Ciao Riccardo, benvenuto nel mio blog. Raccontaci qualcosa di te.
Grazie a te dell’invito! Sono nato nel 1971 e sono cresciuto a Busto Arsizio, dove abito. Mi sono diplomato al Liceo Classico cittadino dopo un percorso netto senza esami di riparazione: maturità classica preparata in un’estate torrida e puntellata di partite di calcio, dato che era l’anno dei Mondiali in Italia. Laureato senza fretta in Economia, lavoro con discreto profitto – dicono – come direttore finanziario in una società parte di un gruppo multinazionale. Il mio lavoro mi piace, ma resta un mezzo per vivere e coltivare – nel (poco) tempo che mi resta – le mie vere passioni: fare sport, viaggiare, scrivere e ascoltare buona musica. Non necessariamente in quest’ordine!
La laurea in Economia e Commercio e il lavoro come Direttore finanziario di una società del settore ottico. Quando si è accesa in te la scintilla della scrittura e dove trovi il tempo per scrivere?
Da buon diplomato classico, e anche giornalista (in gioventù ho collaborato per qualche anno a un settimanale locale), scrivo perché mi appaga. Il desiderio e il piacere di scrivere sono sempre stati in qualche modo dentro di me, fin dalle elementari: l’amore per la scrittura è nato il giorno in cui ho capito che tenendo in mano una matita era possibile, attraverso le parole scritte, comunicare emozioni e dare vita a mondi meravigliosi.
Quanto al tempo… tasto dolente: tra lavoro e famiglia ne ho sempre di meno e mi devo ingegnare. Amo scrivere la notte, quando la frenesia del mondo si placa, ma ho provato ad appuntarmi idee anche nel corso di certe riunioni di lavoro… (ride)
Sei appassionato di musica rock, quanto ti è di ispirazione la musica?
La musica, e il rock in particolare, mette al centro le persone: racconta le loro storie e le loro emozioni. E’ una fonte inesauribile di spunti di riflessione. Amo immaginare le vite dei protagonisti dei brani che sento più “miei” e, a volte, ho preso a prestito alcune espressioni: in "Senza Far Rumore", per esempio, il protagonista in una scena ricorda di aver desiderato in gioventù il “confortevole intorpidimento” dei sonniferi… un omaggio a "Comfortably Numb" dei Pink Floyd.
Quali sono i tuoi autori preferiti e quanto c’è di loro nei tuoi testi?
Premesso che anche solo accostarmi a certi maestri mi fa arrossire, a Scerbanenco ho cercato di “rubare” la capacità di costruire trame tanto esili quanto avvincenti. E risento dei classici del Novecento, su cui mi sono formato. Nonostante il mio romanzo d’esordio sia un noir, mi ritengo molto vicino a scrittori di narrativa pura, come Andrea De Carlo o Enrico Brizzi. Mi piace raccontare vicende sghembe, personaggi atipici che guardano il mondo da prospettive non convenzionali.
Cosa ne pensi del Self Publishing?
Uno strumento moderno che, se ben utilizzato, ha grandi potenzialità e permette di portare la propria opera all’attenzione del pubblico con una spesa molto limitata. Ma bisogna purtroppo approcciarvisi con cautela: il rischio concreto è che questa mancanza di “selezione all’ingresso” produca una marea di romanzi raccogliticci e improvvisati, da cui è difficile discernere le opere valide. Troppe persone credono che basti scrivere un tema di 200 pagine per ottenere un romanzo mentre, purtroppo o per fortuna, non è così. A mio parere, un autore self non può non avvalersi, prima della pubblicazione, di una editor professionale.
Nel 2017 esce “Senza far rumore”. Cosa troveranno i lettori al suo interno?
"Senza far rumore" si può intendere come giallo “deduttivo”, immergendosi in un mistero che c’è, ma non si vede e che scorre inquietante come un brivido lungo la schiena, per il troppo silenzio tutt’intorno.
Se, però, si rallenta la lettura, se ne può scoprire una diversa dimensione: uno spaccato della vita di provincia che si insinua fra i protagonisti, ritagliandosi un ruolo ben più importante della necessaria cornice topografica di un racconto.
Quali tematiche affronti?
Il romanzo affronta la solitudine e l’involuzione subìta dal protagonista, un timido professore di Liceo il cui carattere complicato e fin troppo sensibile è stato segnato in maniera indelebile dagli eventi della vita.
Sotto traccia e senza accorgersene, Antonio cova però quel bisogno di riscatto, rivincita e giustizia che spesso tormenta gli animi miti o sconfitti.
Per caratteristiche della trama, età dei protagonisti e temi trattati, penso che "Senza Far Rumore" possa essere più adatto a un pubblico maturo. In effetti, ho riscontrato i maggiori apprezzamenti da lettori dai trent’anni in su.
Quale messaggio vuoi trasmettere?
L’apatia è quasi sempre figlia di un cortocircuito dell’anima; come tale, solo una (metaforica) scossa elettrica può consentire a un cuore chiuso di rimettere in circolazione sentimenti, vita e non più solo sangue. Spesso, come nel caso del Professore, la rinascita inizia quando si incontra una persona capace di forzare i blocchi che tutti noi ci autoimponiamo.
Qual è stato l’input per questo libro?
Lo spunto iniziale è stata la scomparsa, prematura, del mio professore di italiano del liceo. Un uomo al quale noi studenti non davamo peso: mite, un po’ svanito e quasi timoroso dei ragazzi a cui insegnava. L’avevo rivisto in età adulta e, parlandogli “davvero” per la prima volta, abbattendo la barriera dei ruoli che avevamo quando ero un adolescente, ne avevo apprezzato l’umanità e la cultura. Antonio, il protagonista, è nato da un breve racconto autoconclusivo che voleva essere un omaggio a questo signore e che, piano piano, si è preso una vita propria.
Lasciaci un assaggio del tuo romanzo.
[…] E quel suo alunno, che una volta era stato un ragazzo scapestrato con la sola passione della pallacanestro, oggi era laureato in filosofia e insegnava proprio al Liceo. Il Professor Marco Calloni.
Si intenerì.
Nessuno dei suoi colleghi del tempo l’avrebbe pronosticato: invece lui aveva sempre creduto in quel ragazzo robusto, spavaldo ma buono. Lei ha salvato la mia vita, Prof gli aveva detto quel pomeriggio. Se avessi preso l’esame di Latino mi avrebbe dovuto bocciare: per me l’estate è sempre stata un’orgia di partite di basket. E ora non sarei qui.
Che cosa avrebbe dovuto rispondergli? Forse che lo sapeva, e che per questo non lo aveva mai rimandato; che ancora oggi, quando passava dal campetto dell’Oratorio, gettava uno sguardo dentro e lo scorgeva sudare e impegnarsi dietro a ragazzi tanto più giovani e più svelti di lui; e che gli affiorava un sorriso al pensiero che in fondo non era lui l’unico per il quale la vita era rimasta uguale a quando aveva vent’anni. Forse avrebbe dovuto osare; accorciare le distanze, farlo ridere.
E invece si era limitato a schermirsi e arrossire. [...]
Progetti futuri?
Eccome! Sto lavorando a due progetti paralleli, slegati tra loro e molto diversi. Confido di poter dare un’accelerazione almeno a uno dei due, che nei miei progetti dovrebbe uscire per il 2020.
È stato un piacere ospitarti nel mio blog. In bocca al lupo!
Nessuno dei suoi colleghi del tempo l’avrebbe pronosticato: invece lui aveva sempre creduto in quel ragazzo robusto, spavaldo ma buono. Lei ha salvato la mia vita, Prof gli aveva detto quel pomeriggio. Se avessi preso l’esame di Latino mi avrebbe dovuto bocciare: per me l’estate è sempre stata un’orgia di partite di basket. E ora non sarei qui.
Che cosa avrebbe dovuto rispondergli? Forse che lo sapeva, e che per questo non lo aveva mai rimandato; che ancora oggi, quando passava dal campetto dell’Oratorio, gettava uno sguardo dentro e lo scorgeva sudare e impegnarsi dietro a ragazzi tanto più giovani e più svelti di lui; e che gli affiorava un sorriso al pensiero che in fondo non era lui l’unico per il quale la vita era rimasta uguale a quando aveva vent’anni. Forse avrebbe dovuto osare; accorciare le distanze, farlo ridere.
E invece si era limitato a schermirsi e arrossire. [...]
Progetti futuri?
Eccome! Sto lavorando a due progetti paralleli, slegati tra loro e molto diversi. Confido di poter dare un’accelerazione almeno a uno dei due, che nei miei progetti dovrebbe uscire per il 2020.
È stato un piacere ospitarti nel mio blog. In bocca al lupo!
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