Ciao a te e grazie per l’opportunità che mi hai dato.
Sono di Verona e ho 34 anni. Da vent’anni sono sosia di Adriano Celentano e mi
esibisco con successo in tv, piazze, manifestazioni. La mia altra grande
passione è la lettura, sfociata poi da un paio di anni a questa parte
nell’attività di scrittore di testi horror, thriller, noir. Poi mi diletto
anche nella poesia e pittura.
Hai conseguito il diploma di ‘Perito aziendale e
corrispondente in lingue estere’. Qual è stato l’input che ti ha fatto prendere
in mano carta e penna?
Il fatto di provare a mettere nero su bianco le mie
emozioni, il mio essere, per dar vita ai personaggi e ai racconti della mia fantasia
e per mettermi alla prova in questo settore.
Hai scritto vari componimenti poetici e, tra questi, alcuni
sono stati inseriti nella raccolta “Ho conosciuto Gerico”, antologia edita
dalla Ursini a seguito del concorso “Premio Alda Merini”. Cosa ricordi di quest’esperienza?
Ricordo quando ho provato ad accostarmi al mondo della
poesia, in punta di piedi, in quanto non era un terreno del quale conoscessi e
nel quale sapessi bene come muovermi… però a quanto pare sta dando i suoi
frutti anche questa sfaccettatura del mio scrivere.
Oltre all’attività di ‘scrittore’ ti esibisci nelle piazze
come sosia di Adriano Celentano. Parlacene.
È una passione nata come dicevo prima vent’anni fa e poi si è tramutata in passione condivisa
col pubblico delle piazze, dei locali, della tv. Ho scoperto Adriano a
quattordici anni ascoltando “Il ragazzo della Via Gluck” e ne sono rimasto
folgorato. Poi l’ho riascoltata centinaia di volte, assieme a tutti i suoi
successi, amando la sua voce per poi farla mia ;)
Nel novembre 2012, esordisci con la raccolta di racconti “Il
fiore nero”, scritto a quattro mani con Daniela Mecca. Cosa troveranno i
lettori al suo interno?
I lettori saranno trasportati in un viaggio attraverso il
male più puro e autentico. Si lasceranno condurre per le sue vie insidiose e
macabre, in questi sette petali che compongono un fiore maligno, affascinante e
blasfemo.
Qual è stato l’input per “Il fiore nero” e quali tematiche affronti tra le sue pagine?
L’imput è stato più d’uno, e si basa su esperienze personali
che però, purtroppo, preferisco tenere solo mie. Ciò che posso affermare con un
pizzico di presunzione è che il male diabolico esiste eccome.
Ognuna delle storie contenute nella raccolta è completamente differente dall’altra. I sette racconti si articolano molto bene fra loro dipingendoci alcune delle sfaccettature più sinistre di un male in tutto e per tutto diabolico.
Ognuna delle storie contenute nella raccolta è completamente differente dall’altra. I sette racconti si articolano molto bene fra loro dipingendoci alcune delle sfaccettature più sinistre di un male in tutto e per tutto diabolico.
“Il fiore nero” ha
vinto il “Premio Letterario Città di Cava Dè Tirreni”. Cosa ricordi di
quest’esperienza?
Purtroppo non ho potuto essere presente alla manifestazione
per divergenze di impegni, però ricordo l’emozione di apprendere che il mio
lavoro avrebbe ottenuto un riconoscimento così importante, dopo tutta la
passione e l’impegno che avevo concentrato per scriverlo. È sicuramente stata
un’esperienza di adrenalina pura che ha accresciuto il mio desiderio di
continuare per questa strada e che ha anche arricchito il mio curriculum
professionale.
Nel luglio 2013, un tuo racconto “La danza della morte”
viene inserito nel magazine “I colori” e distribuito nelle edicole. Daccene un
assaggio.
Questo racconto, al quale sono particolarmente legato, è
un thriller dal sapore cinematografico, condito con innumerevoli colpi di scena
e una buona dose di suspense. È il finale di un rapporto tormentato fra due
persone che, come si apprende dal titolo, non ha un epilogo felice.
Vi regalo un breve incipit del racconto:
“LA ODIO, LA DETESTO DAL PROFONDO DEL CUORE PER IL SEMPLICE FATTO CHE ESISTE, RESPIRA, SI MUOVE, PARLA, SCRUTA, STUDIA, MANIPOLA, PER POI PIEGARTI AL SUO VOLERE E SCHIACCIARTI COME UN INSETTO FASTIDIOSO. HO TRENTASETTE ANNI, ABITO IN UN PICCOLO APPARTAMENTO NEL CENTRO DI PARIGI E FACCIO L’IMPIEGATO PER UNA MULTINAZIONALE DI PRODOTTI FARMACEUTICI. L’UNICO MEZZO PER POTERMI FERMARE È USCIRE ALLO SCOPERTO, PERCHÈ QUESTO TARLO CHE MI ASSILLA, QUESTA VOCE PENETRANTE E INSISTENTE CONTINUA A TORMENTARMI. HO DECISO DI COMPIERE UN GESTO CHE PASSERÀ ALLA STORIA, UN’USCITA DI SCENA IN GRANDE STILE.”
E il 31 ottobre dello stesso anno, in concomitanza con la
notte di Halloween, il tuo racconto “Il viaggio di Elektra” viene inserito
nell’antologia di racconti horror “Carmilla e le altre”. Di cosa si tratta?
Elektra è una ragazza adolescente come molte altre, ma dovrà
intraprendere un viaggio insisdioso, fuori dallo spazio e dal tempo, per
ritrovare il suo vero io vampiresco. Quello che deve scoprire è se questo
viaggio avrà un epilogo positivo o meno. Questo racconto è stato scritto
appositamente per questo progetto editoriale che voleva celebrare la figura
femminile vampiresca inserita in ambito moderno.
I tuoi editi vedono la collaborazione con Daniela Mecca,
parlaci di questa collaborazione. Come si scrive a quattro mani e quale
consiglio daresti agli emergenti che vogliono cimentarsi in quest’impresa?
Aggiungo l’aggettivo 'preziosa' a questa collaborazione.
Daniela, oltre ad essere mia compagna di vita, lo è anche in veste di
scrittrice. Lei si occupa principalmente di fornire spunti, idee, ispirazioni,
correzioni a tutto ciò che scriviamo. Diciamo che la mente sono io, ma lei,
spesso e volentieri, dona quel tocco di perfezione senza del quale molti
racconti non sarebbero stati così apprezzati. Il consiglio che posso dare agli
scrittori esordienti che intendono cimentarsi in questa avventura a quattro
mani è di non avere la presunzione di poter prevaricare l’altro, ma il rapporto
deve mantenere una linea di rispetto e ascolto, in modo da poter creare delle
storie che lasceranno il segno prima di tutto in chi li scrive e poi nel
pubblico.
Nei tuoi romanzi analizzi il male in tutte le sue forme.
Perché questa scelta singolare?
Perché tutti noi siamo fatti un po’ di male e in tutti noi
c’è una punta di male. Altrimenti non saremmo umani. A me piace analizzare il
male interiore dei personaggi, associato a quello esterno, evidenziando
soprattutto la parte psicologica messa in relazione con la vita di tutti i
giorni, perché , a meno che non si tratti di un racconto fantasy, il male che
ne deve emergere deve essere il più possibile realistico perché affiori un
lavoro convincente e che possa essere apprezzato dal pubblico.
Hai dichiarato “l’interesse per la letteratura
horror/thriller/noir ha fatto scaturire in me la voglia di esternare e mettere
nero su bianco le mie sensazioni e debolezze, dando così vita ai miei peggiori
incubi.” Approfondiamola.
Penso che in ogni racconto che scrivo, sicuramente ci sia un
po’ di me, sia nei personaggi che negli atteggiamenti raccontati. Ovvio, non è
sempre possibile attingere dalle proprie esperienze e non sarebbe nemmeno
giusto, perché così non si darebbe libero sfogo alla fantasia. Però posso dire
che il fatto di esternare le mie paure , i miei peggiori incubi, è senza ombra
di dubbio terapeutico, sia per me, che ho dovuto affrontarle di persona e poi
le rivivo mentre le scrivo, sia per chi legge perché magari ha la possibilità
di immedesimarsi o, perché no, di rivedersi in ciò che scrivo.
Hai qualche progetto in cantiere di cui vuoi metterci a
parte?
Siamo in attesa di ricevere risposte in merito a un romanzo thriller
molto accattivante, dai toni aspri e coinvolgenti, che speriamo veda la luce
presto e per il quale abbiamo lavorato sodo e ci abbiamo messo tutto l’impegno
possibile. Nel frattempo siamo al lavoro su un altro romanzo completamente
diverso da tutto ciò che è stato pubblicato finora e che vediamo come un piacevole mettersi alla prova su terreni
ancora inesplorati per noi.
Per seguire Simone IO SCRIVO
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