Ciao Benedetta, benvenuta nel mio blog. Raccontaci qualcosa
di te.
Il mio nome è Benedetta Pati, vengo da Veglie, un piccolo
paesino in provincia di Lecce verso il quale provo un profondo senso di
appartenenza ed estaneità. Curioso, lo so.
Quando parlo di me preferisco dire poco o nulla, non amo
descrivere chi sono e spesso preferisco raccontare le esperienze che, ad oggi,
mi hanno formato e fatto diventare la donna di oggi. Mi riferisco in
particolare ai viaggi per il mondo e ai paesi che mi hanno accolta per lunghi
periodi come l’Irlanda o la Spagna, le mie seconde case.
Nella descrizione di me poi, non posso evitare di menzionare
i miei genitori. Senza la loro presenza e il loro sostegno non sarei mai
arrivata a realizzare tutto ciò che ho fatto perciò, nel raccontarmi, l'unica
frase che sento di dire è: sono Benedetta, figlia di due genitori straordinari:
Lucia ed Antonio. Due rocce.
Per il resto, credo che le prossime domande racconteranno di
me molto di più perciò: diamo il via all’intervista.
Ps. Ho 25 anni e son laureata in lingue e letterature
straniere, questo posso dirlo.
La laurea in Lingue e Letterature Straniere, il diploma in
Arti Performative, il lavoro di attrice e traduttrice. Dove trovi il tempo
scrivere e come si è accesa questa passione?
Preferisco dire che è la passione per la scrittura che segue
me, io non la cerco. Non vi è mai stato un momento in cui mi son interrogata su
cosa rappresentasse per me la scrittura, ed è stato solo dopo la pubblicazione
della mia prima raccolta poetica che ho capito quanto le parole fossero
fondamentali per la mia crescita personale. Le parole scritte, almeno.
Ricordo che da bambina passavo pomeriggi interi seduta sul
mio piccolo banchetto rosso, a inventare storie e poesie su qualsiasi cosa:
dagli animali ai mestieri del mondo; dalle guerre ad eroi inventati; da fatti
di cronaca a litigi in casa. Dalla vita vera a quella immaginaria, e forse è
proprio questo che mi ha salvato: l’immaginazione.
L’incontro con l’Arte avviene a quindici anni. Perché il
teatro?
Sono sempre stata una ragazza timida e introversa (e per certi
aspetti lo sono ancora). A scuola arrossivo per un favore fatto, o per una
parola detta e, spesso, mi interrogavo sul perché questo avvenisse ma,
soprattutto, su come gestire questa strana emozione sconosciuta.
Più crescevo, più questo stato d’animo diventava difficile da
comprendere e, accompagnata dalla mia curiosità e da quella dei miei genitori,
mi son messa alla ricerca di un’arte che potesse rispondere ai miei quesiti
(non che non avessi provato già ogni sport e hobby possibile).
Fu così che grazie a degli annunci visti a scuola, decisi di
frequentare il mio primo corso teatrale e da lì in poi… Amore.
Posso però affermare che il vero momento in cui ho capito
cosa fosse il Teatro e quanto fosse necessario nella mia vita, è stato quando ho
incontrato, casualmente, il teatro delle Rane.
Ero una giovane donna a metà tra il mondo dei bambini e il
mondo degli adulti e, all’età di 19 anni, passeggiando per le viuzze di
Leverano, vidi una vecchia scala che mi incuriosiva. La percorsi con curiosità
e lì incontrai la mia seconda famiglia: le Rane. Belle, vere, presenti e per sempre.
Vanti anche esperienze cinematografiche e Stage con illustri
nomi dello spettacolo. Cosa ricordi di queste esperienze?
Si tratta di esperienze che mi hanno formato oltre che da un
punto di vista teatrale, da un punto di vista personale.
Il teatro (molto più del cinema) ha un’anima difficile da
descrivere, credo che soltanto chi lo pratichi con costanza e determinazione
possa capire ciò che intendo.
Ogni esperienza, piccola o grande che sia stata, mi ha
insegnato a crescere come donna e come portatrice di un messaggio del quale
vado veramente fiera: sii il tuo futuro pur restando nel tuo presente.
Cinema Vs. Teatro, chi la vince?
A oggi, assolutamente il teatro, e credo che il perché di
questa risposta sia contenuto in quella precedente. Il teatro ha un’anima, una
verità, un lato oscuro e sconosciuto che è davvero difficile da spiegare se non
lo si vive. Se non lo si vive veramente.
Fare teatro è come essere costantemente sotto una tempesta
di neve: sta a chi lo pratica poi comprendere se,quanto e in che modo questa
bufera condizioni la propria vita. Io, dal canto mio, posso dire che, essendo
donna del Sud, la neve non posso che amarla proprio perché resta sempre quasi
sconosciuta. E’, per me, una continua scoperta, proprio come il teatro e le sue
diramazioni.
Tra le tante collaborazioni, ricordiamo la partecipazione al
videoclip “Day by day” della cantante LP. Raccontaci qualcosa di più.
Quella è stata una delle esperienze
più toccanti della mia vita, soprattutto pensando al modo in cui è arrivata ed
è andata via.
Ero a casa, durante una normalissima
sera d'estate, quando ricevetti una telefonata da Angelica, un'amica attrice e
sognatrice.
Lì per lì non avevo ben capito di
cosa si trattasse, ma accettai la proposta e le diedi appuntamento per il giorno
successivo.
Quando, la mattina dopo, entrammo in
macchina, per raggiungere il luogo dell'appuntamento, non eravamo ben coscienti
di ciò che stavamo per fare: sapevamo di dover girare un videoclip musicale, ma
nulla in più. Fu solo quando arrivammo a Nociglia che trovammo la sorpresa: non solo la location era da favola ma, soprattutto, avremmo girato
per una cantante internazionale che, inaspettatamente, aveva scelto proprio il
nostro Sud.
Incontrare LP è stato incredibile.
Una fama della sua portata non è facile da sostenere, eppure lei era lì a
ridere e scherzare con noi sulle stranezze della tradizione salentina: una
donna vera, umile e sincera. Una scoperta, assolutamente una scoperta.
Hai degli autori preferiti che consideri tue Muse?
È difficile rispondere a questa domanda, perché considero
ogni lettura un incrocio importante della mia via.
Tra gli autori più significativi per la mia crescita
personale, non posso che citare Francesco Guccini. Ascolto le sue canzoni sin
dai primissimi anni dell'adolescenza e in ognuna di esse, in ogni parola, in
ogni suono, ho sempre trovato un pezzetto della mia vita. Riconoscimento che
ancora oggi avviene quando ascolto alcune canzoni più “da grande”.
Oltre a Guccini, spostandomi dal campo musicale a quello
poetico, il primo nome che mi viene in mente è quello di Wislawa Szymborska. La
purezza delle sue parole mi è sempre sembrata disarmante. Una donna che parte
da un curriculum, o da una foglia, per parlare dello scorrere del tempo e
dell'amore, come la chiami se non "Sognatrice"?
Lei è stata davvero la mia madre poetica.
Ultimamente mi capita di leggerla meno ma spesso, nella mia
mente, riecheggiano le sue parole come un dolce monito di speranza:
[...] Ogni inizio infatti
è solo un seguito,
e il libro degli eventi
è sempre aperto a metà. [...]
è solo un seguito,
e il libro degli eventi
è sempre aperto a metà. [...]
Nel 2017, esordisci con la silloge “Unalgiorno”. Perché la
poesia?
Anche questo fa parte della magia della scrittura.
Contemporaneamente alla poesia giornaliera, ho scritto il mio primo romanzo
ancora inedito però, quando si è trattato di pubblicare, ho dato la precedenza
alla poesia. Forse perché avevo bisogno di raccontarmi al mondo per quella che
ero veramente; forse perché cercavo il coraggio di osare; forse semplicemente
perché volevo mandare solo degli input nei cuori di chi mi leggeva.
Ancora una volta sento di dire che la poesia ha scelto me.
Farò i conti con questa domanda solo quando troverò il
coraggio di rendere pubblico il mio primo romanzo.
Qual è stato l’input per questa raccolta?
Credo molto nel potere terapeutico della scrittura e, anche
nel caso di "Unalgiorno", credo che senza alcuni eventi tristi la pubblicazione
non sarebbe mai venuta fuori.
Uscivo da un periodo, in cui la rottura di una relazione e un
grave lutto familiare avevano provocato grande scombussolamento nella mia vita.
Non vedevo grandi possibilità d'uscita quando, silenziosa e
senza disturbare, è venuta alla mia mente la prima poesia della raccolta.
Ricordo bene: era mattino, il 21 novembre 2016.
Da allora, con una costanza che non sapevo, né credevo di
poter avere, ho iniziato a scrivere una poesia al giorno per 365 giorni e, malgrado in alcuni momenti mi chiedessi perché lo facessi o a cosa sarebbe
servito, andavo avanti facendo diventare questo scrivere una vera necessità.
Terminato l'anno, ho provato dentro quello stesso vuoto che
avevo sconfitto scrivendo ed è stato lì che mi son detta: “È il momento per
fare il salto. Non avere paura del burrone”. E così mi son lanciata.
Non so dove questa avventura mi porterà e se, o come,
continuerà; per adesso sono felice di averla vissuta con tutte le mie energie e
i miei sforzi. Non ho alcun rimpianto, solo tantissimi emozionanti ricordi.
Quali tematiche affronti e quale messaggio vuoi trasmettere?
La tematica è quella della quotidianità vissuta in tutte le
sue sfaccettature. Come da bambina, nello scrivere questa raccolta non mi son
posta alcun limite, né freno. Ho provato a essere vera e sincera con me stessa
e con il mio pubblico.
La notte, quando mi mettevo a scrivere la poesia del giorno,
non lasciavo mai spazio ai pensieri: la prima emozione che arrivava alla testa
diventava lo scritto del giorno, e questa “tecnica” mi stimolava e incuriosiva
molto. Non sapevo neppure io cosa avrei scritto, perché, o per chi. Scrivevo e
basta, il resto non importava.
La conseguenza più bella è stato vedere che i miei lettori,
di sera in sera, si riconoscevano nel pensiero scritto ed erano loro stessi veicolatori
di quell’'emozione.
Non c'è un messaggio preciso nella raccolta se non quello
del perseverare. Per il resto, mi piace pensare alla poesia come un libro
aperto, in cui ognuno può scovare il proprio significato perciò… Libertà
assoluta al lettore. Chi vorrà, poi verrà ad aprire il proprio libro con me.
Cosa troveranno i lettori all’interno di questa silloge?
Troveranno verità.
Troveranno sé stessi, a volte.
Troveranno dubbi, incertezze, speranze, domande.
Troveranno un anno raccolto in un verso. Troveranno versi raccolti
in un anno.
Il tuo pensiero sul Self Publishing?
Non sono contraria al Self-publishing, credo soltanto che
attraverso queste piattaforme venga data un po’ troppa libertà. Certo, è vero
che a ognuno deve essere data la possibilità di provare poi, nell'arte in
particolare, io credo che una più o meno sana “selezione” avvenga in maniera
totalmente naturale.
Parlando della mia esperienza, se non avessi incontrato il
magico mondo di Libereria (la mia casa editrice, la mia famiglia letteraria con
sede a Roma) non credo avrei mai pubblicato.
È stato anche grande alla caparbietà del capitano Alessandro
Mazzà che "Unalgiorno" è uscito allo scoperto, perciò non posso che ringraziare
lui per i suoi consigli e la sua tenacia.
Progetti futuri?
Attualmente sono alla fine del mio percorso di laurea
magistrale, ho un progetto di tesi che spazia dal teatro alla letteratura poi,
una volta terminato questo, deciderò come muovermi.
A livello teatrale, sono impegnata in un progetto che mi sta
molto a cuore dal titolo “Pezzi di pane”, si tratta di un lavoro corale scritto
e interpretato da cinque attrici (oltre a me, in questa avventura ci sono Angelica
Di Pace, Giulia Piccinni, Carmen Tarantino e Antonella Sabetta). La regia è
affidata a Tonio de Nitto, e la produzione del progetto è di AmA.
Questo lavoro nasce dalla necessità di raccontare il nostro
territorio e la nostra tradizione in maniera diversa, ma naturale. Non è la
narrazione di tempi passati, ma un tentativo di far vivere (o rivivere) al
nostro pubblico una realtà che sembra essere dimenticata, quella della
tradizione e del racconto a cui i nostri antenati son rimasti ancorati e cui
anche noi, figli di un'altra generazione, stiamo provando ad aggrapparci. Non
in nome del ricordo, ma in nome della necessità.
Riguardo al romanzo di cui parlavo, resta ancora lì, nel
cassetto dei sogni, in attesa di essere conosciuto. Se avverrà, avverrà senza
fretta, con coraggio e con tanti tanti sorrisi.
È stato un piacere ospitarti nel mio blog. In bocca al lupo!
Per seguire Benedetta BENEDETTA PATI ISTAGRAM
Per seguire Benedetta BENEDETTA PATI ISTAGRAM
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