Ciao Linda!! Ho trentatré anni, vivo a Vercelli e cerco di
destreggiami quotidianamente fra il mio lavoro in un'industria farmaceutica e
le altre passioni che colorano la mia vita. Cinema, letteratura, pittura e
fotografia occupano parte del mio tempo libero, poco purtroppo, ma anche sport,
vado in palestra e amo i giochi di squadra, in particolare il calcio.
Come si è accesa la tua passione per la scrittura e dove
trovi il tempo per scrivere?
La
passione è nata anni fa, durante l'infanzia. All'epoca la mia attenzione si
incentrava sul cinema. Ho visto centinaia di lungometraggi, dai capolavori alle
pellicole più infime, da lì è nato il desiderio di raccontare. Il mezzo più
immediato era la scrittura, ci ho provato, mi è piaciuto e non mi sono mai
fermato, salvo un breve periodo di riflessione.
Il
tempo lo si trova, basta volerlo ed essere costanti. Il trucco è darsi dei
limiti, che possono essere il tempo o le pagine, e rispettarli quotidianamente.
Sei appassionato di cinema. Parlacene.
È iniziato tutto guardando
casualmente la TV di nascosto, attirato dai film trasmessi il martedì sera su
Italia1, credo, "Notte Horror" si chiamava, iniziava dopo il Festivalbar. Film
dopo film, storia dopo storia il mio sguardo si è allargato. Negli anni sono
arrivati i Pasolini, i film di Rossellini e Fellini, i capolavori di Sergio
Leone, i fratelli Cohen e mille altri autori. Ho cercato di captare dalle loro
opere i pregi, ho cercato i difetti, qualora ce ne fossero, il loro sguardo.
Tuttora cerco di farmi influenzare dal cinema e dal suo sguardo seducente.
Hai autori che consideri tue Muse e quanto di loro c’è nei
tuoi scritti?
Ho diversi autori di riferimento: tra gli italiani sicuramente
Fenoglio, Sclavi, Pavese e Baricco mi hanno aiutato durante il mio processo di
crescita creativa e con le loro opere mi hanno fatto innamorare di questa arte.
Leggere altri autori, soprattutto quelli di talento, mi aiuta a crescere e a
migliorarmi. Il confronto è salutare e migliorativo. Mi fa sorridere quando
sento o leggo di autori che non leggono, per tempo o eccessiva autostima.
Leggere, apre la mente e la indirizza verso nuovi percorsi creativi. Dalla
lettura dei romanzi di Ellis "Le regole dell'attrazione" e "Meno
di zero" è nata la mia opera. L'ispirazione nasce anche così,
improvvisamente, leggendo romanzi altrui.
Scrivi sceneggiature e, tra queste, ricordiamo “Benvenuti a
casa Verdi”, realizzata a sei mani. Come si trasforma un romanzo in
sceneggiatura?
Sì, rimane la mia unica
sceneggiatura trasformata in un lungometraggio. La scrissi insieme alla regista
e all'assistente di regia. L'idea era della regista, io l'aiutai a
trasformarla in un film. Durante la scrittura si deve tenere conto della
fattibilità della scena, di come strutturarla in base agli ambienti, le risorse
e i personaggi. In quel caso i protagonisti non erano attori , per cui
bisognava adattare il girato a loro, non il contrario. È stata una bella
esperienza. Finita la scrittura il passo successivo è più immediato e tecnico:
scaletta delle scene, piano di lavorazione ecc. Subentra un lavoro più
artigianale, lì prende forma la magia del cinema, fatta da luci, telecamere e
movimenti ripetuti fino allo sfinimento.
Hai partecipato anche a diversi concorsi letterari. Quanto
aiutano l’autore a farsi conoscere?
Sono una palestra. Devi rispettare regole altrui, spesso su
tematiche imposte, oppure dare sfogo alla creatività sfruttando il tema libero.
Si può spaziare dal racconto alla poesia, stimolando continuamente la
creatività.
A mio parere non aiutano a farsi conoscere, sono però
propedeutici alla crescita.
Nel 2018, pubblichi il romanzo “E alla fine c'è la
vita". Cosa troveranno i lettori al suo interno?
I lettori troveranno un romanzo differente, dall'aspetto visivo
accattivante, dalla struttura visiva e narrativa originale. Il libro è scritto
utilizzando la tecnica della sceneggiatura e narra le vicende di quattro ragazzi
universitari che vivono un'esistenza fatta di eccessi e finta libertà. Sesso,
droga e alcol sono gli elementi con cui condiscono e colorano le loro
giornate, alterando un mondo che li detesta e che li vorrebbe diversi. La vita
li sorprenderà, dura e spietata, e gli farà riconsiderare la loro condotta di
vita.
Il lettore sarà investito da un turbinio di emozioni, dagli
eventi narrati, dall'iper realismo della narrazione.
Qual è stato l’input per questo libro?
Gli studenti americani, drogati e disillusi, narrati da Ellis, mi
hanno creato un turbinio di emozioni e pensieri che hanno fatto nascere in me
il desiderio di raccontare la realtà attuale italiana attraverso alle storie di
questi quattro ragazzi.
Quali tematiche affronti?
Vorrei raccontarvi le storie di questi ragazzi che sono
l'emblema di una generazione: apatica, disillusa e senza futuro. Gli
stupefacenti e gli abusi sono solo un modo per prendersi una rivincita sulla
società, sorda e disinteressata verso i problemi e le sorti di questi ragazzi. Ci
stiamo abituando alla svalutazione del talento, alla fuga dei cervelli, questo
non è un bel segnale, in tutto questo vince la mediocrità e la superficialità.
Quale messaggio vuoi trasmettere?
Non c'è un messaggio in particolare, vorrei fare riflettere il
lettore, raccontargli un frammento di vita di questi ragazzi, i loro
cambiamenti, la loro crescita.
Il tuo pensiero sul self publishing?
Un buon mezzo per pubblicare, il rischio è di oscurare, vista
l'enorme mole di nuovi romanzi, chi è veramente bravo. Dovrebbe essere un po'
limitato e regolato.
Hai qualche progetto in cantiere?
Sì, un nuovo romanzo, ma prima
c'è da fare il tour promozionale del libro e, per ora, mi concentro su questa
bella esperienza.
È stato un piacere ospitarti nel mio blog. In bocca al lupo!
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