Chiara osservava
la cortina della sera scendere sulla città di Ferrara. Seduta in auto accanto a
Nina, sua sorella, ripensava al viaggio in treno e a Samuele, il passeggero che
le aveva tenuto compagnia. Sorrise, ricordando i suoi occhi chiari, le spalle
larghe, il fisico asciutto celato dalla tuta sportiva. Quel weekend
improvvisato non era la sua massima aspirazione, ma le fredde pareti del suo
appartamento a Firenze le trasmettevano una sensazione di disagio, soprattutto
ora che Alberto se n’era andato per folleggiare con la nuova segretaria. Un
vecchio cliché ma, purtroppo, ancora attuale.
Sbirciò la
sorella al volante: stessa chioma ribelle, stessi occhi accessi e curiosi. Nina
non era cambiata, nonostante fossero trascorsi sei mesi dal loro ultimo
incontro.
Raggiunsero Corso
Giovecca. La sorella parcheggiò l’auto e, insieme, si avviarono verso
l’ingresso della palazzina in cui risiedeva; poi arrivò la chiamata di Roberto,
il marito di Nina, e questa mutò espressione, rispondendo al telefono.
Chiara si stupì
di quel litigio, li ricordava come una coppia affiatata. Si guardò attorno, poco
distante l’ospedale S.Anna si ergeva in tutta la sua importanza e, lì accanto, uno
striscione recitava Museo Palazzina
Marfisa d’Este. Osservò l’edificio di fronte all’entrata del pronto
soccorso: era costituito da mattoni regolari, le finestre protette dalle
inferriate e l’ingresso incorniciato da due candide colonne.
E poi udì uno
scalpiccio che si avvicinava, come di zoccoli di cavalli sull’asfalto, e il suono
di una frusta che colpiva i destrieri. Si volse, incuriosita, ma non c’erano cavalli
sulla strada, solo automobili e qualche ciclista. Tornò a osservare la sorella,
ancora al telefono, quando udì nuovamente quel calpestio e, contemporaneamente,
uno spostamento d’aria alla sua destra, come di una vettura che la sfiorava nell’incedere. (Continua ...)
Racconto inserito nell'antologia "Italia: terra d'amori, arte e sapori" (EWWA)
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