Ciao Viviana, benvenuta nel mio blog. Raccontaci qualcosa di
te.
Ciao Linda, e grazie mille per questo invito nel tuo
bellissimo blog. Cosa posso raccontarti di me? Sono una persona piuttosto
tranquilla, mamma di un ragazzo di 19 anni (e lascio perdere i commenti da
mamma orgogliosa); oltre ad occuparmi delle mille altre incombenze della vita
(come tutte le donne), da circa un anno ho deciso di lasciare il lavoro di
giornalista e di dedicarmi solo ai miei romanzi. Ho preso questa decisione un
po’ tardi nella vita, ma sono felice di esserci arrivata. Diciamo che ci ho
messo un po’ a carburare… Adoro viaggiare, andare al cinema, vedere vecchi film
in tv e cucinare. Mi piace anche il tip tap, e credo che ricomincerò a prendere
lezioni, il prossimo anno. Ma non dirlo a nessuno, per favore.
Il diploma al Liceo linguistico, la frequentazione della facoltà di biologia e il giornalismo. Dove trovi il tempo per scrivere e quando hai deciso di prendere in mano carta e penna?
Guarda, come ti dicevo prima, voglio recuperare il tempo perduto perché ho incominciato tardi a scrivere romanzi. Scrivere mi piace proprio, mi entusiasma. Avendo lavorato come giornalista per anni, una tastiera sotto le dita ce l’ho sempre avuta, ma vuoi mettere che differenza usarla per scrivere le mie storie, invece che quelle di altri, inventare personaggi, situazioni, far nascere un amore, regalare un lieto fine, viaggiare nel tempo? Cosa c’è di più bello? Secondo me niente.
Il diploma al Liceo linguistico, la frequentazione della facoltà di biologia e il giornalismo. Dove trovi il tempo per scrivere e quando hai deciso di prendere in mano carta e penna?
Guarda, come ti dicevo prima, voglio recuperare il tempo perduto perché ho incominciato tardi a scrivere romanzi. Scrivere mi piace proprio, mi entusiasma. Avendo lavorato come giornalista per anni, una tastiera sotto le dita ce l’ho sempre avuta, ma vuoi mettere che differenza usarla per scrivere le mie storie, invece che quelle di altri, inventare personaggi, situazioni, far nascere un amore, regalare un lieto fine, viaggiare nel tempo? Cosa c’è di più bello? Secondo me niente.
Sei un’ appassionata lettrice e dichiari: ‘leggo in
originale perché mi piace l’inglese, e penso che faccia anche bene al mio
italiano’. Parlacene.
Be’, non lo dico io che il romanzo di genere è anglosassone. Inglesi e americani hanno
saputo coltivare il genere (e di conseguenza i lettori che in quei paesi sono
infatti molto più numerosi che da noi), senza mai considerarlo letteratura di
serie B, come qui si fa ancora spesso e volentieri. Ma al di là di questa
banale considerazione e per rispondere alla tua domanda, ritengo che la lingua
inglese sia molto più leggera e sintetica della nostra, tanto che per esprimere
lo stesso concetto spesso necessita di un numero inferiore di parole, in quanto
la costruzione del periodo è molto più semplice e più rigida. Insomma,
l’inglese scritto è più fluente dell’italiano, cosa che in un romanzo di genere
non guasta affatto. Noi italiani, purtroppo, amiamo scrivere in modo prolisso e
arzigogolato, quasi che una eccessiva lunghezza del romanzo o una complicata
costruzione del periodo siano necessari per dimostrare il nostro valore di
scrittori. Io penso esattamente il contrario. Più levo, più sono contenta. Più
leva la mia editor, e più la ringrazio. Credo che leggere così tanto in
originale mi abbia portato, in modo istintivo forse, ad avere uno stile di
scrittura più veloce e immediato, che infatti qualcuno ha definito americano.
Partecipi al primo concorso di Romance Magazine e ti
aggiudichi il terzo posto con il racconto “Mademoiselle Dorée”. Cosa ricordi di
questa esperienza e perché non hai più partecipato ai concorsi letterari?
Gli esami non finiscono mai, diceva Edoardo. Verissimo. Ma
visto che ogni giorno la vita ce ne propina uno, perché andare anche a cercarseli?
Non sono per me, non mi piacciono i concorsi, non mi interessano. I concorsi mi
mettono ansia. A quello della Romance Magazine avevo partecipato perché allora
lavoravo alla rivista (la prima dedicata al romance, in Italia), e mi sembrava
giusto esserci. Devo dire, senza alcuna modestia, che trovo ancora oggi "Mademoiselle Dorée" molto carino, un
romanzo regency in miniatura che, se qualcuno avesse voglia di leggere, può
trovare pubblicato nel mio sito, a questo link (http://www.vivianagiorgi.it/Mademoiselle_Doree.htm).
Ho spesso pensato di usarlo anche come prologo a un romanzo che ho già in mente,
e non è detto che prima o poi non lo faccia.
La tua idea di romance, sia contemporaneo che storico, è molto particolare: eroi da sballo, eroine imbranate e l’immancabile lieto fine. Approfondiamo questa tua visione.
La tua idea di romance, sia contemporaneo che storico, è molto particolare: eroi da sballo, eroine imbranate e l’immancabile lieto fine. Approfondiamo questa tua visione.
Non c’è molto da approfondire, per la verità. Il romance,
come gli altri generi, è fatto di stereotipi. Non c’è romance (o giallo o noir)
che non sia già stato scritto un migliaio di volte. Anche i miei personaggi sono
degli stereotipi, ma… Ma - e questo ma
è grande come una casa - seguire le regole non basta per costruire un buon
romance; non è che se lui è da sballo e lei è una ragazza pasticciona il gioco
è già fatto. L’abilità di un’autrice sta nel caratterizzare i sui protagonisti e
raccontare delle storie – che già si sa saranno a lieto fine – in modo diverso,
personale. Io ci provo. Scrivendo commedie romantiche, prediligo uno scenario leggero (anche se solo
apparentemente) e molta ironia, puntando sempre sui dialoghi brillanti. E
soprattutto, visto che non scrivo di Kierkegaard o di Heidegger, seguo sempre
il mio motto che è “se devi sognare, fallo alla grande.” E se uno vuole
sognare, è meglio farlo con Woody Allen o con Robert Downey Jr, secondo te? Anche
se…Il mio ultimo protagonista, Ken Benton (quello di “Un amore di inizio secolo
– La traversata”), non è certo un adone. Ma è talmente adorabile (me ne sono
innamorata, lo confesso) che, prima della fine del secondo romanzo che gli
dedicherò, tutte le lettrici lo vedranno come l’eroe più da sballo del mondo.
Hai pubblicato racconti e romanzi in veste di autrice con
Emma Books. Consiglieresti questa casa editrice agli emergenti?
Certo che la consiglierei. EmmaBooks è una casa editrice
piccola, ma molto seria, che si occupa benissimo di ogni genere di narrativa e anche
di saggistica femminile. Mi sento accudita da Emma dal momento in cui inzio a
scrivere un romanzo sino alla sua pubblicazione. E soprattutto mi sento
tranquilla quando arrivo al momento cruciale dell’ editing che non è, come
crede qualcuno, una mera correzione di bozze. Quando il mio manoscritto è
passato al vaglio di Maria Paola Romeo, la direttrice editoriale di Emma Books,
so di essere pronta per le lettrici, qualunque sia poi l’accoglienza che verrà
riservata al romanzo. In generale, c’è un bel rapporto tra Emma Books e le sue
autrici, e poi trovo che sia molto bello che sia una casa editrice digitale e femminile, cosa che suona
ancora un po’ rivoluzionaria, no? Tra donne, comunque, si lavora molto bene.
Sei tra le socie fondatrici dell’associazione Ewwa, di cosa si tratta? Raccontaci l’iter che ti ha condotta ad aderire e creare questa meravigliosa realtà tutta al femminile.
Sei tra le socie fondatrici dell’associazione Ewwa, di cosa si tratta? Raccontaci l’iter che ti ha condotta ad aderire e creare questa meravigliosa realtà tutta al femminile.
A proposito di femminile…Era da tempo che si parlava di
creare un’associazione di scrittrici, così nel settembre 2013, in un paio di
giorni, nove di noi hanno deciso di non parlare più e di fare. In questo modo,
al telefono tra Roma e Milano, è nata EWWA, di cui ho l’onore di essere socia
fondatrice con Elisabetta Flumeri, Gabriella Giacometti, Alessandra Bazardi,
Mariangela Camocardi, Adele Vieri Castellano e Terri Casella. In questo anno
abbiamo fatto molto, abbiamo riunito
intorno a noi circa 220 socie, soprattutto scrittrici, ma anche editor,
traduttrici, giornaliste, scenggiatrici, blogger e persino una grafica (se
volete una cover per il vostro romanzo, contattatela, è bravissima!). Abbiamo
fatto workshop e presentazioni di libri in tutt’Italia, abbiamo prodotto
un’antologia cui hanno partecipato più di 80 iscritte, dedicata ai sessant’anni
della Rai. Al di là di organizzare momenti di crescita professionale, l’idea di
EWWA è quella di creare una rete di persone e competenze che possa essere
produttiva per tutte. Ti faccio un esempio concreto. Voglio autopubblicarmi e
ho bisogno di un editor: potrò scegliere tra le editor presenti in EWWA che mi
forniranno un lavoro altamente professionale a un costo adeguato. Perché solo
donne? Non è vetero femminismo, ma semplice solidarietà femminile. Permettimi
di aggiungere che se qualcuno avesse delle curiosità, sul sito (http://ewwa.org) trova tutto, anche gli indirizzi
per contattarci.
Sempre con Ewwa pubblichi il racconto “Un piccolo salto per
l’uomo, un balzo da gigante per l’umanità”, inserito nell’antologia “E dopo
Carosello tutte a nanna, storie di donne e mamma Rai”. Parlacene.
Ho pensato a una bambina che veniva al mondo proprio mentre
il primo uomo, Neil Armstrong, metteva il piede sulla Luna, il 21 luglio del
1969. La storia è narrata in prima persona dalla stessa nascitura che sente tutto attraverso la pancia della
mamma, anche le voci di Tito Stagno e Ruggero Orlando che litigano sul momento
preciso dell’allunaggio. Mi è piaciuto molto scrivere questo racconto, mi ha
divertito e appassionato e, senza falsa modestia, sono contenta di come è
riuscito.
Il tuo esordio avviene nel 2012 con il romanzo “Bang Bang tutta colpa di un gatto rosso”. Daccene un assaggio.
Il tuo esordio avviene nel 2012 con il romanzo “Bang Bang tutta colpa di un gatto rosso”. Daccene un assaggio.
Premetto: il gatto rosso è un chick lit, dichiarato. Ecco,
come assaggio ti propongo il pezzo in cui Nora incontra per la prima volta
Nick. Per colpa (o forse per merito) del gatto rosso, naturalmente.
[...] Lui scende e mi guarda, appoggiato al tettuccio della macchina. Dalla sua espressione non capisco se abbia paura di me, se io gli faccia pena o se solo gli scappi da ridere.
Raddrizzo le spalle e, con aria affabile, dico: «Buonasera».
«Buonasera a lei.»
Poi lui guarda l’acciuga che ancora tengo in mano. È serissimo.
«Quello» dice indicando il pesce con un cenno del capo, «è per me?»
Anch’io guardo il pesce, come fosse del tutto naturale andare in giro di notte con un’acciuga in mano. E le ciabatte di Pippo e l’impermeabile del tenente Colombo.
«No, è per il mio gatto. È scappato.»
La voce mi esce un po’ stridula, tanto per completare il quadretto. Lui accenna un sorriso, perplesso. Poi mi guarda dall’alto in basso e dal basso in alto, non per alterigia, non per concupirmi, neppure perché affetto da qualche terribile malattia neurologica. Mi guarda dall’alto in basso e ritorno perché è incredulo. Pensa probabilmente che io sia una visione dovuta all’alcol o alla stanchezza o all’erba o a un fenomeno paranormale. In effetti, mi sento un fenomeno paranormale.
Mentre al livello strada tra il dottor Corsi e la sottoscritta si svolge questa peculiare scenetta, Red, quasi fosse in un palco di teatro, con curiosità si sporge dal balcone per osservarci meglio. Bestiaccia. [...]
Nel 2013 esce “Alta Marea a Cape Love” e “Tutta colpa del
vento - e di un cowboy dagli occhi verdi”. Di cosa trattano nello specifico?
“Alta Marea” è una via di mezzo tra un chick lit e un
romance. È ancora narrato in prima persona, dal punto di vista della
protagonista femminile, e si svolge in un pittoresco villaggio sulla costa del
Maine, un posto da cartolina, ma non privo di seri problemi. Lei, Gioia, è una
milanese invitata a Cape Love dalla folle zia Arianna per farle da damigella al
suo quinto (o sesto?) matrimonio. E lì,
naturalmente, su quelle scogliere incredibili, Gioia incontrerà l’uomo della
sua vita, Sean. Ciò che ho più amato costruire in questo romanzo è il
villaggio, vero e proprio protagonista della storia, con le sue vecchiette e le
sue stramberie, una roccaforte contro la modernità che tutto ingoia. Lì vivono
il piccolo Jim, figlio di Sean, con le sue paure di ragazzino insicuro, zia
Arianna, ma anche Paraspifferi (bassotto a pelo ruvido) e Armageddon
(terranova) che ne combinano di tutti i colori.
In quanto al cowboy dagli occhi
verdi…È il romanzo a cui per il momento sono più affezionata e quello che
reputo migliore; si tratta di un romance e non di un chick lit, anche se la
chiave è sempre quella ironica e non mancano molti spunti divertenti. Con
“Tutta colpa del vento” ho cominciato a scrivere in terza persona, cosa che mi
ha permesso di esprimere anche il punto di vista di lui. Anche qui la protagonista, Maggie, è un’italiana che decide di
passare il Natale in Wyoming con la famiglia della sorella, sposata a un
americano e madre di una bambina piccola. Be’,
a parte l’amore fraterno, Maggie ha un altro motivo per viaggiare fino al
ventoso Wyoming: ha quasi 35 anni e vuole un figlio, ma non un padre per il suo
bambino (non ne può più di storie fallimentari!). Perché allora non provare a concepirlo (non in
provetta, ma alla vecchia maniera) con un bel cowboy e poi tornarsene in Italia
(forse) con un cucciolo in grembo? Be’, naturalmente le cose non andranno
secondo i suoi piani. E come potrebbero, quando di mezzo c’è un cowboy
adorabile e con due occhi verdi da togliere il fiato?
Nel 2014 è la volta del romanzo storico “Un amore di fine
secolo”. Come nasce la tua passione per la storia?
La passione per il romance storico ce l’ho dentro, anche da
lettrice. Confesso che ogni tanto immergermi in altri mondi, molto più
romantici dei nostri, mi fa sentire meglio. Ti ho già parlato degli effetti
terapeutici del romance? No? Be’, prova a leggere un buon romance quando sei
giù e capirai di cosa sto parlando. Dunque, dicevo… I primi due romance che ho scritto sono ambientati
in epoca regency (mai stati pubblicati). Però, quando ho pensato per la prima
volta a “Un amore di fine secolo”, mi sono resa conto che gli anni del regency,
per quanto siano i più amati da chi legge gli storici, non erano adatti alla vicenda
che volevo raccontare. Per la mia protagonista avevo bisogno di un periodo storico
e di un luogo ricchi di fermenti culturali e sociali, dove i fatti che stavo
per narrare potessero essere plausibili. Ecco la ragione per la quale ho scelto
la New York del 1898 come background al romanzo. Fare ricerca per “Un amore di
fine secolo” è stato entusiasmante, anche perché in rete si trovano ormai
moltissimi documenti fotografici, splendidi filmati e intere pagine di
quotidiani dell’epoca. Tra una ricerca e l’altra, si è sviluppata così la
storia di Camille Brontee.
È appena uscito il sequel “Un Amore di Inizio
Secolo – La Traversata”. Cosa troveranno i lettori al suo interno?
Si tratta di un romanzo breve (quello che Emma Books
descrive di formato M, medio) che inizia esattamente dove “Un amore di fine
secolo” terminava. Il primo gennaio del 1900, mentre Camille e Frank
festeggiano il nuovo secolo e il loro amore, Ken Benton, l’altro, si imbarca sull’Oceanic II alla volta del Regno Unito, ufficialmente
per motivi di lavoro, in realtà per scordare Camille. “La Traversata” è
l’inizio della storia dedicata a Ken, un personaggio che, durante la stesura
del primo romanzo, mi ha preso la mano, è cresciuto sino a diventare adorabile
(quasi quasi tifavo per lui); e non lo dico solo io, ma anche le lettrici che
subito mi hanno chiesto la sua storia.
Questo prequel si svolge durante i
cinque giorni di traversata sull’Atlantico e racconta l’ incontro di Ken e di
Priscilla. Si ritroveranno a Londra, nel romanzo che seguirà e che, lo dico
subito, non ho ancora cominciato a scrivere.
Perché una saga storica e quali tematiche affronti?
Non so se diventerà proprio una saga, ma una serie storica
lo sarà. Come ti dicevo prima, mi piace il periodo, mi piace l’atmosfera di
grande fermento e novità che si respirava a quei tempi, quasi che la gente
sentisse che il mondo stava per cambiare, anzi, che stava già cambiando. È in
questo mondo che il ruolo della donna comincia a trasformarsi in modo drastico.
La donna va a lavorare negli uffici, si veste in modo più pratico e inizia a discutere,
e non solo negli ambienti più colti, di emancipazione. Le mie protagoniste,
prima Camille e poi Priscilla, sono donne che, all’inizio, forse subiscono l’ emancipazione, perché è la
loro unica via per sopravvivere, ma dopo non possono più farne a meno.
Ne “La
Traversata” e nel romanzo che a questo seguirà, parlo anche di violenza sulle
donne, di divorzio – in un’epoca in cui era ancora considerato scandaloso -, e
di donne che entrano a testa alta in mondi prettamente maschili. Naturalmente
tutto questo farà da sfondo alla storia d’amore che, in un romance, deve essere
sempre il fuoco del racconto.
Hai qualche altro progetto di cui vuoi metterci a parte?
Di progetti ne ho tanti, ma quando riuscirò a metterli in
pratica? Al momento sto scrivendo un contemporaneo, una commedia romantica che
si svolge tra Milano e l’Irlanda e la cui protagonista è una delle femmine folli del “gatto rosso”. Quando uscirà? Ah saperlo,
saperlo!
E’ stato un onore ospitarti nel mio blog. In bocca al lupo!
E’ stato un onore ospitarti nel mio blog. In bocca al lupo!
È stato un onore per me essere tua ospite, Linda, e crepi il lupo (poverino!).
Ti ringrazio moltissimo per le tue domande così puntuali e approfondite e colgo
l’occasione per augurare a te e alle lettrici del tuo blog un felicissimo
Natale e un fantastico 2015. Cielo! Ma ti sembra che siamo già nel 2015?
Per seguire Viviana VIVIANA GIORGI