Ciao Linda, grazie per l’ospitalità e un saluto ai followers
del blog. Che dire di me? Ho 27 anni, sono sposata e ho due bambini. Di giorno
sono una mamma a tempo pieno, mentre di notte, quando i piccoli dormono e il
mondo è silenzioso, mi dedico a due delle mie passioni più grandi: leggere e
scrivere. Non riesco difatti a concentrarmi se ci sono distrazioni e chiasso.
Mi piace cucinare e provare sempre nuove ricette, oltretutto l’apprezzamento
dei piatti da parte dei bambini è un fattore incoraggiante. Sono un po’
solitaria e piuttosto introversa, preferisco stare dietro le quinte che sotto i
riflettori.
La laurea in ‘Scienze della formazione’ e la passione per
l'astronomia, l’arte a 360° e la ricerca storica. Come coniughi questi interessi
con la tua quotidianità?
Ho conseguito la laurea nel 2010 con l’intento di diventare
un’educatrice nel campo dell’immigrazione o del disagio minorile. Prima che
potessi intraprendere una carriera sono diventata madre e così ho deciso di
mettere momentaneamente da parte il lavoro per dedicarmi totalmente ai primi
anni di vita dei miei figli. Tuttavia non ho smesso di tenermi informata sulle
tematiche che ho incontrato e approfondito durante la formazione accademica:
amo particolarmente studiare psicologia e, come dicevo prima, trovo di notte il
tempo per farlo. La passione per l’astronomia è qualcosa che mi porto dietro
sin da bambina, quando seguivo con interesse i programmi televisivi dedicati
all’argomento. A otto anni pregai mio padre di comprare l’Enciclopedia
dell’Universo – avendo già letto le informazioni sullo spazio presenti
nell’enciclopedia tradizionale. Un evento significativo per me fu
l’osservazione della cometa Hale-Bopp. Ora, nonostante gli impegni e la vita a
volte frenetica, trovo sempre il tempo di fermarmi a osservare il cielo: quali
che siano le mie preoccupazioni, mi tranquillizza e come sempre mi affascina.
L’amore per l’arte è qualcosa di forte che è venuto fuori durante le scuole
superiori, attraverso lo studio della storia dell’arte. Amo la pittura,
soprattutto la corrente impressionista, e la scultura. C’è da dire che vivendo
a Martina Franca, il cui centro storico è un inno all’arte barocca e rococò,
non si può rimanere indifferenti, soprattutto se già si apprezzano l’arte e la
storia di per sé. Appena mi è possibile faccio una passeggiata nel centro
storico, fotografo i palazzotti del Settecento e le antiche porte della città.
Visitare il Palazzo Ducale è ormai una consuetudine.
La ricerca storica è collegata all’amore per il mio paese. Non si tratta infatti di ricercare un argomento particolare e basta, ma di trovare, lentamente e con pazienza, pezzi di un passato lontano anche nella quotidianità moderna. Si può dire che la mia ricerca è sempre in atto, mai completa o definitiva: quando mi viene in mente qualcosa, un dubbio, cerco libri a riguardo, visito la biblioteca o interpello le persone anziane, che sono sempre ben disposte a sottoporsi ai miei piccoli interrogatori sulla loro gioventù.
La ricerca storica è collegata all’amore per il mio paese. Non si tratta infatti di ricercare un argomento particolare e basta, ma di trovare, lentamente e con pazienza, pezzi di un passato lontano anche nella quotidianità moderna. Si può dire che la mia ricerca è sempre in atto, mai completa o definitiva: quando mi viene in mente qualcosa, un dubbio, cerco libri a riguardo, visito la biblioteca o interpello le persone anziane, che sono sempre ben disposte a sottoporsi ai miei piccoli interrogatori sulla loro gioventù.
“Amo trascorrere del tempo in biblioteca, sfogliando vecchi
giornali, la sento quasi come una necessità.” Approfondiamo questa definizione.
La biblioteca è uno dei luoghi che amo di più. La biblioteca
di Martina Franca si trova nel Palazzo Ducale, in una sala che di per sé è
un’opera d’arte; è davvero ben fornita, tra l’altro vanta tra i suoi scaffali
l’archivio storico dei duchi Caracciolo e l’archivio Grassi, contenente una
miscellanea di articoli di giornale, riviste, manoscritti e manifesti dei primi
decenni del Novecento. Non ricordo più quante ore ho trascorso sfogliando la
carta ingiallita e friabile dei quotidiani degli anni Venti, Trenta e Quaranta,
registrando i modi di pensare, di vestire e di vivere dell’epoca in generale e
della mia città in particolare, per dipingere il quadro di una società lontana
che però, non so bene per quale ragione, avverto incredibilmente vicina.
Sei una ‘ricercatrice indipendente’. Che ruolo occupa la
storia nella tua vita e quale il romanzo storico che consideri con la R
maiuscola?
La storia è in tutto ciò che facciamo, in tutto ciò che
siamo, nel progresso che tanto vantiamo. Conoscere la storia è un modo per
conoscere meglio la società attuale e le sue dinamiche, per progettare quelle future
e agire in maniera adatta, senza ripetere gli errori che in passato hanno
causato catastrofi e tragedie. Credo anche che la storia abbia un ruolo
importante nell’educazione delle nuove generazioni, parlando in grande, e nella
crescita di ogni bambino, nello specifico. Studiare la storia aiuta a
sviluppare capacità diverse, da quelle mnemoniche a quelle di sintesi;
incoraggia la creazione di un proprio senso critico; allarga gli orizzonti;
insegna a essere tolleranti e comprensivi.
I romanzi storici che ho apprezzato di più e che secondo me costituiscono le pietre miliari del genere sono "I promessi sposi" di Manzoni, "Guerra e pace" di Tolstoj, "Il nome della rosa" di Eco, "La storia" di Elsa Morante.
Parlando di autori contemporanei, ho amato molto "Il cavaliere d’inverno" di Paullina Simons.
I romanzi storici che ho apprezzato di più e che secondo me costituiscono le pietre miliari del genere sono "I promessi sposi" di Manzoni, "Guerra e pace" di Tolstoj, "Il nome della rosa" di Eco, "La storia" di Elsa Morante.
Parlando di autori contemporanei, ho amato molto "Il cavaliere d’inverno" di Paullina Simons.
Gestisci personalmente il blog “Ispirazione” dedicato
all’arte, alla storia e alla letteratura. Di cosa si tratta nello specifico?
Offri anche servizi per gli emergenti?
Sul blog curo diverse rubriche che trattano di letteratura,
in particolare di premi Nobel, letteratura italiana tra Ottocento e Novecento,
classici, recensioni di libri contemporanei; storia, con personaggi storici e
curiosità; arte, nello specifico l’arte barocca e rococò che si esplica nelle
costruzioni della mia città; articoli vari che riguardano astronomia o
psicologia. Essendo una sostenitrice dei giovani autori esordienti ed
emergenti, mi offro per recensire romanzi e intervistare scrittori. Sono
un’avida lettrice e devo ammettere che spesso ho trovato di maggior qualità gli
scritti di autori sconosciuti che quelli pubblicati da grandi case editrici.
Partecipi e vinci diversi premi letterari per racconti e
diari di viaggio. Qual è il premio che è rimasto nella tua memoria e perché?
Nel 2006 ho ricevuto il premio Pizzigallo, indetto nella mia
città, per i miei diari di viaggio in Kenya. Non è stato il premio in sé a
rendermi particolarmente felice, quanto il valore attribuito all’esperienza che
avevo descritto e cioè il lavoro come volontaria in un Paese del Terzo Mondo.
Nel 2005, dopo vari impieghi in agenzie di viaggi e villaggi
turistici che ti hanno portata a viaggiare per tutta l’Europa, ti rechi in
Kenya dove lavori come volontaria in una scuola professionale di Malindi.
Raccontaci di questa particolare esperienza di vita.
È stata l’esperienza più bella e sconvolgente che io abbia
mai vissuto. Ho lavorato come insegnante di in una scuola professionale, ho
visitato orfanotrofi e fabbriche, ho instaurato amicizie sincere che durano
ancora oggi. Non è facile descrivere a parole ciò che ho provato quando sono
stata in Africa perché è stato un processo talmente intimo e profondo da
cambiarmi. La persona che ero prima – una ragazza normale, senza stravaganze né
ambizioni eccessive – mi sembra ora molto lontana, diversa. Prima di andare in
Kenya non avevo davvero compreso il valore dell’esistenza e delle piccole e
semplici gioie quotidiane che in realtà costituiscono la vera essenza della
vita. Ciò che vediamo in televisione – ciò che i media vogliono mostrarci – sui
Paesi poveri non è minimamente paragonabile a ciò che si vede e si avverte
sulla pelle andando in Africa. Se tutti compissero un viaggio del genere, il
mondo sarebbe senz’altro un posto migliore. Il razzismo, i pregiudizi,
l’intolleranza, l’indifferenza non possono convivere con la nostra civiltà
“civile” poiché non esistono, non hanno base per essere e sta a noi tutti non
dar loro motivi per vivere e prosperare.
Sei stata anche giurato ufficiale del concorso “Casa Sanremo
Writers Edizione 2013”. Cosa ricordi di questo prestigioso incarico?
È stata una bella esperienza. Anch’io in passato ho
partecipato a concorsi letterari, quindi stare per una volta dall’altra parte
della barricata mi ha fatto un grande effetto. Tra le righe dei numerosi
romanzi che ho letto e valutato, leggevo ansie e speranze, aspettative, ma
anche determinazione e voglia di riuscire, di migliorare, di vincere. Avere la
responsabilità di mandare avanti un romanzo o, all’opposto, scartarlo dalla competizione,
è stata una cosa a cui ho dato massima importanza poiché, essendo anch’io
autrice, so bene quanto impegno e forza di volontà siano necessari per scrivere
un romanzo e quanto coraggio invece per sottoporlo al giudizio imparziale di
sconosciuti.
Nel 2012, partecipi al Concorso Nazionale “Il mio esordio”,
indetto dalla Feltrinelli e ti classifichi tra i finalisti con il romanzo
“Tregua”. Raccontaci quest’esperienza. La consiglieresti agli emergenti?
Il primo premio del concorso "Il mio esordio" è la pubblicazione con Feltrinelli, che senz’altro
fa gola a qualsiasi autore emergente. Si tratta di una buona opportunità ma la
concorrenza è davvero numerosa: in media ogni anno partecipano al concorso
tremila opere. Il sito ilmiolibro.it, su cui è necessario pubblicare l’opera
per partecipare al concorso, è affollatissimo e per riuscire a farsi notare
bisogna mettersi davvero d’impegno. La prima fase del concorso infatti viene
superata solo dai libri che hanno ricevuto molti commenti positivi dagli utenti
del sito. Nella seconda fase, in cui le opere rimaste in gara sono duecento, è
la scuola di scrittura Scuola Holden a leggere per intero le opere ed esprimere
il proprio giudizio selezionando trenta finalisti. Infine Feltrinelli legge le
trenta opere rimaste e sceglie quale pubblicare. Uscire vincitori da una
competizione come questa non è una passeggiata ma, come tutte le esperienze,
porta con sé una buona lezione.
Il romanzo, ora, è disponibile in ebook per l’acquisto. Cosa
troveranno i lettori al suo interno?
"Tregua" è un
romanzo storico ambientato in Puglia durante la seconda guerra mondiale. La
protagonista è una ragazza di diciotto anni che vive un’esistenza senza
aspettative, piegata dalla volontà maschile e dalla dittatura fascista.
Tuttavia, come l’esperienza ci insegna, i cambiamenti più importanti non sono
quasi mai annunciati. La vita di Elisa, assieme alle sue convinzioni, viene
sconvolta dall’incontro con un uomo particolare. È una storia di privazioni ma
anche di coraggio, d’amore, il percorso di una giovane donna e di un Paese
verso la libertà.
Quali tematiche affronti nel tuo libro e quale il messaggio che hai voluto lanciare?
Nel libro ho trattato con attenzione e impegno un argomento
importante, ossia la vita del popolo sotto la dittatura fascista: ancora oggi
infatti ci sono persone che smentiscono le crudeltà del fascismo e del nazismo.
Si parla delle donne e del ruolo marginale cui la società dell’epoca le
relegava. Si racconta con dovizia di particolari la vita delle gente del sud
all’inizio degli anni Quaranta, le privazioni in periodo di guerra e, di
conseguenza, l’immediatezza delle sensazioni nei rapporti umani. In tempo di
guerra non c’era spazio per incertezze e tentennamenti poiché ogni occasione
poteva non tornare più. E tuttavia la protagonista, giovane e inesperta della
vita, cerca e trova sempre la determinazione per andare avanti, combattere,
sperare, persino innamorarsi ed amare, perché nonostante le sofferenze l’animo
umano è forte, immortale.
Qual è stato l’input per “Tregua”?
L’amore per la storia e per la mia terra, un connubio che mi
spinge sempre a cercare e ricercare, approfondire le tracce di un passato che
non deve sparire sommerso dal tanto decantato progresso e le sue conseguenze.
L’ambientazione del tuo romanzo è la Puglia del 1943, è il
ricordo di un’Italia che non c’è più. Un’Italia governata dalla dittatura e
dalle Camicie Nere. Perché questa scelta particolare e di grande impegno
sociale?
Gli spettri della povertà, della fame e della paura
condizionavano la vita della popolazione e suscitavano reazioni anche molto differenti
tra loro: tra tutti c’era chi aveva l’ardire di sfidare il regime e le sue
brutture. Si legge spesso degli atti di coraggio di antifascisti o partigiani
famosi, ma non bisogna dimenticare che gli eroi, gli uomini che si armavano di puro
coraggio e buona volontà, ci sono stati dappertutto, anche nei centri minori.
Un piccolo atto di ribellione gettava le basi per la speranza e, nonostante
molti antifascisti non siano ricordati nei libri di storia, trovo giusto
serbare loro riconoscenza. "Tregua" è
anche questo.
Qual è il tuo pensiero in merito all’autopubblicazione e
quale quello verso l’editoria.
L’autopubblicazione e la pubblicazione tradizionale, hanno
entrambe pro e contro. Personalmente ho avuto modo di provare tutte e due. La
questione non è semplice e trasparente, soprattutto qui in Italia. Esistono
moltissimi editori che chiedono denaro agli autori per pubblicare il loro libro
e questo è assolutamente un controsenso: è l’editore che deve sobbarcarsi il
rischio d’impresa, e non l’autore che, anzi, deve essere pagato per il suo
lavoro. Gli editori a pagamento sono quindi, a mio parere, assolutamente da
evitare. Ci sono poi editori onesti ma piccoli, che non concedono nessun
anticipo per i diritti d’autore ma assicurano una percentuale sulle copie
vendute. Moltissimi esordienti si affidano a questa categoria di editori, il
cui difetto principale è in genere l’incapacità di distribuire e promuovere
l’opera a livello nazionale. I grandi editori invece sono il sogno di tutti gli
scrittori, ma non è facile assicurarsi un contratto con uno di loro: se da una
parte è comprensibile che essi non accettino proposte da autori sconosciuti,
poiché ne arriverebbero troppe, dall’altra però in questo modo si privano
dell’occasione di conoscere diversi autori che valgono come, se non di più,
quelli famosi. Ci si può avvalere dell’intermediazione delle agenzie
letterarie, ma anche qui non è facile incontrare le grazie degli agenti, senza
contare che in genere sono richiesti quattrini.
Ritengo il self publishing una buona opportunità per gli scrittori che vogliono disporre pienamente dei diritti della propria opera, che vogliono sondare il mercato e vedere come va o semplicemente fare un po’ d’esperienza prima di cercare la pubblicazione con un grande editore. Personalmente preferisco gestire da me i miei scritti e impostare il prezzo, le offerte e quant’altro, e avere la facoltà di cambiare percorso quando quello non mi soddisfa.
Ritengo il self publishing una buona opportunità per gli scrittori che vogliono disporre pienamente dei diritti della propria opera, che vogliono sondare il mercato e vedere come va o semplicemente fare un po’ d’esperienza prima di cercare la pubblicazione con un grande editore. Personalmente preferisco gestire da me i miei scritti e impostare il prezzo, le offerte e quant’altro, e avere la facoltà di cambiare percorso quando quello non mi soddisfa.
Hai qualche progetto in cantiere di cui vuoi metterci al
corrente?
Per il momento impegno le energie per far conoscere "Tregua" a un ampio numero di lettori. Ho
in mente diverse idee per nuovi romanzi ma sono ancora in fase di ricerca
storica.
E’ stato un grande piacere ospitarti nel mio blog. In bocca
al lupo per tutto!
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