lunedì 26 ottobre 2015

INTERVISTA A SONIA SCARPANTE


Ciao Sonia, benvenuta nel mio blog. Raccontaci qualcosa di te. 

 Mi chiamo Sonia Scarpante, sono nata nel 1958. Dopo aver conseguito la maturità scientifica mi sono laureata in Architettura al Politecnico di Milano e successivamente specializzata in Design e Architettura d'interni (IED). Nel 2003, dopo una malattia oncologica, ho pubblicato il primo libro "Lettere ad un interlocutore reale. Il mio senso" a cui ha fatto seguito "Mi sto aiutando" con prefazione di U.Veronesi e "Un fiore nella mia anima" con prefazione di Saverio Cinieri. 
Sono presidente dell’Associazione “ La cura di sé” , collaboro con riviste di tipo sociologico e partecipo a convegni nazionali sul tema della cura e della scrittura come Cura di sé, oltre ad occuparmi di formazione come Counselor Trainer e come docente di corsi di scrittura terapeutica presso enti culturali diversi e strutture sanitarie. Con l’Associazione Culturale “Le Griots”, gruppo teatrale di donne che hanno vissuto l’esperienza del cancro, ho partecipato a progetti con cui poter perseguire finalità culturali e di sostegno ai malati, facendo espresso riferimento alla narrazione delle proprie esperienze.

Il diploma al Liceo Scientifico, la laurea in Architettura e la specializzazione in Design e Architettura d'interni. Dove trovi il tempo per scrivere?

Il mio tempo è cambiato dopo il periodo della malattia, prima esercitavo come Architetto, poi, invece, dopo l’intervento di mastectomia ed esattamente pochi giorni dopo l’intervento ho iniziato a scrivere. Grazie alla scrittura ho imparato a confrontarmi con la faccia poliedrica di ciò che ognuno di noi chiama il suo “ se stesso”; ho imparato a recuperare un certo senso di me stessa; ho imparato a leggere le mie emozioni più profonde, traducendole in parola e senza averne timore. Merito della scrittura se sono riuscita a spogliarmi per liberarmi dalle zavorre che a lungo mi hanno impedito di accettare con serenità me stessa, la vita concreta intorno a me e i suoi delicati e precari equilibri.


In passato hai fatto parte dell’Associazione Culturale "Le Griots", un gruppo teatrale di donne che hanno vissuto l’esperienza del cancro e hai partecipato a diversi Convegni sulla salute in qualità di scrittrice e studiosa. Perché questa tua scelta lodevole?

La mia avventura nella scrittura terapeutica, in questo viaggio dove la parola è scritta, sussurrata, detta e ascoltata per far bene prima all’anima e poi al corpo, è iniziata alcuni anni fa, oramai – 2007- , con un gruppo di dieci donne. L’esperienza comune della sofferenza, della patologia come comun denominatore, è stata la “causa” dell ‘incontro: insieme imparammo ad attraversare il dolore, a rielaborarlo per oltrepassarlo, con la precisa finalità di giungere ad una nuova e più equilibrata percezione di me e del noi. Insieme fu possibile immaginare e credere nel futuro, in un domani, se non migliore, più equilibrato e più a portata di mano.
Le testimonianze autobiografiche di allora divennero, ben presto, sceneggiatura. E nell’esperienza teatrale, catartica e terapeutica quanto la scrittura, io e le altri autrici ci siamo trasformate in attrici e il nostro messaggio, scaturito dalla solitudine della malattia, allora germogliò in un innovativo atto di comunicazione: corale, di coraggio, consapevole, di cura, di speranza, di forza, di reazione, da far giungere a tutte le altre, a quelle e a quelli per i quali la malattia e la sofferenza erano e sono ancora “ storie” in cerca di una voce che sappia ascoltarle e narrarle. Grazie a 'E ancora danzo la vita', questo il titolo dello spettacolo, io e le mie compagne-amiche siamo salite sui palchi teatrali di diverse città, coronando il nostro viaggio-avventura nella città di Budapest il 4 novembre 2008 nel Congresso Mondiale sull’Educazione Terapeutica, dove, appagate e incredule, giungemmo per inaugurarvi il primo convegno mondiale di educazione terapeutica.


Sei presidente dell’Associazione ‘La cura di sé’. Di cosa si tratta?

'La cura di sè' promuove attività sociali e sanitarie rivolte a persone con disturbi psichici e fisici invalidanti ed ai loro familiari allo scopo di migliorare la qualità di vita.
L'associazione crea opportunità di conoscenza di se stessi all'interno di gruppi formativi e fornisce supporto psicologico per la gestione delle emozioni legate all' esperienza di malattia.
L'associazione organizza corsi di scrittura terapeutica, gruppi di lettura e narrazione, convegni e servizi di psicologia e progetti di medicina integrata all'interno di strutture pubbliche e private.


Nel 2003, esordisci con la tua autobiografia “Lettere ad un interlocutore reale. Il mio senso”. Parlaci di questa importante opera e del suo valore terapeutico.

L’opera "Lettere ad un interlocutore reale. Il mio senso" è stata scritta nel 1998, essa, è la redazione minuziosa di un’esperienza personale, allora autenticamente sentita e sofferta, in cui la scrittura ha stimolato l’auto-analisi, facendo affiorare riflessioni di grande interesse cognitivo-emotivo.
Attraverso la narrazione autobiografica ho imparato, fin da allora, a sanare le relazioni affettive, a sciogliere pericolosi nodi esistenziali, a rivelare e a risolvere sensi di colpa, a riconciliarmi con quelle spinte interiori che sin da ragazza mi bussavano dentro inascoltate, e che solo da adulta, dopo un delicato intervento chirurgico, ho saputo accogliere e valorizzare. Grazie alla scrittura terapeutica, gli urgenti interrogativi posti senza preavviso dalla mia malattia, sono stati classificati, sviscerati e imbrigliati affinchè non minassero alla base il mio delicato equilibrio psico-fisico e la nuova consapevolezza sulla loro reale identità mi regalasse le premesse per un’esistenza nuova.


Seguono “Mi sto aiutando” con la prefazione del Prof. U. Veronesi e “Un fiore nella mia anima” con la prefazione del Dott. Cinieri. Parlacene.

La Presidente di allora dell' Associazione Sottovoce che fa riferimento allo IEO mi aveva chiesto di pensare per la già allora fertile biblioteca, composta di libri esperienziali su malattie oncologiche, uno scritto che abbracciasse il periodo della mia malattia. Non potevo che dare un titolo a quella testimonianza per come percepivo ciò che quello scritto avrebbe dovuto essere: "Mi sto aiutando", perché il lavoro su di me procedeva e sentivo che scalavo successivi gradini aiutandomi in tutti i modi a emergere nella mia unicità.
Un incontro con una cara amica con cui sono cresciuta sin dalla tenera età, poi, ha dato nuovo stimolo alla mia scrittura. Questa amica mi aveva chiesto, dopo aver letto i miei primi libri, una condivisione e un approccio solidale alla scrittura terapeutica, suggerendomi di provare, noi due, ad affrontare insieme il suo “ tragitto vitae”. E’ stata un’esperienza ricca e travolgente: percepivo assonanze comuni, comunanze che ci obbligavano entrambe a una maggior trasparenza. La malattia pone sempre a tutti gli stessi interrogativi; obbliga a una sosta meditativa dove urge tirare fuori da sé le difficoltà, le incongruenze che si attaccano addosso negli anni, quelle affettività malate e quei sensi di colpa irrisolti che marcano il corpo attraverso segni tangibili. E’ nato così, da quell’esperienza comune, un terzo libro "Un fiore nella mia anima", un altro passo importante del mio percorso terapeutico.


Nel settembre 2008 esce l’antologia di racconti “All'ombra del Vesuvio” che possiamo definire un’opera etica. Perché?

Possiamo definire “ All’ombra del Vesuvio” un’opera etica per i valori che emergono dal confronto con la lettura. Credo che alcuni testi ci aiutino, più di altri, ad esplorare, con gradualità e metodo, la complessità del nostro mondo interiore, invitandoci a non fermarci alla superficie delle cose, a superare, con determinazione i limiti pregiudiziali o parzialmente/totalmente errati della nostra visione. I racconti che fanno riferimento a quest’opera, a mio avviso rientrano in questo affascinante filone auto-conoscitivo, dove concetti come coerenza, autenticità, intento alla speranza, approfondimento interiore si trasformano in nuova coscienza di sé e in nuova pratica di vita.


Torni in libreria successivamente con le sillogi “Tracce” e “Le dimensioni perdute” . Cosa rappresenta per te la poesia?

Sempre per quel senso che iniziava a darmi nutrimento, iniziai ad abbracciare il desiderio di un’ulteriore pubblicazione anche per le tante poesie che avevo scritto e che sentivo importante esternare e condividere, ampliandole di nuove melodie, con quella sensazione di intimità che sapeva portarmi via, oltre i miei limiti.
Sono riuscita cosi a realizzare due raccolte di poesie di cui la prima "Tracce" ripescava fra le orme della memoria, per preparare il terreno del presente, mentre la seconda, seguita circa un anno dopo "Le dimensioni perdute" alludeva all’interiorità che negli anni delle fatiche e dei dolori avevo oscurato senza accorgermene. Nuove poesie liberavano la loro forza e riscoprivo il desiderio di lasciarmi cullare da esse e da quella natura di cui la poesia si nutre e che sa saziarmi nelle sue ampie possibilità.


Nel luglio 2010 esce il saggio “Non avere paura. Conoscersi per curarsi”. Daccene un assaggio.

Questo testo nasce da un’esigenza profonda, dal desiderio di parlare a tutte le persone che hanno fatto il percorso della malattia, ma anche a quelle che lo intraprendono oggi.
Attraverso questo saggio intendo comunicare quanto sia importante comunicarci una nuova lettura della malattia; saper leggere sfumature che abbraccino la nostra interiorità, dare maggiori possibilità alla nostra mente affinché contribuisca con le sue immense risorse al risanamento; affrontare il cancro attraverso nuovi interrogativi, per superare quella paura che attanaglia le nostre grandi energie. Ci dobbiamo sedere di fronte a quella paura e imparare a parlarle. Quando dico “ parlarle” intendo proprio questo: “ usare delle parole per conoscerla”. La malattia ci rivolge nuove domande e noi dobbiamo essere pronti senza temere.
Ci sono diversi percorsi e sta a noi scegliere quello a noi più confacente per aiutarci. I mezzi terapeutici e legati alla creatività sono molteplici e aiutano in questo lavoro interiore. In questo testo parlo anche di strumenti terapeutici e la scrittura è uno di questi.


Nel 2012 esce “La storia di Maura” e, nel 2013, “La scrittura terapeutica” che si avvale della prefazione del primario di oncologia: Sergio Fava, con le riflessioni in quarta copertina del grande psichiatra Eugenio Borgna. Possiamo definirti un esempio di come un’esperienza negativa e terribile come un cancro, a volte, possa essere utilizzata per cambiare e aiutare i nostri simili?

Testimonianze come quella di Maura ci raccontano quasi di un’insolvenza di parte dell’interiorità; dell’accumulo eccessivo di sentimenti negativi come la collera, la rabbia, il senso di colpa, l’odio, ancora: di affettività che hanno “ ingabbiato” i sentimenti non lasciando libera la persona di esprimere la sua unicità; potrei aggiungere: il male, anche fisico, spesso è originato da grossi traumi subiti e mai liberati, dal peso massiccio della loro “ consistenza”; da lutti o tradimenti non metabolizzati; da ingiustizie umane mai superate nel corso degli anni.
L’esperienza vissuta e in alcuni casi scritta in riferimento a testimoni diretti, mi ha reso ancora più tenace nel perseguire la strada intrapresa, tanto da indurmi a realizzare nel pieno le mie possibilità. Desidero far crescere questi progetti, dare loro la forma migliore, perché c’è sempre un senso sacro che dobbiamo alle testimonianze, alla memoria che ci appartiene e che dobbiamo imparare a rivalutare come contenitore da cui attingere per funzione valoriale.
Sono stata “ allieva” del cancro: come ho scritto nel mio testo. Se riusciamo a farci cogliere dalla vastità della conoscenza e dalla curiosità verso la vita, anche nella malattia possiamo imparare a leggere “ altro”. Essa può condurci verso un nuovo “ sé” e in questo tragitto alcuni strumenti legati alla creatività e all’interiorità possono aiutare a dilatare i confini.


Nel luglio 2015, esce la raccolta di racconti “Aurora”, scritta a quattro mani con Maria Marzano. Cosa troveranno i lettori al suo interno?

Ogni racconto è una storia a sé. Il racconto di Annina ci insegna che la buona volontà e l’accettazione dei problemi portano ad una risoluzione. Che anche dalle “ brutture” delle guerre può nascere un’amicizia solidale fra uomini diversi ma molti simili per intenti.
Aurora parla di rinascita , della fatica degli uomini di voler andare avanti per emanciparsi. Emerge la fatica, di allora, di un inserimento italiano in territorio straniero. Temi molto attuali, oggi. Il prezzo alto che hanno dovuto pagare alcuni italiani in terra straniera e il senso di nostalgia che animava la loro vita rendendoli più forti.
I racconti comunque hanno sempre una visione positiva della vita pur nella sofferenza e nelle fragilità individuali.
Si parla di Amicizia, dove una vecchia donna ritrova se stessa attraverso l’amicizia di una giovane ragazza.
Si parla di volontà e di perseveranza quando incontriamo la figura di Piccirillo, un ragazzo che ama molto la vita e non ha fretta di viverla per paura di bruciarla. Ci insegna anche quanto il rispetto per se stessi sia elemento fondante e di arricchimento per altri.
Salvo ci insegna dove possano condurre sentimenti legati all’onestà e alla lealtà, quanto possano costruire intorno a noi se perseguiti con amore e tenacia.
In tutte queste storie prevale un sentimento di delicatezza dove la vita si percepisce come dono e dove ognuno di noi si può dare da fare per renderla migliore. 




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Quali tematiche contiene e quale messaggio avete voluto trasmettere?

I temi sono quelli dell’amore, dell’amicizia e del rispetto per se stessi. Ma soprattutto emerge la dignità del singolo perché lasciarsi alle spalle il guado che separa questa terra di mezzo dalla terra desiderata, benché temuta, vivere l’esperienza di questo cammino, fortificherà il nostro carattere, ci renderà più intraprendenti o altruisti, esperti nel riconoscere gli ostacoli da raggirare. Ridare all’esistenza un nuovo senso, ma questa volta intimo, sinceramente nostro, frutto delle nostre sofferte riflessioni, ci restituirà dignità, spessore etico, padronanza interiore: l’essenziale per una vita gratificante e aperta agli altri.
Si parla di rinascita, di catarsi, di cambiamento e di coscienza in un’esistenza che tende sempre ad un’evoluzione senza temere la caduta, la fatica.


Qual è stato l’input per questa raccolta?

I racconti nascono da una voce narrante che è dentro di noi. A volte è importante cullare quella parte interiore e darle luce, forma. La scrittura ci aiuta a dare una forma, un contenuto al nostro intuire, al nostro errare fra cadute e rinascite. Sono racconti di fantasia ma ancorati saldamente ad una realtà anche molto vicina a noi, storie di vita pregnanti di senso e di riscoperta dell’umano sentire. Un racconto umanista che ci porta oltre, che ci vuole insegnare quanto la nostra vita possa andare oltre il nostro conoscibile, fino a trascenderci. Sono storie di vita che forse inventiamo ma che poi rilette entrano saldamente nella nostra vita spronandoci a vedere oltre. Un’intuizione che porta lontano e che ci restituisce a noi stessi.


Hai qualche altro progetto in cantiere?

Progetti tanti. Legati alla scrittura ma anche alla condivisione di una scrittura che può divenire canto corale, musica poetica. Un lavoro di gruppo che stempera davanti a noi mondi reali appaganti. I miei lavori di gruppo con la scrittura non sono forse quello? Un canto corale. Da cui ognuno di noi può imparare veramente molto. 


È stato un grande onore ospitarti nel mio blog. In bocca al lupo per tutto.

Per seguire Sonia  LA CURA DI SE' - CONOSCERSI PER CURARSI

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