lunedì 28 gennaio 2019

INTERVISTA A BENEDETTA PATI


Ciao Benedetta, benvenuta nel mio blog. Raccontaci qualcosa di te.

Il mio nome è Benedetta Pati, vengo da Veglie, un piccolo paesino in provincia di Lecce verso il quale provo un profondo senso di appartenenza ed estaneità. Curioso, lo so.
Quando parlo di me preferisco dire poco o nulla, non amo descrivere chi sono e spesso preferisco raccontare le esperienze che, ad oggi, mi hanno formato e fatto diventare la donna di oggi. Mi riferisco in particolare ai viaggi per il mondo e ai paesi che mi hanno accolta per lunghi periodi come l’Irlanda o la Spagna, le mie seconde case.
Nella descrizione di me poi, non posso evitare di menzionare i miei genitori. Senza la loro presenza e il loro sostegno non sarei mai arrivata a realizzare tutto ciò che ho fatto perciò, nel raccontarmi, l'unica frase che sento di dire è: sono Benedetta, figlia di due genitori straordinari: Lucia ed Antonio. Due rocce.
Per il resto, credo che le prossime domande racconteranno di me molto di più perciò: diamo il via all’intervista.
Ps. Ho 25 anni e son laureata in lingue e letterature straniere, questo posso dirlo.

La laurea in Lingue e Letterature Straniere, il diploma in Arti Performative, il lavoro di attrice e traduttrice. Dove trovi il tempo scrivere e come si è accesa questa passione?

Preferisco dire che è la passione per la scrittura che segue me, io non la cerco. Non vi è mai stato un momento in cui mi son interrogata su cosa rappresentasse per me la scrittura, ed è stato solo dopo la pubblicazione della mia prima raccolta poetica che ho capito quanto le parole fossero fondamentali per la mia crescita personale. Le parole scritte, almeno.
Ricordo che da bambina passavo pomeriggi interi seduta sul mio piccolo banchetto rosso, a inventare storie e poesie su qualsiasi cosa: dagli animali ai mestieri del mondo; dalle guerre ad eroi inventati; da fatti di cronaca a litigi in casa. Dalla vita vera a quella immaginaria, e forse è proprio questo che mi ha salvato: l’immaginazione.

L’incontro con l’Arte avviene a quindici anni. Perché il teatro?

Sono sempre stata una ragazza timida e introversa (e per certi aspetti lo sono ancora). A scuola arrossivo per un favore fatto, o per una parola detta e, spesso, mi interrogavo sul perché questo avvenisse ma, soprattutto, su come gestire questa strana emozione sconosciuta.
Più crescevo, più questo stato d’animo diventava difficile da comprendere e, accompagnata dalla mia curiosità e da quella dei miei genitori, mi son messa alla ricerca di un’arte che potesse rispondere ai miei quesiti (non che non avessi provato già ogni sport e hobby possibile).
Fu così che grazie a degli annunci visti a scuola, decisi di frequentare il mio primo corso teatrale e da lì in poi… Amore.
Posso però affermare che il vero momento in cui ho capito cosa fosse il Teatro e quanto fosse necessario nella mia vita, è stato quando ho incontrato, casualmente, il teatro delle Rane.
Ero una giovane donna a metà tra il mondo dei bambini e il mondo degli adulti e, all’età di 19 anni, passeggiando per le viuzze di Leverano, vidi una vecchia scala che mi incuriosiva. La percorsi con curiosità e lì incontrai la mia seconda famiglia: le Rane. Belle, vere, presenti e per sempre.

Vanti anche esperienze cinematografiche e Stage con illustri nomi dello spettacolo. Cosa ricordi di queste esperienze?

Si tratta di esperienze che mi hanno formato oltre che da un punto di vista teatrale, da un punto di vista personale.
Il teatro (molto più del cinema) ha un’anima difficile da descrivere, credo che soltanto chi lo pratichi con costanza e determinazione possa capire ciò che intendo.
Ogni esperienza, piccola o grande che sia stata, mi ha insegnato a crescere come donna e come portatrice di un messaggio del quale vado veramente fiera: sii il tuo futuro pur restando nel tuo presente.  

Cinema Vs. Teatro, chi la vince?

A oggi, assolutamente il teatro, e credo che il perché di questa risposta sia contenuto in quella precedente. Il teatro ha un’anima, una verità, un lato oscuro e sconosciuto che è davvero difficile da spiegare se non lo si vive. Se non lo si vive veramente.
Fare teatro è come essere costantemente sotto una tempesta di neve: sta a chi lo pratica poi comprendere se,quanto e in che modo questa bufera condizioni la propria vita. Io, dal canto mio, posso dire che, essendo donna del Sud, la neve non posso che amarla proprio perché resta sempre quasi sconosciuta. E’, per me, una continua scoperta, proprio come il teatro e le sue diramazioni.

Tra le tante collaborazioni, ricordiamo la partecipazione al videoclip “Day by day” della cantante LP. Raccontaci qualcosa di più.

Quella è stata una delle esperienze più toccanti della mia vita, soprattutto pensando al modo in cui è arrivata ed è andata via.
Ero a casa, durante una normalissima sera d'estate, quando ricevetti una telefonata da Angelica, un'amica attrice e sognatrice.
Lì per lì non avevo ben capito di cosa si trattasse, ma accettai la proposta e le diedi appuntamento per il giorno successivo.
Quando, la mattina dopo, entrammo in macchina, per raggiungere il luogo dell'appuntamento, non eravamo ben coscienti di ciò che stavamo per fare: sapevamo di dover girare un videoclip musicale, ma nulla in più. Fu solo quando arrivammo a Nociglia che trovammo la sorpresa: non solo la location era da favola ma, soprattutto, avremmo girato per una cantante internazionale che, inaspettatamente, aveva scelto proprio il nostro Sud.
Incontrare LP è stato incredibile. Una fama della sua portata non è facile da sostenere, eppure lei era lì a ridere e scherzare con noi sulle stranezze della tradizione salentina: una donna vera, umile e sincera. Una scoperta, assolutamente una scoperta.

Hai degli autori preferiti che consideri tue Muse?

È difficile rispondere a questa domanda, perché considero ogni lettura un incrocio importante della mia via.
Tra gli autori più significativi per la mia crescita personale, non posso che citare Francesco Guccini. Ascolto le sue canzoni sin dai primissimi anni dell'adolescenza e in ognuna di esse, in ogni parola, in ogni suono, ho sempre trovato un pezzetto della mia vita. Riconoscimento che ancora oggi avviene quando ascolto alcune canzoni più “da grande”.
Oltre a Guccini, spostandomi dal campo musicale a quello poetico, il primo nome che mi viene in mente è quello di Wislawa Szymborska. La purezza delle sue parole mi è sempre sembrata disarmante. Una donna che parte da un curriculum, o da una foglia, per parlare dello scorrere del tempo e dell'amore, come la chiami se non "Sognatrice"?
Lei è stata davvero la mia madre poetica.
Ultimamente mi capita di leggerla meno ma spesso, nella mia mente, riecheggiano le sue parole come un dolce monito di speranza: 

[...] Ogni inizio infatti
è solo un seguito,
e il libro degli eventi
è sempre aperto a metà. [...]

Nel 2017, esordisci con la silloge “Unalgiorno”. Perché la poesia?

Anche questo fa parte della magia della scrittura. Contemporaneamente alla poesia giornaliera, ho scritto il mio primo romanzo ancora inedito però, quando si è trattato di pubblicare, ho dato la precedenza alla poesia. Forse perché avevo bisogno di raccontarmi al mondo per quella che ero veramente; forse perché cercavo il coraggio di osare; forse semplicemente perché volevo mandare solo degli input nei cuori di chi mi leggeva.
Ancora una volta sento di dire che la poesia ha scelto me.
Farò i conti con questa domanda solo quando troverò il coraggio di rendere pubblico il mio primo romanzo. 




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Qual è stato l’input per questa raccolta?

Credo molto nel potere terapeutico della scrittura e, anche nel caso di "Unalgiorno", credo che senza alcuni eventi tristi la pubblicazione non sarebbe mai venuta fuori.
Uscivo da un periodo, in cui la rottura di una relazione e un grave lutto familiare avevano provocato grande scombussolamento nella mia vita.
Non vedevo grandi possibilità d'uscita quando, silenziosa e senza disturbare, è venuta alla mia mente la prima poesia della raccolta. Ricordo bene: era mattino, il 21 novembre 2016.
Da allora, con una costanza che non sapevo, né credevo di poter avere, ho iniziato a scrivere una poesia al giorno per 365 giorni e, malgrado in alcuni momenti mi chiedessi perché lo facessi o a cosa sarebbe servito, andavo avanti facendo diventare questo scrivere una vera necessità.
Terminato l'anno, ho provato dentro quello stesso vuoto che avevo sconfitto scrivendo ed è stato lì che mi son detta: “È il momento per fare il salto. Non avere paura del burrone”. E così mi son lanciata.
Non so dove questa avventura mi porterà e se, o come, continuerà; per adesso sono felice di averla vissuta con tutte le mie energie e i miei sforzi. Non ho alcun rimpianto, solo tantissimi emozionanti ricordi.

Quali tematiche affronti e quale messaggio vuoi trasmettere?

La tematica è quella della quotidianità vissuta in tutte le sue sfaccettature. Come da bambina, nello scrivere questa raccolta non mi son posta alcun limite, né freno. Ho provato a essere vera e sincera con me stessa e con il mio pubblico.
La notte, quando mi mettevo a scrivere la poesia del giorno, non lasciavo mai spazio ai pensieri: la prima emozione che arrivava alla testa diventava lo scritto del giorno, e questa “tecnica” mi stimolava e incuriosiva molto. Non sapevo neppure io cosa avrei scritto, perché, o per chi. Scrivevo e basta, il resto non importava.
La conseguenza più bella è stato vedere che i miei lettori, di sera in sera, si riconoscevano nel pensiero scritto ed erano loro stessi veicolatori di quell’'emozione.
Non c'è un messaggio preciso nella raccolta se non quello del perseverare. Per il resto, mi piace pensare alla poesia come un libro aperto, in cui ognuno può scovare il proprio significato perciò… Libertà assoluta al lettore. Chi vorrà, poi verrà ad aprire il proprio libro con me.

Cosa troveranno i lettori all’interno di questa silloge?

Troveranno verità.
Troveranno sé stessi, a volte.
Troveranno dubbi, incertezze, speranze, domande.
Troveranno un anno raccolto in un verso. Troveranno versi raccolti in un anno.

Il tuo pensiero sul Self Publishing?

Non sono contraria al Self-publishing, credo soltanto che attraverso queste piattaforme venga data un po’ troppa libertà. Certo, è vero che a ognuno deve essere data la possibilità di provare poi, nell'arte in particolare, io credo che una più o meno sana “selezione” avvenga in maniera totalmente naturale.
Parlando della mia esperienza, se non avessi incontrato il magico mondo di Libereria (la mia casa editrice, la mia famiglia letteraria con sede a Roma) non credo avrei mai pubblicato.
È stato anche grande alla caparbietà del capitano Alessandro Mazzà che "Unalgiorno" è uscito allo scoperto, perciò non posso che ringraziare lui per i suoi consigli e la sua tenacia.

Progetti futuri?

Attualmente sono alla fine del mio percorso di laurea magistrale, ho un progetto di tesi che spazia dal teatro alla letteratura poi, una volta terminato questo, deciderò come muovermi.
A livello teatrale, sono impegnata in un progetto che mi sta molto a cuore dal titolo “Pezzi di pane”, si tratta di un lavoro corale scritto e interpretato da cinque attrici (oltre a me, in questa avventura ci sono Angelica Di Pace, Giulia Piccinni, Carmen Tarantino e Antonella Sabetta). La regia è affidata a Tonio de Nitto, e la produzione del progetto è di AmA.
Questo lavoro nasce dalla necessità di raccontare il nostro territorio e la nostra tradizione in maniera diversa, ma naturale. Non è la narrazione di tempi passati, ma un tentativo di far vivere (o rivivere) al nostro pubblico una realtà che sembra essere dimenticata, quella della tradizione e del racconto a cui i nostri antenati son rimasti ancorati e cui anche noi, figli di un'altra generazione, stiamo provando ad aggrapparci. Non in nome del ricordo, ma in nome della necessità.
Riguardo al romanzo di cui parlavo, resta ancora lì, nel cassetto dei sogni, in attesa di essere conosciuto. Se avverrà, avverrà senza fretta, con coraggio e con tanti tanti sorrisi.

È stato un piacere ospitarti nel mio blog. In bocca al lupo!

Per seguire Benedetta  BENEDETTA PATI ISTAGRAM


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