Grazie per l’invito, mi fa piacere essere qui per un caffè
virtuale. Cosa dire senza correre il rischio di annoiarvi? Mi piace definirmi
uno scrittore metropolitano. Uno di quelli che vive sempre di corsa per stare
dietro ai ritmi frenetici della grande città ma al tempo stesso proprio dalla
vita di tutti i giorni riesce a catturare spunti e riflessioni per le storie da
scrivere. Seguo con interesse il passaggio delle stagioni perché considero il
loro mutare come un fattore essenziale alla vita di ogni scrittore. Dal colore
di una foglia o da una giornata di pioggia riesco infatti a partorire il filo
logico per il cambio di scena o di personaggio nella stesura dei libri. Per il
resto adoro tenere un filo diretto con i lettori, come fosse una sorta di
confidenziale confessione. Come nasce un libro, come si sviluppa e altre
diavolerie.
Il Diploma di Operatore Cinematografico e Televisivo,
l’iscrizione presso l’Ordine Nazionale dei Giornalisti e la frequentazione
dell’Istituto di Giornalismo e Comunicazione Audiovisiva con conseguente
specializzazione in Metodologie e Cultura dell’Informazione. Dove trovi il
tempo per scrivere?
Fosse solo questo. Mettici il lavoro, la famiglia e tutto il
resto. La medicina giusta è un misto tra passione e pazienza. Quando si decide
di scrivere, il tempo si trova a costo di rinunciare ad una birra tra amici.
Nel 1995 esordisci con il romanzo “Weekend a Sorano” e nel
1998 esce il romanzo “La fragilità dell’esistenza” in cui analizzi il rapporto
tra padre e figlia. Perché questa scelta di evidenziare le dinamiche famigliari?
Credo che quando lo scrittore decide di cimentarsi nella
scrittura, all’inizio sia costretto a mettersi di fronte ad uno specchio. Un
viaggio unico nell’introspezione personale per capire fin dove è possibile
arrivare e quanta strada sia rimasta dietro le spalle. Da qui nasce l’obbligo o
forse la necessità di partire da un ricordo caro legato all’infanzia. Forse un
viaggio, magari un oggetto. E spesso ci si trova a brutto muso a dover
combattere con i fantasmi del passato. La famiglia è l’unico treno che passa e
ripassa senza stancarsi mai.
Ti dedichi poi all’antologia per bambini “C’era una
volta…una raccolta di fiabe”. Se dovessi dare un consiglio a chi vuole
approcciarsi al genere per l’infanzia quale sarebbe?
Alcune fiabe le ho scritte un po’ di tempo fa e ultimamente
le ho riesumate decidendo di modellarle per l’occasione. Altre sono
completamente nuove e scritte apposta per confrontarmi con la fantasia. Per
questo ho deciso di essere editore di me stesso e autopubblicare “Le storie di
Simal”, undici storie per l’infanzia che appena posso cerco di rendere vive con
laboratori per bambini o incontri con l’autore. Dopo aver trattato diversi
generi letterari, ritengo che questo genere sia quello che rappresenti meglio
la vena creativa di uno scrittore. Quasi una scommessa da vincere a tutti i
costi.
Nel 2013, pubblichi “Vite Riflesse”. Parlacene.
"Vite riflesse" ha la foto di mio figlio in copertina. Questo
particolare svela meglio di tante frasi contenute tra le righe, che siamo di
fronte al mio lavoro decisamente più autobiografico rispetto agli altri. La
storia è divisa in quattro capitoli scritti e rubati in tempi diversi. Il parto
è stato faticoso perché un bel giorno ho deciso che le quattro storie racchiuse
in altrettanti capitoli dovessero avere un filo logico. Sta al lettore decidere
se leggere i capitoli singolarmente oppure no. A primo impatto può sembrare un
invito a scardinare il codice di una scatola cinese. Si riesce ad aprire la
prima e subito se ne scopre un’altra.
Nel 2014 esce la raccolta digitale “8 fiabe nel cassetto” e,
sempre nello stesso anno, ti classifichi al primo posto al Concorso Letterario
“Consulta del Volontariato” con il racconto "Lo specchio imperfetto". Cosa ricordi di questa esperienza?
Ricordo che “Lo specchio imperfetto” l’ho dovuto scrivere quasi per forza (rido). In quel periodo
ero costretto in casa con le stampelle per un incidente domestico e quale migliore
amico di un buon computer? Mi sono divertito a scrivere una cosa al volo con
scadenza breve anche se non digerisco mai il fatto di dover rispettare la
lunghezza del testo. Mi trovo meglio a scrivere a briglia sciolta e spesso
quando finisco la stesura di un testo, quasi mi sento ferito per il fatto di
dover abbandonare una storia che mi ha accompagnato per un certo periodo
sopportando malumori e caffè.
In ottobre pubblichi il thriller “Il ladro di zucchero”.
Daccene un assaggio.
“Assaggio” forse è la parola giusta, dal momento che la
storia naviga in un gioco di caffè, zucchero e formiche. Un rituale antico nato
in Toscana tra due bambini che non sanno come trascorrere il tempo. Uno dei due
da grande diventerà un serial killer paranoico mentre all’altro toccherà il
compito di fermarlo prima che Roma sia costretta ad accettare altri cadaveri. In
questo periodo sto scrivendo il seguito, tanto per non restare con le mani in
mano e la cosa non mi dispiace affatto. Tra thriller e fiabe per bambini non
saprei cosa scegliere.
Nell’agosto 2014 esce la raccolta di favole per bambini “Le
storie di Simal”. Cosa troveranno i lettori al suo interno?
Una scia di spensieratezza. Un paio d’occhi nuovi per
leggere tra le righe di un libro che vuole aiutare ad affrontare le giornate in
maniera dolce. Ingredienti che si mescolano tra di loro senza esaurirsi mai,
invitando il lettore ad accettarli per farli propri.
Quali tematiche affronti e quale messaggio vuoi trasmettere?
Le tematiche sono svariate. Incontri, emozioni, lezioni. “Le
storie di Simal” è stato pensato come una sorta di diario che raccoglie le
confessioni di un giovane viaggiatore. Per questo non contiene illustrazioni ma
solo testo. Anche per non distrarre i giovani lettori dall’atmosfera di magia
che si respira tra le righe.
Qual è stato l’input per questa raccolta?
Il libro è dedicato a mio figlio Simone. Quando un adulto ha
la possibilità di trascorrere alcune ore del suo tempo a contatto con un
bambino, capisce che è necessario rallentare per godere al meglio dei ritmi
della vita. Un giorno ero al parco e ho catturato lo sguardo di un gruppo di
bambini che seguiva il volo di una farfalla. In quel momento ho capito che
dovevo tornare a scrivere storie nuove.
Le favole per bambini è un genere che ti stimola, a quanto
vedo, perché?
Perché contengono informazioni di un passato che bussa di
continuo alla nostra porta. Il genere aiuta noi genitori a togliere di dosso la
veste troppo pesante per tuffarci in una delicata sensazione di benessere.
Folletti che raccolgono rami, fate che giocano con un raggio di sole, oggetti
inanimati che prendono vita alla prima occasione. Anche questi eventi fanno
possono entrare a far parte della vita di tutti i giorni.
Il tuo pensiero sul self.publishing.
Lo paragono all’atto di bere un cappuccino in una giornata
invernale. A tratti può piacere ma per certi versi riesce anche ad infastidire.
Hai collezionato negli anni tante menzioni a concorsi
letterari e ti sei distinto anche con i racconti. Romanzo Vs. Racconto chi la
vince?
Vince la voglia di scrivere e di mettersi in gioco. Sempre.
Hai qualche altro progetto in cantiere di cui vuoi metterci
a parte?
Come anticipato sopra sto scrivendo il seguito del thriller
“Il ladro di zucchero”. A volte giro da solo per le strade della mia città e
sento di dover raccontare ancora qualcosa. La cronaca di tutti i giorni ci dice
che non bisogna mai abbassare la guardia. In giro ci sono un sacco di lettori a
cui potrebbe far piacere sapere che c’è ancora sangue da versare.
E’ stato un piacere ospitarti nel mio blog. In bocca al
lupo.
In bocca al lupo a tutti voi e buon cammino. A proposito chi
mi presta una goccia d’inchiostro?
Per seguire Alessandro ALESSANDRO BIAGINI
Per seguire Alessandro ALESSANDRO BIAGINI
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