Oggi vi propongo il romanzo "Tempo imperfetto" di Laura Pellegrini che, prossimamente, avrò il piacere di ospitare nel mio blog.
Ma andiamo a conoscerlo più da vicino.
SINOSSI: Flavia è una giovane donna di 22 anni. Vive a Roma ed è una
studentessa divisa fra gli studi universitari e il lavoro serale in un Pub.
Nella sua vita, così organizzata, sembrerebbe non esserci posto per l’amore, ma
l’incontro con un uomo, proveniente da un ambiente del tutto diverso dal suo,
le sconvolgerà l’esistenza. Nasce una passione che porterà i due a vivere una
storia tormentata, in una sequenza di colpi di scena fra l’Italia e
l’Inghilterra. Con uno stile incalzante e coinvolgente, l’autrice ci descrive
il delicato momento di un’età immatura, fatta di leggerezza,
rivendicazioni e voglia di affermare se
stessa, ma allo stesso tempo fatta anche
di dubbi, di paure, di scelte laceranti. Nel racconto si muovono molti
personaggi che avranno un ruolo cruciale nelle decisioni di Flavia e che creano
tensioni e sorprese continue nello sviluppo della trama. Viaggi, passioni,
tradimenti, litigi, terranno il lettore inchiodato alle pagine fino
all’inaspettato finale.
Eccovene un assaggio!
[...] Lo osservò di sottecchi mentre lui era impegnato a cercare Andrea tra la folla, chiedendosi se il proprio allontanamento, poteva aver influito in qualche modo in quei cambiamenti ma probabilmente non era così. Marco non era il tipo da farsi travolgere dagli eventi. Lui era come la roccia nella corrente del fiume, stabile, solido ed inamovibile. Osservava la gente distrattamente, bevendo di tanto in tanto dalla bottiglia con quel modo sicuro di chi sa ciò che vuole e di chi sa ciò che è. Lei invece non sapeva più darsi una collocazione nemmeno nel misero mondo che la circondava. Era la foglia, che sospinta dal vento, si posa dove il caso decide.
“Ora sei tu che mi guardi strano” disse Marco con un mezzo sorriso.
“Io non ti giudico però.”
“Nemmeno io.”
“Si invece.”
“Di solito sei tu quella che salti alle conclusioni, proprio come in questo caso.”
Si guardarono a lungo senza parlare.
“Mi dispiace” disse poi lei rompendo quel silenzio.
“Lo hai già detto.”
“A volte mi piace ripetermi.”
“Scuse accettate.”
“Significa che non sono più snob?”
“Quello lo sei sempre ma in fondo è una delle cose che mi piace di te” disse lui, guardando verso la riva del mare.
“Eccoli li” esclamò poi, cambiando discorso.
“Chi?”
“Andrea e Martina. Sono laggiù sulla riva” disse, allungando un braccio verso la loro direzione.
“Non li vedo.”
“Proprio lì, accanto a quel pattino.”
Si accostò a lei. Flavia si appoggiò alla sua spalla per seguire la direzione del braccio allungato in avanti.
“Li ho visti” disse piano senza scostarsi.
Abbassando il braccio Marco si voltò. Lei rimase a guardarlo, sentendo il suo respiro sul proprio viso. In quel momento desiderò baciarlo con tutta sé stessa, ma rimase lì, intorpidita dal calore magnifico che il suo corpo emanava e che le penetrava nella pelle, scaldandole quel pezzo di cuore che David aveva brutalmente congelato. Lui avrebbe potuto essere la sicurezza che le serviva, il centro in un mondo ormai capovolto. Avrebbe potuto essere la cura per quel dolore devastante, il rifugio sicuro dove potersi nascondere ma ciò avrebbe comportato mentirgli.
Si allontanò da lui lentamente con gli occhi fissi su un punto lontano, sforzandosi di non parlare e di non guardarlo. Non avrebbe sopportato vedere di nuovo nei suoi occhi l'ennesima delusione.
“Si è fatto tardi, io me ne vado” disse lui come leggendole nel pensiero.
“Va bene.”
“Cosa pensi di fare?”
“Chiamerò un taxi.”
“Se vuoi ti accompagno.”
“No, non ti preoccupare, poi sei in moto e io non ho il casco.”
“Il proprietario del bar è un mio amico motociclista. Non avrà problemi a prestartene uno.”
“Non voglio disturbarti, Marco.”
Lui sospirò.
“Fai come credi. Buona notte, Flavia.”
Si alzò, incamminandosi verso la strada a passi sicuri senza voltarsi.
Lo vide attraversare, prendere le chiavi ed inchinarsi per togliere il blocca ruota. Si girò verso la spiaggia. Martina, in lontananza, era abbracciata ad Andrea e tutto faceva presagire all’inizio di una storia. Un sorriso le curvò le labbra all’insù. Era felice per lei, senza alcuna invidia, anche se nel profondo desiderò provare la stessa spensieratezza. Alle sue spalle sentì il motore della moto di Marco sgassare. Si girò di scatto serrando i pugni. Lo vide salire in sella e tirare fuori dalla tasca il telefono. Scrisse qualcosa e lo ripose. Poco dopo sentì squillare il proprio cellulare. Sullo schermo un messaggio lampeggiava . Lo aprì.
Marco - Hai due minuti per pensarci dopo di che me ne andrò.
Sorrise. Le venne in mente il giorno alla piazzola di sosta e alla giornata che si sarebbe persa se non fosse salita in moto dietro di lui. Scrisse di getto.
Flavia - Ci ho pensato.
Marco - Bene perché ti sono rimasti solo cinquanta secondi.
Flavia - Il taxi non fa per me.
Marco - Non ne dubitavo.
Flavia - C’è un “ma”.
Marco - Quale?
Flavia - Non portarmi a casa.
Lo vide voltarsi verso di lei da lontano. Il casco sul serbatoio, i gomiti poggiati sopra, le gambe divaricate ed il vento che gli scompigliava i capelli. Era bello da morire e la guardava. Si chiese come fosse possibile che due uomini con Marco e David, così diversi tra di loro, provassero entrambi interesse nei propri confronti. Si sistemo la maglietta e lentamente cominciò ad avvicinarsi a lui. Marco la fissava con uno sguardo che lasciava poco ad intendere. Lesse nei suoi occhi ardore misto a tenerezza. Quando fu di fronte a lui, gli sfiorò la gamba con una mano. Lui socchiuse leggermente gli occhi e schiarendosi la voce disse,
“E dove vorresti andare?”
“Ovunque” rispose Flavia di getto.
A lei bastava abbracciarlo, respirare il suo profumo e scaldarsi con il suo calore come fosse una lucertola affamata di sole, affamata di lui. Gli toccò nuovamente la gamba con un dito e lui abbassò gli occhi per seguire quel movimento in apparenza involontario.
“Sempre se non sei stanco” disse poi lei.
Lui non rispose. Mise il cavalletto e scese dalla moto. Si avvicinò a grandi falcate al bar, parlottò con un ragazzo un grassoccio e tornò in dietro con un casco.
“Tieni” disse “e per la cronaca, io non sono stanco.” [...]
“Ora sei tu che mi guardi strano” disse Marco con un mezzo sorriso.
“Io non ti giudico però.”
“Nemmeno io.”
“Si invece.”
“Di solito sei tu quella che salti alle conclusioni, proprio come in questo caso.”
Si guardarono a lungo senza parlare.
“Mi dispiace” disse poi lei rompendo quel silenzio.
“Lo hai già detto.”
“A volte mi piace ripetermi.”
“Scuse accettate.”
“Significa che non sono più snob?”
“Quello lo sei sempre ma in fondo è una delle cose che mi piace di te” disse lui, guardando verso la riva del mare.
“Eccoli li” esclamò poi, cambiando discorso.
“Chi?”
“Andrea e Martina. Sono laggiù sulla riva” disse, allungando un braccio verso la loro direzione.
“Non li vedo.”
“Proprio lì, accanto a quel pattino.”
Si accostò a lei. Flavia si appoggiò alla sua spalla per seguire la direzione del braccio allungato in avanti.
“Li ho visti” disse piano senza scostarsi.
Abbassando il braccio Marco si voltò. Lei rimase a guardarlo, sentendo il suo respiro sul proprio viso. In quel momento desiderò baciarlo con tutta sé stessa, ma rimase lì, intorpidita dal calore magnifico che il suo corpo emanava e che le penetrava nella pelle, scaldandole quel pezzo di cuore che David aveva brutalmente congelato. Lui avrebbe potuto essere la sicurezza che le serviva, il centro in un mondo ormai capovolto. Avrebbe potuto essere la cura per quel dolore devastante, il rifugio sicuro dove potersi nascondere ma ciò avrebbe comportato mentirgli.
Si allontanò da lui lentamente con gli occhi fissi su un punto lontano, sforzandosi di non parlare e di non guardarlo. Non avrebbe sopportato vedere di nuovo nei suoi occhi l'ennesima delusione.
“Si è fatto tardi, io me ne vado” disse lui come leggendole nel pensiero.
“Va bene.”
“Cosa pensi di fare?”
“Chiamerò un taxi.”
“Se vuoi ti accompagno.”
“No, non ti preoccupare, poi sei in moto e io non ho il casco.”
“Il proprietario del bar è un mio amico motociclista. Non avrà problemi a prestartene uno.”
“Non voglio disturbarti, Marco.”
Lui sospirò.
“Fai come credi. Buona notte, Flavia.”
Si alzò, incamminandosi verso la strada a passi sicuri senza voltarsi.
Lo vide attraversare, prendere le chiavi ed inchinarsi per togliere il blocca ruota. Si girò verso la spiaggia. Martina, in lontananza, era abbracciata ad Andrea e tutto faceva presagire all’inizio di una storia. Un sorriso le curvò le labbra all’insù. Era felice per lei, senza alcuna invidia, anche se nel profondo desiderò provare la stessa spensieratezza. Alle sue spalle sentì il motore della moto di Marco sgassare. Si girò di scatto serrando i pugni. Lo vide salire in sella e tirare fuori dalla tasca il telefono. Scrisse qualcosa e lo ripose. Poco dopo sentì squillare il proprio cellulare. Sullo schermo un messaggio lampeggiava . Lo aprì.
Marco - Hai due minuti per pensarci dopo di che me ne andrò.
Sorrise. Le venne in mente il giorno alla piazzola di sosta e alla giornata che si sarebbe persa se non fosse salita in moto dietro di lui. Scrisse di getto.
Flavia - Ci ho pensato.
Marco - Bene perché ti sono rimasti solo cinquanta secondi.
Flavia - Il taxi non fa per me.
Marco - Non ne dubitavo.
Flavia - C’è un “ma”.
Marco - Quale?
Flavia - Non portarmi a casa.
Lo vide voltarsi verso di lei da lontano. Il casco sul serbatoio, i gomiti poggiati sopra, le gambe divaricate ed il vento che gli scompigliava i capelli. Era bello da morire e la guardava. Si chiese come fosse possibile che due uomini con Marco e David, così diversi tra di loro, provassero entrambi interesse nei propri confronti. Si sistemo la maglietta e lentamente cominciò ad avvicinarsi a lui. Marco la fissava con uno sguardo che lasciava poco ad intendere. Lesse nei suoi occhi ardore misto a tenerezza. Quando fu di fronte a lui, gli sfiorò la gamba con una mano. Lui socchiuse leggermente gli occhi e schiarendosi la voce disse,
“E dove vorresti andare?”
“Ovunque” rispose Flavia di getto.
A lei bastava abbracciarlo, respirare il suo profumo e scaldarsi con il suo calore come fosse una lucertola affamata di sole, affamata di lui. Gli toccò nuovamente la gamba con un dito e lui abbassò gli occhi per seguire quel movimento in apparenza involontario.
“Sempre se non sei stanco” disse poi lei.
Lui non rispose. Mise il cavalletto e scese dalla moto. Si avvicinò a grandi falcate al bar, parlottò con un ragazzo un grassoccio e tornò in dietro con un casco.
“Tieni” disse “e per la cronaca, io non sono stanco.” [...]
L'AUTRICE: Sono nata un giorno di inverno nel 1977 e forse proprio per
questo adoro il freddo pungente e le mattine di gennaio.
All’età di sei anni, osservando una ragazza che dipingeva
una tela con delle tempere, rimasi folgorata tanto da correre da mia madre per
comunicarle cosa avrei fatto nella vita. Mia madre, dal canto suo, non si
sorprese affatto, poiché lei stessa, lavorando nel mondo dell’arte mi portava
con sé nei musei. Il mio gioco preferito, infatti era quello di correre nei
lunghi corridoi pieni di quadri e giocare a nascondino con i restauratori. Ho
studiato arte sia a liceo che all’università, ma benché me la cavassi
abbastanza bene, non sono diventata un’artista.
Non mi sono mai specializzata in un linguaggio ben preciso. Ho
sempre lasciato che i miei pensieri si esprimessero attraverso strumenti
diversi, come la fotografia, la decorazione e la scrittura. Tra tutte però,
scrivere mi ha sempre dato maggior soddisfazione. Ho scritto tante poesie che
raccoglievo in un blog e, successivamente, in un sito tenuto da diversi autori.
Mi sono cimentata nella scrittura dei romanzi da pochissimo tempo. E’ nato
tutto quasi per gioco, parlando con una mia amica. Un giorno mi ha raccontato
delle vicissitudini che aveva vissuto in passato e da lì la mia mente ha
cominciato a partorire quello che sarebbe stato il mio primo romanzo: "Tempo
Imperfetto".
La gioia e la soddisfazione che ho provato nello scriverlo,
mi ha dato la voglia di continuare con il secondo, che sarà l’epilogo della
storia.
Oggi sono una mamma e una donna che lavora nel settore delle
comunicazioni e nonostante gli impegni quotidiani, attraverso la bellezza di
una musica o di un quadro o la trama di un libro, analizzo me stessa, e cerco
ciò che in fondo cercano tutti, la mia essenza.
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