sembrava già esserci una separazione tematica interna tra le due metà, e anche
abbastanza netta. Motivo per il quale anch’io ho abbracciato l’idea e
appoggiato l’iniziativa.
Cosa troveranno i lettori al suo interno?
Risate, passione, ironia e, spero, amore. Perché è con tutti
questi ingredienti che l’ho scritto e che mi piacerebbe venisse gustato.
Quali tematiche affronti e quale messaggio hai voluto
trasmettere?
Per quanto riguarda il messaggio, non
credo importi cosa voglia o abbia voluto comunicare io, Angelica. Credo che
importi cosa il romanzo, nell’effettivo, comunichi ad ogni singolo lettore. È
questo il bello. Forse, una storia può nascere con una sola e personale
intenzione, poi da tua passa con l’essere la storia di molti, e questi molti
sono unici, diversi, e le intenzioni percepite diventano molte, uniche,
diverse. Forse, saranno proprio i lettori, alla fine, a spiegare un libro a chi
lo ha scritto, prendendone ciò che vogliono e ricordandone ciò che serve.
Le tematiche che affronto sono le più
svariate, ma possiamo individuare una santa e dannata Trinità: orgoglio,
amicizia e amore. L’orgoglio, se assunto e distribuito in dosi eccessive,
finisce irrimediabilmente per crepare e minare amicizia e amore, inducendo a
scegliere cosa sia più importante tra una vittoria costante e una vita completa,
ricca, sebbene scandita da qualche piacevole sconfitta. Nei protagonisti della
storia c’è questo costante dilemma, che riflette poi il dilemma di chiunque,
attraverso cui non ritengo impossibile trovare la via per l’equilibrio e la
felicità. Nel corso della storia, provo a far districare i protagonisti fra
paure, istinti e desideri, aiutandoli a percorrerla e ad arrivare, forse, alla
meta.
Qual è stato l’input per questa duologia?
Ho iniziato per gioco, scrivendo per delle mie carissime
amiche. Ispirandomi a personaggi, ad ambienti e a fandom di cui sono
appassionata, ho continuato a pubblicare capitolo per capitolo per un paio di
anni, fino a che la mole del lavoro, i suoi risvolti e gli incoraggiamenti
ricevuti dalle persone che, nel frattempo, ho avuto l’onore e il piacere
d’incontrare, non mi hanno persuasa a editare il tutto perché potesse apparire
come un vero e proprio romanzo. Dico sempre che è da fan che ho cominciato a
raccontare questa storia, ed è stato un esperimento andato a buon fine, ecco.
Per quanto, invece, riguarda la trama, lo scopo iniziale era quello di creare
un romance frizzante e leggero, che potesse coinvolgere senza pretese e che
potesse scorrere sotto gli occhi senza intoppi. Poi, seguendo l’indole mia e
dei personaggi che stavo delineando, mi sono inconsciamente ritrovata ad
affrontare qualcosa di più profondo, che mirava a coinvolgere soprattutto la
mente e l’anima, usando il corpo come pretesto.
Il tuo pensiero sul self-publishing tanto in voga al
momento.
Penso che, come ogni cosa del resto, abbia dei pro e dei contro. Non
sono una di quelle autrici sotto CE che deride, snobba e disdegna chi si
autopubblica, né sono una self-publisher che deride, snobba e disdegna chi
ancora, a suo dire ingenuamente, si affida agli editor. Mi piace poter
usufruire di tutte le scelte a mia disposizione, senza incorrere in pregiudizi
né dall’una né dall’altra parte.
L’aspetto
positivo del self-publishing è che abbatte i muri tra il mondo editoriale, in
genere chiuso e selettivo, e chi ne vorrebbe fruire. Un aspirante autore può
pubblicare ed emergere, curando da sé tutte le fasi del processo, per arrivare
ad offrire un prodotto paritario agli altri e inserirsi nel mercato senza
attraversare l’attesa che implica il sottoporre manoscritti alle case editrici,
o peggio, incappare in rifiuti. Inoltre, la percentuale di guadagno, in assenza
di intermediari tra il produttore e i consumatori, se non la piattaforma
d’appoggio, è più alta. Il lato negativo è che quest’ottima e provvidenziale
apertura è indistinta, non c’è filtro, tutti sono e si sentono scrittori, e il
lavoro di editor e case editrici viene inevitabilmente svalutato. Sì, è
encomiabile che un autore riesca ad occuparsi del proprio romanzo in ogni suo
aspetto, ideazione, creazione, pubblicazione, promozione, ottenendone il
massimo profitto. Il logo di una CE sulla copertina, d’altronde, non rende
automaticamente una storia più valida, emozionante, coinvolgente, autentica,
più degna o meno degna. Ma è anche vero che il logo di una CE sulla copertina
non rende automaticamente una storia filo capitalista, antiliberale e
commerciale. Si presuppone che quel logo sia il risultato di una sinergia tra
professionisti del settore, pronti ad offrire il loro sapere e la loro
esperienza al servizio della storia in questione e di chi l’ha scritta. La
problematica conseguenza del self, secondo la mia modesta opinione, è la
diffusione dell’idea che la figura dell’editor sia tranquillamente assimilabile
a quella dello scrittore stesso e della convinzione che quest’ultimo non abbia
bisogno, in fondo, d’imparare e crescere grazie a coloro che studiano e
lavorano affinché l’opera migliori ed esprima le sue massime potenzialità. La
scelta tra mediazione editoriale sì o mediazione editoriale no, se vogliamo,
implica anche un aspetto strategico. Sono le tempistiche editoriali e i giudizi
di pubblicazione, spesso, a spingere gli autori verso il bacino del self,
considerato come una sicurezza, un salvagente, per non rimanere nell’anonimato
e nel magma dei non pubblicati. Esiste, però, anche una branca di autori che
opta per questa soluzione motivato da una protesta personale contro i
meccanismi dell’industria, assumendo, a prescindere da una possibilità o meno
d’alternativa, che una strada solitaria e indipendente, lontano dai circuiti
editoriali classici, sia eticamente migliore. Nulla da obiettare nel momento in
cui ideologia e comportamenti si dimostrano coerenti tra loro.
Spesso e
volentieri, ormai, assistiamo a uno scouting da parte delle grandi CE che
avviene proprio all’interno del bacino del self. Quest’ultimo, mano a mano, sta
assumendo sempre più le caratteristiche di un pre-publishing, durante il quale è possibile reperire parecchi dati
importanti, quali il riscontro autentico del pubblico, non ipotetico. Ed è lì
che gli editori scelgono le loro prossime pubblicazioni. In base a tali
osservazioni, mi sorge spontaneo pensare che un autore possa utilizzare questo
nuovo, relativamente nuovo ormai, strumento per arrivare comunque alla
pubblicazione con CE, come ulteriore canale e mezzo di contatto con quella
realtà. Lungi da me polemizzare, anzi, mi pare una strategia parecchio
intelligente e redditizia. Il problema è dei tanti self che, forse con un
pochino d’ipocrisia, battagliano contro l’editoria classica e poi sono ben
contenti d’arrivare a farne parte. Ma forse qui sta parlando l’aspirante
editor, non l’autrice.
Ha qualche altro progetto in cantiere?
Sempre troppi! Anche questo è un brutto vizio. In primis,
devo dare una degna conclusione alla saga di Engie&Derek, quindi tutto ciò
che serve a farlo è già ben presente nel mio cantiere. Inoltre, spero di poter
regalare presto un’ulteriore sorpresa: un romanzo più breve e particolare,
ambientato in una terra magica, farcito di stranezze e sentimenti, nel quale ho
voluto un po’ sperimentare, divertirmi e proporre qualcosa di nuovo.
È stato un piacere ospitarti nel mio blog. In bocca al lupo!
Per seguire Angelica ANGELICA CREMASCOLI
Crepi il lupo tra atroci dolori e indicibili sofferenze ahahahaha il piacere è tutto mio, cara linda ;)
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