venerdì 8 giugno 2018

Recensione - LE STANZE DELL'ADDIO di Yari Selvetella

Oggi, recensisco per voi il libro di Yari Selvetella, dal titolo Le stanze dell'addio.
Un romanzo diverso, coinvolgente e molto particolare. Sono orgogliosa di fare parte di questo Gruppo di Lettura dedicato a un testo che si legge in un soffio ed è spunto di numerose riflessioni.
Andiamo a conoscerlo nel dettaglio!





SINOSSI: "Io ho ricominciato a lavorare. In altri luoghi scrivo, succhio gamberi, respiro foglie balsamiche, faccio l'amore, ma una parte di me è qui, sempre qui, impigliata a un fil di ferro o a una paura mai vinta, inchiodata per sempre: il puzzo di brodaglia del carrello del vitto, quello pungente dei disinfettanti, il bip del segnalatore del fine-flebo, la porta che si chiude alle mie spalle quando termina l'ora della visita." 
Così si sente chi di noi vive l'esperienza di una perdita incolmabile: impigliato, inchiodato. Dalle pagine di questo libro affiora il volto vivissimo di una giovane donna, Giovanna De Angelis, madre di tre figli e di molti libri, editor di professione, che si ammala e muore. Il suo compagno la cerca, con la speranza irragionevole degli innamorati, attraverso le stanze - dell'ospedale, della casa, dei ricordi - fino a perdersi. Solo un ragazzo non si sottrae alla fratellanza profonda cui ogni dolore ci chiama e come un Caronte buono gli tende una mano verso la vita che continua a scorrere, che ci chiama in avanti, pronta a rinascere sul ciglio dell'assenza. 
Yari Selvetella dà voce a un addio che sembra continuamente sfuggire al tentativo di essere pronunciato, come Moby Dick nel fondo del mare, e scrive un kaddish laicissimo eppure pervaso del mistero che ci unisce a coloro che abbiamo amato. Attraverso il labirinto al neon degli ospedali, le stanze chiuse del lutto, il filo tracciato da una penna sul foglio bianco è ancora di salvezza, celebrazione commossa della forza vitale delle parole.




Un uomo con i baffi entra tutte le mattine nello stesso ospedale, si reca al bar e trasita nell'immensa struttura, a volte fino a sera inoltrata.
Sta cercando la moglie che non riesce più a trovare, dal giorno in cui si è allontanato dalla sua camera per procurarle una bottiglietta d'acqua.
La sua è una ricerca attraverso diversi ambienti, un percorso fatto di ricordi lieti, estirpati dalla malattia.
Riuscirà a ritrovarla? Cosa è successo realmente alla donna?

Partiamo dall'ambientazione che si svolge in una struttura ospedaliera di una grande città. Le descrizioni accurate sono poesia per gli occhi; niente è lasciato al caso: odori, colori e profumi sono analizzati sotto una lente d'ingrandimento, per farci notare particolari che abitualmente sfuggono.
L'ospedale è paragonato a un polmone, dove si alternano morte, sofferenza e rinascita.

La caratterizzazione dei personaggi è completa.
Il protagonista è un uomo alla ricerca della moglie. Padre di due figli, provato dalla vita, dà l'impressione di essere un uomo di mezza età, invecchiato dal dolore. Ama la moglie di un amore disperato, ma è più consapevole di quel che sembra; distingue la realtà, la conosce, ma non vuole accettarla, né guardarla.
Il suo è un cuore puro, è un'anima incontaminata nata per amare e ricevere amore, che ci spinge a vedere più in là del nostro naso.
Il barista è un altro personaggio interessante, un giovane che svolge il suo lavoro con passione, rassegnato ad accettare ciò che la vita gli riserva. L'interesse verso il protagonista e la sua storia, lo condurrà a mettere in discussione se stesso e tutta la sua esistenza; sarà un incontro, questo, che lo salverà.
La moglie del protagonista è una presenza che permea il testo, silenziosa ma onnipresente. Idolatrata dal marito, è perfetta ai nostri occhi, quasi santificata. Si invidia la sua fortuna di essere amata da un uomo simile; è una combattente, da ammirare per come affronta la malattia.
Una menzione va alle persone che popolano l'ospedale e fungono da contorno, ma anche da spunto per riflessioni importanti.
Protagoniste del libro sono anche le stanze dell'ospedale; ci aggiriamo in questi ambienti, analizzando luoghi e persone. 
Della prima stanza ci colpisce il buio, sinonimo di panico e paura dell'ignoto, per poi entrare in pediatria e riflettere sui lattanti e il loro non essere ascoltati dagli adulti; visitiamo la dispensa, colpiti  dal freddo, e poi conosciamo un luogo abbandonato, esterno all'ospedale, scoprendo il popolo dei dispersi, spezzati dall'abbandono. Infine, entriamo in punta di piedi in terapia intensiva, sentendoci come su una nave, dove viaggiano i malati che si allontanano da questo mondo, lasciandoci soli, per giungere poi in una stanza lieta, quella del parto, dove la vita è gioia, e arrivare all'ultima che lascio un po' nel mistero.




'Guardo il mare ed è come al solito una domanda senza soluzione. Non è mai una risposta, il mare; è sempre dubbio, è sempre pensiero. Forse come io sogno di essere cane, il mare sogna di essere umano e ci fronteggiamo così, nel silenzio, io solo un infinitesimo respiro, lui la voce stessa del mondo, di tutte le ambizioni e di tutti i rischi, di tutte le gioie e di tutti i guai. Dei dolori. Guardarlo a quest'ora, così placido, è come decidere di avere fiducia nel futuro.'





Il libro è un alternarsi di ricordi: dalla quotidianità di una coppia alla famiglia, dai sogni e le speranze ai progetti che si frantumano contro l'inevitabilità della sorte.
L'autore usa una scrittura che è arte del pensiero, ci mostra una realtà fatta del brulicare di uomini e donne malati, coglie dettagli sottili e li scandaglia, offrendoci il ritratto di una società che è accettazione e vita che scorre frenetica. Il fiuto di Yari è paragonabile a quello di un segugio, cui non sfugge nulla.
Assistiamo alla celebrazione della morte, attraverso un percorso in cui l'autore ci accompagna, posandoci una mano sulla spalla e mostrandoci che è sempre la speranza a guidare le nostre mosse.
Ho apprezzato la scena in cui la moglie si sente male e viene ricoverata, la descrizione della solitudine che precede la fine, quando nella sua camera resta solo il respiratore. Ci fa riflettere sulla morte che ci strappa alla vita e sull'impotenza dei "vivi".
Un'altra scena di forte impatto emotivo è quella dello spargimento delle ceneri; estremamente commovente e realistica la contrapposizione tra la freddezza della procedura e il dolore dei parenti, assieme alla scelta di non guardare oltre il burrone, di non voler accettare la realtà e bearsi dell'illusione.
Bella la tematica dell'amore che rinasce dopo la morte, la voglia di amare e di donarsi, nonostante tutto; nasciamo per questo, e la vita non deve essere sprecata.






'Stavolta il tuo corpo è parola. E' linfa e corteccia. Tu e il male. E' acuminata la punta che ti si appende all'avambraccio, anche l'altra che stringi tra pollice e indice e medio. Finalmente sei tu che scrivi. Scrivi una storia.... Infrangi il voto d'umiltà che ti impediva anche solo di imitare il gesto dei grandi geni. In questa stanza non riescono a entrare. Tutti i capolavori aderiscono perfettamente alle grandi vetrate che ti è proibito spalancare. Sono una nebbiolina che tu fingi tepore, le parole del mondo. Le puoi solo evocare, scrivendo. Come se fossi l'ultima superstite dell'umanità, hai il dovere di scrivere, ricordare, accettando che il passato è abraso, è muto lì fuori e non tornerà.'







I temi trattati sono: l'umanità dei medici, spesso vessati dall'opinione pubblica; la rinascita; la morte con le sue contraddizioni; l'animo umano analizzato al microscopio; la libertà di scegliere; l'abbandono e il lutto; la paternità contrapposta alla maternità.
Il messaggo tra le righe è relativo alle scelte; abbiamo sempre una scelta anche nella morte, perché possediamo una mente che funziona e che può decidere come andarsene.
Vi è anche un altro messaggio; attraverso la stanza del dolore ci ricorda che siamo tutti uguali: prima o poi, subiamo l'abbandono e diventiamo larve di noi stessi. Non si dovrebbe mai prendere in giro il prossimo, se più sfortunato di noi, perchè potremmo diventare come lui.
In questo libro viene affrontata la condizione del malato che demonizza chi demonizza i malati terminali decisi a non curarsi. La malattia è vista come una guerra da combattere, ma possiamo essere noi a scegliere come affrontarla.
Molto originale il paragone con Moby Dick; l'autore lancia frequenti riferimenti alla tempesta, ai viaggi marittimi, ai mostri marini, alle navi, alle balene, alle scialuppe e ai naufragi.
La metafora del mare è usata per descrivere la vita. A volte, si presenta insicuro, inatteso, insidioso, come può essere la vita; non sai cosa si cela sotto la superficie calma del mare, quali mostri possono travolgerci in una serie infausta di eventi.








'Tu sei la verità e la distanza di tutto questo, tu sei la natura matrigna, tu sei la vittima, tu sei il patto violato, tu sei l'altrove avverato, tu sei una tra milioni, tu sei l'anticipo sui mali, tu sei una, tu sei la madre e la figlia, tu non sei niente di che, sei normale, va bene, siamo all'ospedale, il posto in cui ci si va a curare in corposi cubi e parallelepipedi e minutissime stanze che inghiottono tutto.'







Le stanze dell'addio è un romanzo sorprendente che induce alla riflessione. La storia di un grande amore che inizia dalla fine. 
Yari è un magistrale osservatore dell'animo umano.
Ci siamo mai soffermati a osservare un ospedale, il nostro riflesso in uno specchio, un barbone, il ragazzo del bar che ci serve tutti i giorni, o ad ascoltare il vagito di un neonato, a percepire l'aria che ci sfiora il viso?
Con una prosa poetica, l'autore sonda l'animo umano nella sua quotidianità.
Un uomo che ha perduto la moglie e vaga di reparto in reparto; un barista che lo osserva, ignorando l'amorfismo della propria vita; un ospedale fatto di cemento e ricordi dolorosi.
L'incontro di due persone che hanno molto in comune e imparano l'uno dall'altro. La celebrazione di un addio silenzioso e mai del tutto dimenticato. Un'istantanea della vita, di chi la popola e del luogo che fa da sfondo. Il percorso introspettivo di un uomo, del suo modo di affrontare il dolore e vincerlo.
Questo è un romanzo che ci fa fare un viaggio dentro noi stessi, ci si ritrova nel sorprendente realismo e si riflette.
Consigliatissimo agli amanti dei libri diversi, originali, introspettivi. A chi cerca un testo che parla di vita e morte, amore e dolore, a chi vuole cogliere il sale dell'esistenza e a chi utilizza i libri come mezzo per porsi domande e trovare risposte.
Da leggere e assaporare.

'Che amore inutile è l'amore che protegge, l'amore che non cura e non difende, l'amore che non può, un amore crudele sento di portarmi addosso come l'amore di Dio.'

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