lunedì 11 marzo 2013

INTERVISTA A ANGELA CONTINI

Ciao Angela, benvenuta nel mio blog!
Raccontaci qualcosa di te.

Parlare di me mi imbarazza sempre, sono piuttosto timida, ma questa è un’occasione speciale quindi cercherò di liberarmi del mio atavico impaccio.
In realtà non c’è molto da dire su di me, se non che sono una sognatrice. Ecco, questa è la definizione che descrive il mio carattere. Il sogno: il fattore che più di ogni altro ha condizionato la mia vita e la conseguente creatività che il sogno porta.
Fin da bambina sono sempre stata chiusa in un mondo tutto mio dove lasciavo entrare solo chi ritenevo in grado di sognare quanto me. Non che fossi una ragazzina chiusa o introversa, niente affatto, anzi, ero molto socievole, solo che ho sempre avuto bisogno di momenti tutti miei in cui lasciarmi andare al sogno. E quei momenti solitamente erano dedicati alla scrittura e alla lettura, passioni che si sono espresse in me fin da quando sono stata in grado di capire l’alfabeto. Nel tempo le ho sviluppate attraverso attenti studi di grandi autori, una su tutte Jane Austen. Anche se poi il mio genere di scrittura è molto più moderno e attuale. Così come lo sono gli argomenti, dato che amo scrivere il Fantasy e lo Urban Fantasy.
Sono nata e cresciuta in Germania, in una fredda città del nord. Ricordo con dolce nostalgia quei giorni, la neve che riempiva ogni inverno senza sosta, le estati passate nei Luna Park, davvero giorni meravigliosi. Poi mi sono trasferita in Italia, nel Salento, luogo d’origine dei miei genitori, dove ho finito gli studi e dove ho incontrato mio marito, sposato da poco.
I miei erano spesso fuori per lavoro e così sono cresciuta con mia nonna e le mie zie, tanto da farmi sentire un po’ come una 'Amy' di "Piccole Donne!, coccolata e viziata a più non posso, ma anche accompagnata da saldi valori morali che ancora oggi segnano ogni mio passo.
Verso i diciotto anni ho deciso di trasferirmi a Londra per un breve periodo, per imparare a camminare con le mie gambe, senza l’aiuto di mamma e papà. Così mi sono cercata un lavoro, una casa e ho vissuto lì i quattro mesi più belli della mia vita, incontrando persone meravigliose che ancora oggi sono mie amiche. Vivevo con poco, ma mi bastava. E’ stata un’esperienza che non ha arricchito le mie tasche, ma che ha riempito di grandi emozioni e ricordi il mio cuore.
Insomma, oggi, a trentacinque anni suonati, posso dire di aver un bagaglio culturale e di vissuto non indifferente ed una cosa di cui vado molto fiera.

Sei nata in a Solingen, in Germania, e hai studiato a Londra per qualche mese. Cosa porti con te di questo succoso bagaglio multi-etnico?
La vita. Questo mi porto dietro. Una vasta cultura di usi e costumi molto diversi. Ho incontrato persone di ogni etnia, credo religioso e lingua e solo una cosa ho capito da tutto questo: che siamo tutti fatti dalla stessa mano. Le differenze stanno negli occhi di chi guarda.
Ho imparato molto da tanti e tanti hanno imparato molto da me. Ci siamo scambiati la vita, così come i calciatori si scambiano la maglia alla fine di ogni partita.

Sei un’appassionata lettrice. Quali autori annoveri sui tuoi scaffali?
Beh’ Jane Austen abita di sicuro da molto la mia libreria. La Dickinson per la poesia, così come molti altri scrittori e poeti del settecento e dell’ottocento, partendo dalle sorelle Bronte, a Elizabeth Gaskell, gli scrittori russi (anche se li ritengo personalmente pesantucci) praticamente tutti quelli che riesco a ricordare di quel particolare periodo storico. Una passeggiata nella letteratura greca non mi è mai dispiaciuta, quindi "Iliade", "Odissea"… Oh, e non dimentichiamo il capolavoro senza tempo de "La Divina Commedia", ma elencarli qui sarebbe impossibile.
Poi c’è la mia libreria moderna che annovera scrittori come Cassandra Clare autrice della famosa saga Urban Fantasy "Shadowhunters", J.K. Rowling, Neil Gaiman, Claudia Gray, Maggie Stiefvater, Kinsella e tanti, tanti, tanti altri.  Ti basti pensare che non so più dove mettere i libri.
La penna di Jane Austen ti entusiasma. Hai mai pensato di cimentarti in un romanzo che rifletta quel determinato periodo storico?
In realtà no. Il mio stile di scrittura appartiene troppo a questi tempi perché io possa essere in grado di rendere piena giustizia a quel tempo e a quei costumi.
Per quanto io ami Jane Austen e il suo stile , che ritengo oltremodo moderno, ho sempre pensato, leggendo autori che hanno in qualche modo provato ad imitarla, che si perdessero in  espressioni troppo affettate e vecchie come il cucco.
Non amo particolarmente la scrittura troppo tecnica, quella per intenderci, che è perfettamente corretta in sintassi e semantica, ma che non lascia al lettore nessuna emozione. Va semplicemente rispettata la grammatica e bisogna fare un uso corretto dei verbi, ma per il resto, sono convinta che bisogna scrivere per la gente normale, non per i critici, e la gente normale ha bisogno di leggere emozioni, non saggi. Quelli li lasciamo agli esperti.

A sei anni hai scritto la tua prima storia ‘fantasy’. Parlacene.
Questo ricordo mi fa sorridere: ero in prima elementare. Eravamo andati al cinema con la classe a vedere un episodio de "I puffi" e la maestra, come compito, ci affidò un riassunto su ciò che avevamo visto.
Non fui particolarmente entusiasta di questo. In testa avevo inventato un episodio completamente alternativo, così, una volta a casa, invece del riassunto mi misi a scrivere una storia tutta mia dove c’erano i puffi, ma dove c’erano anche gli unicorni, i draghi, castelli e perfidi stregoni. Nessuna principessa o principe.

Avevo sei anni, avrei avuto ancora tanto tempo prima di capire che l’amore riempie ogni libro, anche quello in cui sembra che non ci sia.




"Biscotti alla vaniglia" è il tuo primo romanzo. Qual’ è l’input che ha dato vita a queste pagine?
"Biscotti alla vaniglia" è il mio primo romanzo su un genere che propriamente non mi appartiene: quello storico, ma che ho assolutamente sentito la necessità di scrivere.
A dire il vero non so bene come sia nato.  So che guardavo un documentario sull’olocausto e che nella mia testa prendeva vita la storia di una ragazza costretta a sopravvivere al terrore nazista. Sono andata alla scrivania, senza nemmeno accorgermene, ed in poco tempo è nato "Biscotti alla vaniglia".
Parte del merito credo vada anche alla mia passione per lo studio di questo particolare periodo storico che scaturisce dai racconti che mio padre mi faceva di mio nonno, che ha partecipato alla guerra e che poi è diventato un partigiano salvando la vita a molte persone.

Cosa scopriranno i lettori al suo interno e perché dovrebbero acquistare il tuo libro?
Emozioni. Ho scritto di tragedia, certo, di dolore, ma soprattutto di emozioni.
Troveranno forza, coraggio, disperazione, ma anche tanto ottimismo. Troveranno il mio modo di intendere la vita.


La vicenda da te narrata è ambientata nel campo di concentramento di Auschwitz. Una scelta impegnativa. A cosa è dovuta l’idea di questa ambientazione?

E’ stato Auschwitz come sarebbe potuto essere qualche altro campo.
Semplicemente, questo si prestava meglio a dei fatti cronologici realmente accaduti dove ho potuto poi inserire i miei personaggi di fantasia. 

Hai qualche progetto futuro di cui desideri darci un piccolo assaggio?
Ho un unico progetto futuro: scrivere.
Dopo "Biscotti alla vaniglia" ho scritto molti altri romanzi, che però non ho ancora mandato agli editori. D’altra parte, quello che mi è sempre importato davvero è scrivere.
La pubblicazione è solo il contorno di una pietanza molto più gustosa: la voglia immensa di dar vita ai miei personaggi, perché che gli altri li leggano o meno, una volta messi sul foglio, vivono.

Grazie per aver condiviso il mio spazio. E’ stato un piacere intervistarti! In bocca al lupo per i tuoi lavori!

Per seguire Angela ANGIE SUNFLOWER

 

 

 

 

 

 

 

4 commenti:

  1. Grazie a Linda per avermi dato l'occasione di raccontare un po' di me e del mio lavoro.

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  2. Io sento ancora il profumo di quei Biscotti alla vaniglia!

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