sabato 22 febbraio 2014

INTERVISTA A MANUELA PARIC'

Ciao Manuela, benvenuta nel mio blog. Raccontaci qualcosa di te.

Ciao Linda è un piacere essere nel tuo salottino virtuale. Posso mettermi  comoda? <rumore di scarpe che si sfilano> Sto esagerando? <rumore di scarpe che si calzano>. Da dove comincio? Nel lontano 1976…mmm forse sto esagerando…  Amo scrivere. Ho iniziato da bambina: avevo un diario, un leziosissimo diario rosa,  e lo riempivo di linee, cerchiolini e trattini. Sostanzialmente fingevo. Poi a poco a poco quei segni inutili si sono trasformati in parole (verso i sei anni e mezzo, mai stata precoce!) e le parole in poesie innocenti.  E’ cominciata così.  Ora ho una figlia di cinque anni, meravigliosa e demoniaca. Mi barcameno tra lavoro, una casa sempre in disordine, un gatto obeso, un cane con la cresta e un pesce zombie. Amo andare al cinema, seguire le serie tv (truci o melense che siano…mi rilassano!) e leggere ogni tipo di libro, se ben scritto. Sono affascinata dal suono, dalla musica che le parole compongono accostandosi le une alle altre. Sono stupita dalla potenza delle stesse, dai significati espliciti e sottesi. Adoro raccontare storie e scoprire storie. Per il resto sono un disastro: spettinata, pigra, giocatrice mancata di pallavolo e in eterno conflitto con l’autostima. Un bijoux!
Ehi…ehiiiiii…stai russando! Un caffè? 

Un diploma al liceo scientifico, l’università, l’impiego come consulente aziendale e una figlia. Dove trovi il tempo per dedicarti alla scrittura? 

Non lo trovo MAI! Scrivo anche sulla carta igienica e nelle pause di CINQUE MINUTI…ho imparato a tenere il filo, guadagnando ovviamente un esaurimento nervoso!

Sei un’appassionata lettrice. Quali sono gli autori che ti hanno accompagnata in questi anni e dai quali non potresti mai separarti? 

Troppi: ne elenco qualcuno a caso…come se fosse una seduta dallo psicanalista!
Agatha Christie, Pennac, Benni, Dostoevskij, Kafka, Bulgakov, Gogol, Simenon, Banana Yoshimoto, Giacosa, Mark Twain, Bukowski, Zeno, Calvino, Ende…
Mi dica dottoressa, è grave?
Tutti diversi, tutti interessanti per motivazioni differenti, tutti da leggere! 

‘Adoro attribuire un senso, un significato alle cose’. Approfondiamo questa tua definizione. 

Attribuire un senso e un significato è parte integrante del processo creativo. La realtà esiste per come noi la definiamo. Nel racconto è particolarmente interessante utilizzare la scrittura per far passare svariati messaggi e suggerire molteplici interpretazioni. Nel mio lavoro è l’aspetto che più amo. Quando si ha a che fare con la pubblicità si deve trovare il giusto equilibrio tra testo, grafica, obiettivo, significato e utilizzare le metafore in modo funzionale ridefinendo spesso il contesto.  (Oh mamma sono stata criptica e antipatica! Ormai è fatta L) Dimenticavo…adoro quel che, con estrema facilità, fanno i bambini: vedono una sedia e pensano che possa essere una navicella spaziale. Ecco, quello è meraviglioso. 

Gestisci il blog ‘Fiume giallo - Esperienze narrative’, dove curi una rubrica di mini-racconti ispirati a fatti di cronaca nera. Di cosa si tratta nello specifico?

Mi piace legge e inventare racconti brevi, sono una patita di giochi ed enigmi matematici, trovo che sia esaltante scrivere avendo molti vincoli…quindi ho deciso di frugare tra i titoli di cronaca e inventare mini storie surreali da questi suggerite. Lo considero un buon esercizio per me e un contenuto di valore da condividere.
Eccotene un esempio: http://fiumegiallo.blogspot.it/2013/05/rubrica-dalla-cronaca-ai-mini-racconti.html in modo da spiegarmi meglio, se posso. <sente il rumore del fucile…>


Anche il teatro non ti è indifferente, infatti hai appena confezionato una commedia teatrale “WO HAR ISCH – la strana storia di tre uomini e un fantasma”. Daccene un assaggio.

"Wo har isch (Dove c’è pelo)" è stato per me un vero e proprio esperimento. Ero al mare, dispersa in un isolotto dell’arcipelago delle Kornati. Non c’era nulla se non la natura selvaggia e una barchetta che ci portava il cibo. La corrente elettrica era sufficiente solo per avere la stanza illuminata la sera…così, in quella realtà amena e diversa, ho tirato fuori un quaderno, una biro e ho deciso di scrivere qualcosa di altrettanto ameno e diverso dal mio solito: una commedia ironica teatrale. E’ la storia di tre amici: un avvocato, un medico e uno studente fuori corso infestati da un fantasma tirolese. Ritmi rapidi e battute su battute. Ho sempre apprezzato i film di Lubitsch e Billy Wilder e mi sono ispirata a loro per creare un racconto ironico, cortese e spero gradevole…nonostante qualche imbarazzante peto! 


 Nel 2007, esordisci con una raccolta di poesie “Capelli spettinati”. Parlacene. 

Non è stato proprio un esordio, ma ti ringrazio.  Era da poco venuta a mancare mia nonna, una nonna giovane e bella che mi aveva cresciuta come una figlia. Avevo molto da elaborare, in famiglia eravamo stanchi, disillusi e tristi. Quando è arrivato Natale ho pensato di condividere con loro una parte di me. Tutto qua. Il libro infatti è in versione cartacea e lo hanno letto poche persone. Ora sono cambiate molte cose, il dolore si è tramutato in qualcosa di forte e profondo che mi ha aiutato a definirmi come persona e a scegliere pezzi del mio futuro. Ora forse, potrei considerarlo un libro di poesie e trattarlo come tale. 

Nel gennaio 2013, pubblichi il tuo primo romanzo “L’enigma delle scarpe rosse”.  Di cosa si tratta? 

Ti incollo parte della sinossi…non saprei scriverlo meglio! (Lo avevo detto che ero pigra …vero?)
[...]32 mini capitoli da leggere in fretta. Un piccolo giallo d'atmosfera, un esperimento.  Una ragazza scompare, nella notte, lasciando sulla porta di casa un paio di scarpe rosse. Tutti credono che si tratti di un gioco tra ragazzi ma non il Signor Mocha. Guidato da un vago senso di inquietudine e aiutato dalla colorata chiromante Teodora segue gli indizi fino ad arrivare a mettere a rischio la sua stessa vita. Per tornare poi, come un eroe antico, alla propria consuetudine: “le donne, i cavallier, l'arme, gli amori, le cortesie, l'audaci imprese... [...]
Mi piace definirlo un racconto lungo a capitoli brevi. "L’enigma delle scarpe rosse” è un “quasi-giallo” nato per caso. Un piccolo libretto d'appendice germogliato all'interno di un piedino pubblicitario di un quotidiano di provincia. Le possibilità di intervento andavano dalle 1200 alle 3000 battute a capitoletto. E’ stato un esperimento, una sfida...ma l'idea di sviluppare un intreccio avendo così tanti vincoli (anche contenutistici) mi ha allettato…ed eccolo qua. La storia se pur classica trova la sua originalità, oltre che nella sintesi, anche nelle modalità con cui viene trattato il fatto delittuoso: nessuno è in allarme, non vi è traccia di polizia e non è possibile effettuare le indagini in modo canonico. Il protagonista, Jean-Luc Mocha è un uomo qualunque, un curioso in balia delle sue intuizioni e della sua inquietudine. Insegue una sensazione e sono le emozioni che creano la vicenda. Il caffè è un elemento ricorrente all'interno della trama, per il Signor Mocha rappresenta il momento della riflessione, del manifestarsi della creatività e del pensiero divergente. Altri personaggi dalle personalità marcate animano il racconto: una coloratissima chiromante, un avvocato stanco, un clochard folle, dei giovani appassionati e delle donne sole e solitarie. Il racconto seppur auto-conclusivo è da considerarsi un prologo ad una serie di altri libri più corposi e strutturati. (Mi sono fatta prendere!) Ritroveremo perciò gli stessi protagonisti all'interno di nuovi misteri. Il prossimo titolo sarà: "L’enigma delle anime perdute."

E, come preannunci, nel novembre 2013 esce il sequel “L’enigma  delle anime perdute”. Cosa troveranno i lettori al suo interno? 

Un sole pieno, giallo e caldo. Non una nuvola. Nessuna brezza. Afa. Le strade luccicanti come se fossero state cotte dentro una gigantesca fornace e piccioni che si riparano all'ombra di alberelli cittadini. Una Piacenza torrida e immobile. In questo scenario si muovono molti dei personaggi conosciuti nel prologo “l’enigma delle scarpe rosse”, fra tutti Jean-Luc Mocha. La storia de "L'enigma delle anime perdute” è più dura e articolata rispetto alla precedente. Tuttavia, ancora una volta, ciò che caratterizza il libro, quasi più della trama, è lo stile narrativo e la mancanza di reali indagini. Atmosfere surreali, una matassa di informazioni apparentemente inutili e uomini e donne che sono caricature di se stessi. Attraverso i pensieri, la flemma e l’emotività del protagonista il racconto si dipana mostrandoci come le piccole crudeltà quotidiane spesso vengano scambiate per  convenzioni sociali. Nuove figure prendono vita e aiutano il lettore a esplorare gli animi dei personaggi chiave. A volte il tutto è punteggiato da una cinica e goffa ironia. La trama è semplice: un malato di mente fugge da una clinica, qualcuno muore, altri si fanno domande. 



http://www.amazon.it/Lenigma-delle-anime-perdute-Manuela-ebook/dp/B00IEEKO3M



Com’è nata l’idea per “L’enigma delle anima perdute”? 

In realtà è stata la logica conseguenza del racconto sperimentale “L’enigma delle scarpe rosse”. Erano rimaste molte questioni in sospeso sia rispetto alla trama che alla psicologia dei personaggi.  

Quali temi affronti in questo romanzo e qual è il messaggio che hai voluto tramettere? 

Il tema dell’amicizia, del dolore  e delle varie sfaccettature della violenza.  Non posso spiegarti altro…rischio di svelarti tutttttta la trama! 

Progetti futuri di cui vuoi metterci a parte? 

Pensavo di divertirmi scrivendo l’ennesimo libro con protagonista il fido Jean-Luc Mocha. Questa volta il fattaccio si svolgerà  in un isolotto croato. Non vedo l’ora di lavorarci: tutti i personaggi e le ambientazioni saranno nuove, uscirò dalla mia zona di comfort! Si intitolerà “ Il mistero dell’isola bianca”.
Volevo, inoltre, raccogliere i racconti minimi che posto sul blog, aggiungervi qualche inedito e omaggiare l’ebook così confezionato ai miei (pochissimi) lettori. Se riuscissi anche a illustrarlo sarebbe perfetto.
Da sempre coltivo il sogno di dedicarmi a una mia grande passione: le favole. Per ora mi alleno con mia figlia e poi…mi addormento. Non è un buon segno eh? 

E’ stato un piacere ospitarti nel mio blog, in bocca al lupo per tutto! 

Hai presente quando apri il frigorifero e trovi un uovo, delle acciughe, un pezzo di lattuga marcescente e devi preparare una cena per otto? Entri in panico ma in qualche modo ci riesci? Ecco…alla fine di questa splendida e lunga intervista spero d’esser riuscita a preparare almeno una portata decente! E’ stato un vero piacere partecipare…queste poltroncine sono proprio comode. Grazie! 

Per seguire Manuela  MANUELA PARIC'

2 commenti:

  1. Grazie Linda! Mi hai fatto domande molto interessanti e ho apprezzato il tuo metodo! Un saluto :)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie mille per me è stato un piacere alla prossima Manuela :)

      Elimina