lunedì 5 febbraio 2018

INTERVISTA A CORALBA CAPUANI


Ciao Coralba, bentornata nel mio blog. Raccontaci qualcosa di te.

Ciao Linda, prima di tutto grazie per l’ospitalità. Cosa posso dire di me che non sappiate già? Sono abruzzese, di Nereto (Te), per la precisione, e lo dico con orgoglio.
Sono una gattara dichiarata, la mia famiglia felina nell’ultimo anno è raddoppiata a causa di una gatta dai modi un po’ libertini e di un gatto che non si è fatto ripetere l’invito due volte, perciò attualmente siamo a quota 13! Ne approfitto per lanciare un appello a tutti i gatti randagi del circondario: si prega di bussare altrove perché l’hotel è al completo per almeno una ventina d’anni!!!

La laurea in Lingue e Letterature Straniere e il Corso di giornalismo e comunicazione web. Quando si è accesa in te la scintilla della scrittura?

In realtà c’è sempre stata, nel senso che anche da piccola, giocando, quando mi era possibile inventavo storie che poi raccontavo ai miei compagni di giochi. Oppure mi capitava di scrivere poesie, brevi racconti ecc., ai quali però non ho mai dato seguito. Questo è andato avanti fino all’adolescenza, poi c’è stata una battuta di arresto, non so se alla base ci sia stato un motivo specifico oppure se sia successo per caso, comunque ho rincominciato a sentire l’esigenza di esprimermi attraverso la parola scritta durante la stesura della mia tesi di laurea, vuoi perché il romanzo che analizzavo nella tesi mi ha fatto comprendere il modo in cui avrei voluto scrivere le mie storie, vuoi perché mi piaceva proprio l’idea di svegliarmi e correre a scrivere la tesi che affrontavo come una sfida sempre intrigante. Da lì diciamo è iniziata la scintilla, poi però ci ho messo altri anni per passare dalla fase “scribacchina” alla fase di “scrittora”, come mi piace definirmi, vale a dire da una fase in cui non possedevo una tecnica e scrivevo quando ne avevo voglia a una fase più articolata e organizzata.

Gestisci, assieme a Monica Bauletti, il blog Letterando. Di cosa si occupa nello specifico?

Letterando è uno spazio libero in cui io e la mia socia “gemella”, anche e forse soprattutto per ragioni astrologiche, sperimentiamo le mille idee che ci balzano in testa. Non solo pubblichiamo articoli che spaziano dall’attualità al gossip, ma il nostro intento principale è quello di promuovere gli esordienti. Lo facciamo intervistando i giovani autori, oppure ospitando le loro iniziative attraverso campagne promozionali (abbiamo da poco aperto la bacheca di Facebook e quindi gli autori sono liberi di promuovere le loro opere, basta che la promozione non diventi uno spam molesto). Inoltre a volte sposiamo cause sociali come le battaglie contro la violenza alle donne facendo da cassa di risonanza ad altre iniziative locali o internazionali. Insomma siamo aperte a molte possibilità.

Ti definisci “scrittora”. Parlaci di questa defininizione.

La definizione è nata per gioco, quando dopo la pubblicazione del primo romanzo (self) avevo necessità di promuovermi e quindi di aprire una pagina autore su Facebook. Essendo una novellina ho sbirciato un po’ in giro per vedere come gli altri autori si fossero regolati, e quindi mi sono trovata davanti a una marea di pagine con la dicitura Tizio e Caio scrittore, oppure Tizio e Caio poeta, oppure Tizio e Caio artista, anche quando il Tizio e Caio in questione aveva pubblicato un modesto romanzo o racconto self. Quindi non me la sono sentita di affibbiarmi da sola la qualifica di scrittrice, ma anche definirmi scribacchina non mi sembrava una definizione molto invogliante nei confronti dei lettori, per questo ho deciso di optare per “scrittora”, termine a mio avviso molto più simpatico e affine alla mia condizione di debuttante nell’ambito letterario, una fase di mezzo tra la scribacchina e la scrittrice, appunto!

Nel 2014 esordisci con “Giù all’Ammeriche”. Daccene un assaggio.

Il romanzo racconta la storia di due ragazze abruzzesi che emigrano in America attorno agli anni ’30 e delle difficoltà che incontrano nella loro nuova patria. Molto diverse per carattere, Filomena timida e insicura, Teresa intraprendente e vivace, affronteranno l’avventura americana non solo in maniera opposta, ma anche il risultato finale di questa sfida sarà molto diverso e mentre l’una si ritroverà integrata e vincente, l’altra rimarrà una figura isolata, incapace di adeguarsi alla nuova realtà che la circonda.
L’estratto che segue introduce al lettore Filomena, una delle protagoniste, presentandola come un personaggio malinconico, un tratto che ricorre spesso nei miei personaggi e che amo molto inserire nei miei romanzi. 

[...] Filomena salì sul ponte che a quell’ora era deserto, si appoggiò alle sbarre di ferro osservando la luce azzurrognola di un sole ancora nascosto ripensando alle albe di campagna, quando si alzava alle cinque per salutare il papà che andava a lavorare la terra.
«Filome’, è presto, tornatene a dormire», le diceva la madre.
«Volevo salutare il babbo prima che va via», rispondeva una vocina di bimba.
«Ancora dorme, stavo andando a portargli il caffè, glielo vuoi portare tu?»
Lei annuiva felice e stando ben attenta a non scottarsi né a rovesciare la bevanda marciava tutta impettita verso la stanza del padre.
«Oh, chi c’è», le sorrideva sentendola entrare.
«Buongiorno papà».
«Che ci fai sveglia a quest’ora?», le domandava afferrando la tazzina fumante.
«Volevo salutarvi prima che andavate via».
«Ma che brava la mia bimba», la sollevava poggiandola sul letto, «vuoi venire con me?»
«Posso?»
«Se mi prometti di fare la brava ti porto», le diceva mentre lei già gli buttava le braccine al collo.
Era bello passeggiare mano nella mano con il babbo guardando il sole spuntare sui campi da mietere.
«Ti annoi?», le domandava a metà mattinata.
Lei scuoteva la testa anche se un po’ si era stancata di stare a osservare i lavoratori chini sulle spighe.
«Dai», la capiva al volo il padre nonostante gli sforzi per mascherare la noia, «va’ dalla mamma. Dille che ci porti vino e formaggio che abbiamo fame».
Lei annuiva felice di sentirsi utile credendo di non essere stata scoperta.
Affondava ancora le gambe nude tra le spighe che le graffiavano la pelle quando una voce sgradita la riportò di peso sulla nave.
«Che ci fai qui?», le domandava Teresa. [...]

Nello 2015, il racconto “Il riscatto della zanzara” si classifica tra i finalisti del concorso «130 righe» indetto da Il Resto del Carlino. Cosa ricordi di questa esperienza?

Ricordo che mi sono divertita moltissimo. Non solo è un racconto che ho scritto di getto, come, d’altronde, la stessa partecipazione al concorso del quale sono venuta a conoscenza per caso. Poi comunque è stato il primo vero confronto con professionisti del mestiere che hanno letto e giudicato favorevolmente il mio raccontino inserendolo nella rosa dei dieci vincitori. E non mi riferisco solo a personaggi autorevoli in materia come giornalisti o editori del quotidiano, ma anche al presidente di giuria che era nientemeno che Valerio Massimo Manfredi!

Nel 2017, esce il romanzo “L’amore è un cerchio”. Perché il romanzo storico? Di cosa si tratta?

Diciamo che la scelta del romanzo storico è una passione, ma anche e soprattutto una vocazione. Non solo mi piace vivere l’atmosfera di un passato lontano nel tempo, immedesimarmi in modi di fare, pensare o parlare molto lontani dalla modernità, e soprattutto lontani dal mio modo di essere e dal mio stile di vita, ma quello che mi affascina, o meglio, quello che mi spinge a trattare una storia è l’incontro con un periodo storico o con un personaggio, spesso reale. Di solito provo quasi un colpo di fulmine nei confronti della storia che ho scoperto, tanto da avvertire il bisogno di trasmetterla anche agli altri, a coloro cioè che leggeranno i miei romanzi. Così mi è capitato per esempio con le tante storie di soldati semplici cui mi sono imbattuta durante la stesura del mio ultimo romanzo storico: “L’amore è un cerchio”.
Premetto che il titolo può risultare ingannevole in quanto anche se è vero che nel romanzo si narra la storia d’amore della protagonista Matilde, e che siamo di fronte a un romanzo che parla di donne, tuttavia lo faccio parlandone a tutto tondo, non solo quindi dal punto di vista sentimentale che è comunque un lato che è presente nel testo, ma poi si approfondisce parlando di temi più seri come le discriminazioni cui erano soggette le donne in quel periodo storico, le quali dovevano sottostare prima al volere paterno e poi a quello del marito non potendo mai scegliere liberamente. Alcune donne del romanzo, le cugine di Matilde, sono due donne fragili, vittime di questa società patriarcale, ma allo stesso tempo vi sono altre donne che si ribellano a queste imposizioni lottando per essere libere di scegliere. Così come fa la sia la protagonista, Matilde, la quale vive la propria vita senza crucciarsi dell’opinione altrui che condanna il suo stile di vita additandola come una donna dai facili costumi, ma in fin dei conti anche un altro personaggio che dovrebbe essere agli antipodi della protagonista, come la zia Luigina, per esempio, la quale non fa che ribadire a parole i concetti e i valori di quella società patriarcale, ma all’atto pratico si pone invece come una donna forte, capace di prendere delle decisioni e per nulla intimorita o succube del mondo maschile.
E poi c’è la parte che amo di più, quella nella quale ripercorro alcuni eventi della Seconda Guerra Mondiale spesso sconosciuti ai più, e non solo perché ambientati in una regione come la mia, l’Abruzzo appunto, considerata quasi una Cenerentola, quasi la storia non l’avesse neppure sfiorata, ma anche perché spesso c’è stata la volontà di cancellare certi episodi per convenienze politico-economiche. Ma l’Abruzzo non è affatto una zona periferica della storia ma un nodo fondamentale dove in un certo periodo “le vicende storiche della nazione illu­minarono un piccolo puntino sulle carte geografiche. Quasi un non-luogo di una regione che, agli occhi degli italiani, è sem­pre parsa poca cosa. Stereotipi di chi quella storia l’ha poi scritta e tramanda­ta scordandosi, o fingendo di scordare, che già dal 28 agosto di quell’anno (1943), un misero sperone di roccia dell’Appennino abruzzese aveva attirato l’attenzione delle maggiori potenze dell’epoca”.
Mi riferisco alla prigionia di Mussolini a Campo Imperatore o a Ortona, luogo dal quale fuggirà il re, la corte, Badoglio e alcuni membri del governo. Ma se si può dire che questi fatti sono cose abbastanza risapute, quanti possono affermare di conoscere che la Resistenza, così come la concepiamo oggi, ovvero come fenomeno organizzato in bande arroccate in montagna, per è nato in Abruzzo? E non mi riferisco alla mitica Brigata Majella che tanto ha fatto per la liberazione del nostro paese, ma a un episodio abbastanza sconosciuto a livello nazionale come la battaglia di Bosco Martese nei pressi di Teramo. Una battaglia definita come “il primo vero episodio di Resistenza armata al Nazifascismo in Italia. La prima battaglia partigiana in campo aperto, che voleva dire in montagna, a differenza di Porta San Paolo che, invece, si era combattuta alle porte della capitale; stabilendo così un legame con la montagna che il movimento della Resistenza non avreb­be più reciso”. E, ancora, come di “un esordio clamoroso del movimento partigiano naziona­le per via del carattere militare evoluto che la Resistenza acquisterà solo nella fase piena della sua maturità”, ponendosi come spartiacque tra la Resistenza anarchica del Sud e quella organizzata, articolata, politica, di alcune regioni del Centro e del Nord.
Come avrai notato starei ore a parlare di storia, ma sarebbe davvero troppo lungo elencare gli argomenti storici trattai nel romanzo, pertanto per un approfondimento rimando sia al mio blog https://lascrittoradellavalle.wordpress.com/, sia al mio canale Youtube https://www.youtube.com/channel/UCKBoTtqRgwWnzA47THCINYQ, dove troverete video, post, curiosità, informazioni e tanto altro circa i temi trattati nei miei romanzi.

E, segue, “La ricostruzione del cuore”, romanzo col quale hai partecipato a ‘IoScrittore’, nel 2016, e che risulta tra la rosa dei dieci finalisti. Cosa troveranno i lettori al suo interno?

Essenzialmente troveranno le storie di tre donne molto diverse fra loro per età, mentalità e abitudini e che si ritroveranno a condividere l’esperienza terribile del terremoto. Il luogo in cui avviene il loro incontro è un albergo della costa abruzzese che ospita, appunto, molti sfollati aquilani, tra cui Giulia (la voce narrante) e Amalia. La terza protagonista, Giorgia, invece lavora in hotel a stagione. Quello che unisce le tre donne non è solo la casualità di ritrovarsi in un albergo all’indomani della tragedia, ma soprattutto è il loro essere sole a unirle e farle incontrare nonostante le diversità. Così ognuna di loro rispecchiandosi nella solitudine l’una nell’altra riuscirà a trovare la forza e il coraggio per andare avanti. 


https://www.amazon.it/ricostruzione-del-cuore-Coralba-Capuani-ebook/dp/B073RGW3LR/ref=sr_1_1?s=digital-text&ie=UTF8&qid=1517833939&sr=1-1&keywords=CORALBA+CAPUANI


Quali tematiche affronti e quale messaggio vuoi trasmettere?

Il tema è quello del terremoto dell’Aquila che riassume e rispecchia le dinamiche di tutti i terremoti e, in generale, di tutte le catastrofi: il dolore, il lutto, il senso di perdita, il disorientamento, la paura di un domani che si immagina fosco o non si riesce immaginare proprio. Ma, soprattutto, tema portante del romanzo è la solitudine, che nelle protagoniste era già presente prima della tragedia e che, proprio a causa di esso viene amplificato, così come il senso di colpa di chi sopravvive. Non ci si pensa mai, ma a chi vive esperienze traumatiche come quelle di un terremoto, anche se solo sfiorato dalla tragedia, resta un senso di impotenza e di colpa nei confronti di chi non ce l’ha fatta. A questo proposito cito un bellissimo commento che illustra meglio di quanto possa fare io il senso di quanto ho appena affermato: “Mi ha colpito enormemente la profondità del ragionamento sotteso: noi, lontani dall'epicentro del dramma, tendiamo a piangere le vittime, compiangiamo i sopravvissuti ma in fondo, pensiamo, sono stati fortunati, sono vivi. La profondità del loro dolore, della perdita dell'identità (fatta di affetti e anche di misere cose) ci è ignota, e, colpiti dall'immensa tragedia del tutto, dimentichiamo gli individui. E siamo abituati ormai a sentire alla TV che la terra ad Amatrice ha tremato, che ancora sì, c'è qualche crollo, ma si contengono i danni. Così come quando i media ci raccontano altre tragedie collettive. L'importante è esserne usciti vivi.
Il libro apre un sipario necessario sulla personale tragedia di tutti coloro che, per un terremoto o altra tragedia collettiva, devono ringraziare di essere "i sopravvissuti". E ci permette di capire perché non possiamo dimenticare”.

Qual è stato l’input per questo libro?

L’input è stato in primis la necessità di esorcizzare l’esperienza vissuta, infatti, anche vivendo non proprio vicinissimo all’epicentro, vi posso dire che il trauma l’abbiamo vissuto anche noi. Forse in maniera diversa, ma comunque in quei momenti non ti domandi certo dove sia l’epicentro provando la stessa paura e il senso di impotenza di chi è direttamente coinvolto. E poi non nego che assistere a una tragedia che colpisce i tuoi corregionali non è una cosa che si può superare con facilità, in quanto il trauma e il senso di solidarietà con chi è abruzzese come te è molto forte.

Il tuo pensiero sul self publishing?

All’inzio la mia opinione sul self publishing era piuttosto negativa, ma strada facendo devo dire che la mia posizione in merito si è molto ammorbidita. Non solo trovo che sia un’ottima occasione per confrontarsi con i lettori aumentandone la cerchia, ma credo che la pubblicazione self in alcuni casi sia addirittura necessaria, come, ad esempio, con testi che non troverebbero spazio nelle collane delle case editrici (mi riferisco a piccoli racconti o raccolte di poesie), ma anche quando si ha voglia di sperimentare qualcosa di nuovo. Insomma, il self publishing va benissimo per promuoversi o proporsi in maniera diversa, magari con generi mai sperimentati prima e nei quali ci si vuole mettere alla prova, però mi sento di sconsigliare il self publishing a chi è alle prime armi e non è ancora tecnicamente maturo, perché in questo caso l’autore potrebbe finire alla gogna e non è certo un buon inizio quando si vuole intraprendere la strada della narrazione. Meglio quindi farlo quando si è già pubblicato con qualche casa editrice e si ha qualche esperienza, anche modesta.

Progetti in cantiere?

Sarà perché sono stata “ferma” da più di un anno (non ho scritto nulla di nuovo dall’estate del 2016!) ma in questo momento sono una fucina di idee. Non solo il 24 gennaio è uscita una piccola antologia dove sono raccolti i racconti e alcune “poesie” scritte durante questo percorso che mi ha portato da scribacchina a scrittora/quasi scrittrice, ma conto di terminare presto la trilogia di Alexis, un racconto a puntate che tra le altre cose è moto piaciuto e il cui seguito è atteso da molti lettori (sicuramente più di quanti ne potessi immaginare!). Poi dopo due romanzi piuttosto impegnativi ho bisogno di un po’ di leggerezza, perciò ho deciso di realizzare un vecchio sogno nel cassetto dando sfogo alla mia vena più ironica e comica. Infine ho in mente di scrivere un testo in un genere che non ho mai trattato e non oso nemmeno immaginare cosa potrà venirne fuori! E poi ci sarebbero almeno altri due testi nuovi, ma è ancora tutto troppo nebuloso per ora, se ne riparlerà nel 2019.

È stato un piacere ospitarti nel mio blog. In bocca al lupo per tutto!

Grazie a te e viva il lupo con tutti i lupacchiotti! 




Booktrailer

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