mercoledì 25 novembre 2015

Le autrici EWWA - INTERVISTA A LIDIA CALVANO



Ciao Lidia, benvenuta nel mio blog. Raccontaci qualcosa di te.

Ciao, Linda, grazie per la tua squisita ospitalità, anzitutto! Ammiro molto il tuo lavoro, e ti sono riconoscente per lo spazio e il tempo che mi dedichi. Non mi è facile parlare di me, sono una persona molto normale, fondamentalmente introversa ma non timida: preferisco i contesti tranquilli, le chiacchierate tra pochi amici, ho bisogno per ricaricarmi di spazi di solitudine e di silenzio. Ho una piccola famiglia che adoro, mi destreggio tra lavoro, incombenze casalinghe e tran tran quotidiani, come tutti, ritengo. Il senso del dovere e della responsabilità che mi porto dietro sin da piccola mi hanno portato a fare una vita meno avventurosa e anticonvenzionale di quello che avrei voluto, e allora mi sono abituata a evadere con la fantasia e i sogni.

Medico e psicoterapeuta cognitivo comportamentale, hai lavorato in una grande azienda nella selezione del personale e nella prevenzione degli infortuni e, dal 2009, sei una libera professionista come psicoterapeuta e formatrice. Quando si è accesa in te la scintilla della scrittura?

Certe malattie si manifestano precocemente. Da adolescente non potevo fare a meno di riversare i miei patimenti su diari e poesie, da tipica introversa. Poi c’è stato un lunghissimo periodo in cui i tanti impegni della vita mi hanno portato ad accantonare la scrittura, fino a quando ho avuto la possibilità di pubblicare per delle riviste, e contemporaneamente mio marito mi ha invogliato a iscrivermi con lui a un gruppo Facebook amatoriale, nel quale ogni settimana ci si “sfidava” a comporre su un tema differente. La prima opportunità mi ha forgiato nella tecnica e nella disciplina, la seconda ha liberato la mia creatività.

Sei anche un’appassionata lettrice. Quali autori preferisci e c’è tra questi qualcuno che definisci tua “Musa”?

Calvino, Oliver Sacks, Michele Mari, Buzzati, Primo Levi, Giuseppe Berto, Pennac sono solo i primi che mi vengono in mente. Ho sempre letto furiosamente, con ingordigia, ma ho mantenuto pessima memoria per i titoli e gli autori, a parte qualche raro caso. Ho fatto mio il detto zen: “Leggi mille libri e poi bruciali”.

Tra le tue collaborazioni vanti l’impiego di articolista su riviste astrologiche come Sirio, Astrella, Oroscopo Più, Astromese e Top Girl. Raccontaci di questa esperienza. Cosa accomuna l’astrologia alla psicoterapia?

Come ti accennavo, è stata una gavetta molto preziosa. Ho imparato molto sulle tecniche di comunicazione, e soprattutto mi sono piegata a un metodo, a una disciplina fatta di scadenze, scrittura su temi preordinati, costruzione dello stile in base al target di lettori e così via. E vedere il mio nome su una rivista è stata un’emozione incredibile, che mi ha fatto capire come tenessi al fatto di avere un pubblico. Non mi considero un’esperta di astrologia, e non sarei in grado di fare delle previsioni accurate o un oroscopo personalizzato, tuttavia da bravo Scorpione, ascendente Scorpione, sono sempre stata attratta dal mistero e dall’occulto. Secondo me l’astrologia può essere vista come un’interessante teoria della personalità, perché nella descrizione delle caratteristiche psicologiche dei vari segni ho sempre riscontrato una buona attendibilità. Lo studio quindi del tema natale può essere adoperato come uno spunto per la riflessione su se stessi e per l’assessment delle proprie risorse personali.

I tarocchi e le divinazioni. Sfatiamo il mito che le carte servono solo per predire il futuro.

Ci sarebbero molti miti da sfatare sui tarocchi, a cominciare da quello delle loro vere origini. Ma indubbiamente questo ne inficerebbe il fascino esoterico… Mi interesso di carte da divinazione da quando avevo dieci anni, e ancora non so dirti se al loro potere oracolare ci credo o no: in me si dibattono l’anima razionale e scientifica e quella stregonesca e paranormale. Come sono riuscita a uscirne senza finire nella schizofrenia? Usando i tarocchi non come strumento di predizione ma di introspezione e crescita personale. Ciascuna delle immagini degli arcani maggiori può essere usata come un test proiettivo: ognuno vi vive una situazione, una storia, delle emozioni diverse, e questo può dirci molto sul momento che sta attraversando, le sue paure, le sue speranze. In questo senso i tarocchi sono un metodo molto potente e intuitivo per prendere contatto con parti di noi nascoste o inconsapevoli.

Gestisci personalmente il blog “Il potere della resilienza, della creatività, della narrazione”. Di cosa ti occupi nello specifico?

Chiamarlo blog è sicuramente troppo ambizioso. E’ un piccolo spazio dove, con grande discontinuità, purtroppo, annoto idee o spunti che in futuro spero di poter sviluppare maggiormente, e che mi sono molto utili nella professione sia di psicoterapeuta che di formatrice. Si spazia dal pensiero positivo alla capacità di risollevarsi dopo un fallimento, dal potere curativo della narrazione a come coltivare la propria creatività. Credo che in ognuno di noi risiedano risorse enormi, e mi piacerebbe poter trasmettere con le mie riflessioni la sicurezza che ciascuno può “sbocciare”, superando anche i momenti peggiori, e raggiungere la propria felicità.

Nel 2013 esordisci con il saggio a quattro mani “Il Matto, il Mago, il Mondo” sull’utilizzo introspettivo e formativo degli arcani maggiori dei Tarocchi. Parlacene.

Si è trattata della mia prima esperienza di scrittura strutturata. L’aver lavorato con una cara amica psicoterapeuta, Luigina Sgarro, appassionata anche lei di tarocchi, mi ha aiutato tantissimo a progettare e portare avanti questo saggio/manuale, rivolto a chiunque sia interessato al potenziamento personale, oltre che ai formatori e ai coach. Come ti accennavo, le figure degli arcani posseggono un’intrinseca ambiguità e insieme degli elementi di universalità che li rendono quasi degli “archetipi”, nei quali tutti possiamo riconoscerci, ma con sfumature differenti. Queste sfumature personali che proiettiamo sulle immagini sono il punto di partenza per un lavoro su noi stessi. Si inverte dunque il ruolo tradizionale dei tarocchi: invece che delle risposte, ci aspettiamo da essi delle domande.

Nel 2015 pubblichi il romance “ D’oro e d’argento”. Di cosa si tratta?

Il mio primo esperimento nella narrativa rosa, al quale sono molto legata; è la storia di una donna non più giovanissima ma ancora affascinante, reduce da un divorzio sofferto e alle prese con una figlia problematica. Conosco molte donne che a quella età hanno riposto ogni speranza di trovare ancora l’amore e la passione, e invece mi piaceva dare voce a una protagonista che, nonostante tutti i dubbi e le difficoltà del caso, si abbandona all’attrazione per un uomo più giovane. Si tratta di un’eventualità molto più frequente di quello che si pensi, perché le donne negli …anta sono molto desiderabili e ricche di fascino agli occhi dei ragazzi, ma la maggior parte delle volte non si concedono a queste relazioni per condizionamenti culturali o per paura di essere presto abbandonate.

Nello stesso anno esce anche “La terza luna di Vegis” dove mescoli erotismo e fantascienza. Perché questa scelta?

Adoro la fantascienza, e quando ho deciso di scrivere un racconto erotico è stato quasi naturale iniziare a immaginarlo in un contesto del tutto avulso dal quotidiano. Mi è subito venuto in mente il vecchio film russo “Solaris”, e da lì è nata la trama. A ripensarci, forse, esordire nell’erotico mi imbarazzava a tal punto che ho preferito ambientarlo in un futuro improbabile e lontanissimo. Credo ci sia stato anche il desiderio di stupire e di non cadere nello scontato; personalmente, ritengo molto più interessanti gli erotici storici che i contemporanei, e penso che il connubio tra eros e fantascienza possa fornire nuovi spunti a un genere ormai molto sfruttato.

E, ancora, nel 2015 pubblichi l’antologia di favole “C’era st(r)avolta”. Un progetto benefico curato assieme alla collega Luigina Sgarro. Cosa troveranno i lettori al suo interno?

Diciotto favole classiche stravolte da altrettanti autori, con un commento mio o di Luigina a valle di ciascuna. Lasciati liberi di scegliere la favola e lo stile con il quale ristrutturarla, gli autori si sono spontaneamente indirizzati su due filoni differenti. Quello positivo, costruttivo, speranzoso, e quello invece crudele, pulp, gotico, sanguinolento. Naturalmente, io ho scelto di curare il filone noir…



http://www.homelessbook.it/ebook-store.html



Come nasce l’input per questa raccolta?

Il potere catartico o educativo della narrazione è riconosciuto universalmente, ma come si è evoluto ai nostri giorni? Cosa hanno ancora da insegnare ai nostri figli le storie di Esopo, o quelle dei Grimm? E nel nostro immaginario di adulti, come riscriveremmo quelle vicende, con tutta la vita che abbiamo alle nostre spalle? Queste sono le domande che ci hanno portato a costruire questo progetto.

Quali tematiche vengono affrontate e quel messaggio si vuole trasmettere?

Il messaggio fondamentale che emerge da questo esperimento è che la narrazione è non solo un canale potente di comunicazione tra generazioni diverse, ma soprattutto un importantissimo strumento di elaborazione delle nostre esperienze a livello cognitivo ed emotivo. Un esempio: come cambia il nostro modo di raccontare a un’amica una disavventura affettiva a una settimana dal fatto o un anno dopo? Narrare a noi stessi e agli altri vicende ed emozioni ci aiuta a organizzarle, ridimensionarle, porle nella giusta luce e archiviarle nel cassetto più adatto. Ecco perché narrare di noi è un atto terapeutico. Come mai poi metà degli autori ha elaborato una trascrizione dolce, romantica, comica, con un lieto fine, mentre gli altri hanno strutturato vicende ancora più violente e truci delle originali (non dimentichiamo infatti che le favole classiche hanno forti connotazioni di crudezza)? Ecco allora il duplice aspetto delle fiabe: consolatorio, incoraggiante, veicolo di speranza e di morale positiva; oppure esorcizzante, carico di esempi negativi, di disperazione, e qui la favola diventa il contenitore di tutte le nostre paure più ancestrali e devastanti. Riversandole in essa, in qualche maniera le allontaniamo da noi.

Sei membro dell’associazione EWWA. Di cosa si occupa nello specifico e la consiglieresti ai tuoi colleghi?

EWWA è un’associazione che si propone di creare una rete di solidarietà tra donne che scrivono o lavorano con la scrittura. La sua importanza nella mia storia come autrice è stata impagabile. Vi ho trovato sostegno, incoraggiamento, motivazione, crescita professionale, esempi da seguire, contatti proficui, aggiornamenti, formazione. Entrarne a far parte è stato un dono che non finisce di stupirmi per la sua ricchezza, e le relazioni che ho instaurato al suo interno sono di sincera e gioiosa collaborazione e solidarietà. Non posso che consigliarla vivamente!

Con EWWA partecipi all’antologia “E dopo Carosello tutte a nanna. Storie di donne e Mamma Rai” con il racconto “I giovedì della signora Adele”. Daccene un assaggio.

Eccolo… La signora Adele non esiste, naturalmente, ma Bradley sì, e sulla rete ci sono un mucchio di foto molto interessanti su di lui.

[...] Bradley arrivò per la prima volta a casa sua un giovedì alle 16, puntuale come sarebbe stato per tutte le successive settimane. La signora Adele aveva lasciato la porta di casa socchiusa, per poterlo sentire entrare leggero e frusciante proprio come l’angelo della morte che aveva immaginato che fosse. Era di una bellezza ultraterrena.
Teneva sempre fede ai suoi impegni: era affidabile e riservato, non parlava (lei conosceva l’inglese, ma, dio mio, chissà quale sguaiato accento americano avrebbe potuto rompere l’incanto), non la toccava mai. Era plausibile quindi che avrebbe rispettato anche l’ultima condizione, quello di non soccorrerla in nessun caso.
Bradley e la signora Adele avevano quindi il loro segreto; passavano insieme ogni giovedì pomeriggio, senza parlare, sorseggiando un tè o un caffè (senza zucchero, rigorosamente, per lui, dio mio, quant’è magro, sarà perché lo obbligano). Sedevano insieme, e si guardavano. [...]

Segue la tua partecipazione anche alla seconda antologia EWWA dal titolo “Italia. Terra d’amore, arte e sapori” con il racconto “Operazione Diamante”. Parlacene.

Ho voluto scrivere una brevissima spy–story ambientata in una cittadina calabra che ho nel cuore, Diamante, la città dei murales, del lungomare a strapiombo su un mare di smeraldo, dei peperoncini piccantissimi, delle granite di gelso e cedro. Due agenti segreti giovani e belli viaggiano sotto copertura, fingendosi una coppia innamorata. Ma uno dei due fa il doppio gioco…

Hai qualche altro progetto in cantiere?

Prima della fine dell’anno uscirà un romanzo breve di fantascienza erotica, “Le concubine del pianeta Zofar”, e forse il prossimo anno un romance ironico. Mi piacerebbe sperimentarmi con un chick lit, e anche con un rosa crime. Mi gironzola per la testa un investigatore, intelligente e bello quanto psicologicamente disturbato, ma che farebbe innamorare persino una pietra. Chissà che non ne venga fuori una serie!

È stato un piacere ospitarti nel mio blog. In bocca al lupo per tutto!

Grazie, Linda, della tua gentilezza e della tua disponibilità. Un abbraccio a tutte le lettrici, e viva EWWA!

Per seguire Lidia  IL POTERE DELLA RESILIENZA, DELLA SCRITTURA E DELLA CREATIVITA'

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