martedì 7 gennaio 2014

LA TEORIA DEL GRIGIO di Michele Frabetti

Oggi vi parlo di un romanzo che ho piacevolmente scoperto grazie all'omaggio della Faust Edizioni.  Sto parlando de "La teoria del grigio" di Michele Frabetti, che avrò il piacere di ospitare, prossimamente, nel mio blog.





QUARTA: Nell'atmosfera ferrarese dalle ombre cortissime, lontana dai fasti che hanno reso la città nota ai più, il protagonista di questo noir, un tal Mazzoni, reduce della Grande Guerra cela dentro di sé un tremendo segreto, conseguenza di vicende mai dimenticate nonostante i tentativi di ridisegnare un'identità personale nuova e, soprattutto, anonima. In mezzo alla nebbia, alla pioggia, alla neve emergono altri personaggi i cui contorni rendono ancora più tetro e paradossale il contesto storico: l'opportunismo politico di Del Buono, preside di Facoltà; la prepotenza di Attila, squadrista della prima ora; Finetti, coinquilino di Mazzoni.








Il libro si apre con un prologo che risuona di echi poetici in cui le tinte del grigio fanno da sottofondo. Un colore che si ripete con attenta e mai banale metodica: il grigio è nel titolo, grigia è la nebbia che avvolge case e persone. Un grigio che scorre per le vie di una Ferrara ghiacciata e che neppure la tenue luce del sole invernale riesce a smorzarne.

Il protagonista è Arturo Mazzoni, un reduce del primo conflitto mondiale che tenta di riprendere in mano la sua vita nella fredda Ferrara. Vive in un condominio, frequenta l'università e intesse una relazione con Jole, la proprietaria di un bar. Ma le ferite del fronte non sono facili da lenire, ancora meno da dimenticare. Le vie della sua città non sono più le stesse, ombre si annidano negli anfratti, tra le pietre grigie ricoperte dalla neve; occhi spiano nel buio e individui poco rassicuranti seguono ogni suo spostamento, pronti ad entrare in azione.









'Ogni cosa si era spostata. Le pietre che prima lo baciavano nel suo passeggiare, ora lo ferivano con spigoli pieni di rancore. Si sentiva in procinto di essere espulso per sempre dalla città.'









Frabetti ci presenta un protagonista non convenzionale. Non siamo di fronte al solito eroe in uniforme, ma a un'anima consunta dalla guerra che, malgrado l'amore, malgrado la sopravvivenza, è annebbiata e, forse, non riuscirà più a mettere a fuoco dignità e identità.
La storia si svolge nella mia amata Ferrara, questa città ci viene descritta con minuzia di particolari che conquistano e coinvolgono il lettore. Attraverso le pagine di Frabetti ci ritroviamo a camminare all'interno dell'incantevole Duomo, tra le viuzze dai mattoni rossi, osserviamo i ciottoli della piazza e, allo stesso tempo, osserviamo l'istantanea di una città come non la ricordiamo. Per le strade si respira un clima di silenzio e omertà,il freddo dell'inverno gela il sangue e gli animi dei cittadini che tentano di dimenticare gli orrori della guerra con pennellate di colore stantìo che fallisce nell'intento.


Uno degli aspetti che ho più apprezzato sono i flash-back del protagonista sulla vita in trincea. Ci ritroviamo inseriti in un contesto di cui, forse, pochi ricordano. Il conflitto della prima guerra mondiale è spesso sfumato dagli orrori della seconda, ma è una pagina di storia fondamentale che non dovremmo mai scordare.
Nelle trincee domina lo stesso grigio della città di Ferrara: grigio come le divise dei soldati, come la melma in cui affondano i piedi, come il fango che imbratta i corpi sensa vita sul campo, grigio come il fumo che accompagna il fuoco delle baionette, grigio come il futuro che attende i reduci.
 







'Non so da quanto tempo non mi riesce di guardare, magari in piedi verso l'orizzonte, senza la sensazione di essere nel mirino di qualcuno. Mi mancano i panorami, sono abituato alle brevi distanze della trincea che vengono interrotte dalle rapide corse vero la morte.'








I capitoli presentano un tratto particolare e inconsueto che mi ha ricordato i romanzi d'autore, ogni capitolo è dotato di un breve sunto all'inizo, una sorta di titolo che sintetizza ciò che troveremo al suo interno.

I temi che dominano lo scritto sono: la solitudine, la paura, l' identità, gli orrori della guerra e dell'omertà, la politica del fascismo e l'animo umano con i suoi chiaro-scuri.
Ogni pagina aggiunge una nuova tessera del puzzle e, quello che può sembrare a prima vista, un comune romanzo del dopo-guerra acquista sfumature che sfociano nel 'noir'. 



 'Aveva assistito a tutto quell'ostentare di teschi e camicie nere che avevano invaso piazze e giornali, aveva ascoltato i discorsi fatti da qualche fascista locale assetato di potere, ne aveva visto i bastoni non immaginari dietro la schiena. Parecchi poveracci erano usciti dalle trincee, di guerra e urbane, pesando di trovarci finalmente un'identità. Faceva simpatia a molti il fascio. In definitiva, a dispetto della guerra che era appena finita, pareva davvero che tutti odiasero quella pace che era costata così tanto. Della vittoria, già dopo qualche mese, importava a pochi.'



"La teoria del grigio" è un romanzo che ci mette di fronte alla natura dell'uomo e alle sue debolezze, ci fa riflettere sul significato della sopravvivenza e di come questa possa essere premio o condanna, causa  e conseguenza irreverisibile di una fine interiore ben più grave della morte stessa.

La scrittura risuona di poesia e realismo. La nostalgia è una componenete essenziale del romanzo e mi ha risvegliato molte sensazioni che credevo dimenticate.
Lo consiglio a chi ama le storie con quest'ambientazione ma anche a chi è ferrarese come me, a chi vuole riscoprire una città e il suo passato. Un passato senza tenologia e media, un passato dove i pomeriggi si trascorrevano nel pazzale di una chiesa a rincorrere una palla o seduti al bar, a guardare i pochi passanti transitare bevendo un bicchiere di vino.

'In questa parte di pianura, tra le colline basse e afose della Romagna e il mare stagnante, non esistono colori netti e si lasciano desiderare pure il bianco e il nero.'







3 commenti:

  1. Grazie Linda per le tue belle parole che sono un valore che si aggiunge a quel che ho raccontato nel romanzo e che colgono sia il mio rapporto con Ferrara che la volontà di inserirla in un contesto storico nel quale forse si sono sottolineate ancor di più le sue caratteristiche di terra e luogo di mezzo. Non vivo più a Ferrara ma non mi manca perché me ne porto sempre dentro le sensazioni e i sentimenti che mi suscita perché, almeno in quello, Ferrara non è una città banale, quando la si ama ti si rompe qualcosa per sempre. Nascere a Ferrara significa confrontarsi con una città che ha gli spazi, le dimensioni e la bellezza di una capitale che –però- ha perso la memoria di quando e perchè successe. Il pallido sciovinismo di noi ferraresi è annacquato dagli anni di stenti, luci e meschinità storiche che l’hanno collocata in quella frontiera interna della val padana, lontana dalla via emilia e lontana dal miracolo ormai sfumato del nord est. La guerra non è e non può essere taciuta, anche se non è -per noi baciati dalla fortuna- la quotidianità, non si può narrare il nostro territorio non ricordando le tragedie e gli eventi che ne hanno condizionato la crescita e i sentimenti, amore incluso.
    Un forte ringraziamento ancora!
    Michele Frabetti

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    1. Grazie a te Michele per un così bel romanzo, l'ho divorato :)

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