lunedì 10 dicembre 2018

INTERVISTA A DARIO POZZI


Ciao Dario, benvenuto nel mio blog. Raccontaci qualcosa di te. 

Ciao Linda, grazie a te.
Sono nato a Milano, ma sono cresciuto in un paese a nord di Milano, Solaro. Un luogo un po’ diverso dalla metropoli, con una fitta brughiera ai suoi confini. Il Parco Groane. Amo in particolar modo i boschi, sono il mio legame con questa terra. Cerco di parlarne in ogni mio romanzo, anche in quelli che ho scritto con GhostWriter, e dei quali non posso dire nulla, purtroppo.
Per qualche strano motivo, casa è sempre casa, perché è un luogo speciale per me, forse non di per sé stesso. Comunque, anche se ho girato mezzo mondo o a pensarci bene, quasi tutto, mi ritrovo sempre ebbro del bisogno di tornare indietro. Rimettere un passo dietro l’altro e tornare a casa.
Nella vita, oltre a scrivere, mi occupo di varie attività imprenditoriali, ma quando scrivo lì trovo un luogo dove tutto prende la forma ed il senso della perfezione. Un luogo incantato attraverso il quale rivedere il mondo, forse per quello che realmente è.

L’università, l’arte e la filosofia fanno parte del tuo vissuto. Quando si è accesa in te la scintilla della scrittura, e dove trovi il tempo per scrivere?

In verità, la scintilla dello scrivere è nata prima di tutto, prima dell’università, prima dell’arte, prima della filosofia. E’ stata, assieme alla lettura, la sorgente della maggior parte delle mie scelte, ciò nonostante, sono ben lontano dall’essere un topo da biblioteca, attratto come una falena dalla luce dell’azione.
Per quanto riguarda il conciliare il mio poco tempo libero con lo scrivere ho adottato un metodo molto semplice, non dormo. Sono da sempre un incurabile insonne, che ha scelto di non curare questa sua caratteristica, ma di sfruttarla a proprio favore. Motivo per il quale, quando tutti dormono, io scrivo.
E’ tipico di chi manifesta un problema cronico, combattere il problema e considerarlo come un difetto, un elemento debilitante o al quale arrendersi. Niente di più sbagliato. Mi sono fratturato spesso durante il corso della mia esistenza, troppe volte forse, (resto comunque un uomo d’azione), ma non rimpiango nessuno dei miei incidenti, infatti non li ho mai visti come delle brutte esperienze.
Credo invece di aver vissuto uno dei periodi più belli della mia vita, quando mi sono rotto il ginocchio sinistro.
Mi ha permesso di intessere un legame ancor più forte con mio padre, avendo bisogno della sua esistenza, così, anche in quel tempo ho seguito il flusso, lasciato che la vita mi trasportasse, dando solo dei piccoli assestamenti. L’inabilità temporanea mi ha insegnato ad osservare la vita in diversi modi, a secondo del mio muoversi attraverso di essa, attraverso un tempo diverso. Avere dei tempi più dilatati mi permise di scoprire cose di me stesso così importanti da essere ora considerate vitali.
Sembriamo sempre bisognosi di riempire il tempo, sprecandolo. Non gli diamo la giusta importanza. La nostra società ci spinge a non guardarci più attorno, a non osservare più le cose. Oggi, noto che la maggior parte dei giovani sono divenuti delle bambole di pezza, scosse in maniera frenetica da un maestro del tempo che le obbliga a non guardarsi più dentro, ma a vedere sé stessi ed il mondo attraverso lo schermo di uno smartphone.

Sei stato un pittore. Parlacene.

E’ stato una vita fa, ma mi sono ripromesso che un giorno riprenderò a dipingere. Ho creato in me una sorta di archivio delle immagini e delle sensazioni da trasmettere attraverso le mie tele. Un giorno ri- esploderanno, altrimenti con molta probabilità lo farò io.
Comunque, da giovane, anche ai tempi dell’università mi sono dedicato con buoni risultati alla pittura, non preoccupandomi tanto dei premi e dei riconoscimenti avuti, quanto della reazione della gente e dei collezionisti alle mie opere. Ho venduto parecchio, ma molto di più ho regalato alle persone care, poi un giorno sono sparito. Semplicemente, ero entrato in un meccanismo produttivo che non mi piaceva più. Dipingevo quasi su commissione del mio agente, così ho mandato tutti a quel paese, regalato alle persone a me care le mie opere e cambiato vita.

Sei anche consulente storico ed editor. Cosa ti gratifica di più?

Ciò che più gratifica è essere un chiacchierone. Amo scrivere, amo tirare fuori dai miei autori il loro meglio, ma ancor di più raccontare storie e scovarne nella storia. Mi spiego meglio.
Adoro trovare la parte mancante delle cose, quella cosa che nel trattare la storia, quella con la “S” maiuscola, può essere definita come “ragionevole dubbio”. Il bello è che sono particolarmente bravo a farlo. Quando alcune vicende legate ad un personaggio storico o ad un periodo non mi convincono, perché alla fine ho la percezione che non siano logiche o coerenti con il contesto, comincio a fare ricerche. L’ultima volta che mi è accaduto mi sono ritrovato in viaggio alla ricerca di quel qualcosa che facesse la differenza nel poter raccontare la vita della famiglia di papa Alessandro VI Borgia, di Cesare, dei suoi fratelli e di Lucrezia.
Poi me la chiacchiero. Adoro avere un pubblico. Normalmente le mie presentazioni sono tutt’altro che il classico incontro dove si leggono pezzi del romanzo e si risponde alle domande dell’intervistatore.
Che noia! I miei sono dei veri e propri “one man show”! Adoro coinvolgere le persone nella narrazione di quel “ragionevole dubbio” e renderle partecipi delle mie scoperte.

Dalla tua biografia emerge che sei un discendente dei Borgia. Che sensazioni provi al riguardo?

E’ una strana e lunga storia, che in parte già sto narrando, ma ti rendi conto che alla fine, della famiglia Borgia la stragrande maggioranza delle persone conoscono solo i pettegolezzi e le menzogne. Amare in particolar modo la figura di Cesare, mi ha spinto a voler trovare nel suo essere un uomo del rinascimento il punto di partenza per una riabilitazione della sua identità, scoprendo che la maggior parte delle biografie contiene una marea di ingiustificate menzogne. 

Sei specializzato in tecniche di combattimento e strategie militari, dall’Impero Romano fino ai nostri giorni. Hai mai pensato di inserire questa tua conoscenza in un romanzo?

Certo, lo faccio ogni volta, ma ancor di più mi piace usare queste mie conoscenze per tirare fuori da impasse gli autori che mi chiedono una consulenza, così da rendere coerente il loro modo di narrare una scena di combattimento o una ambientazione di guerra, che li bloccherebbe. Non immagini il numero di coloro che quotidianamente mi chiedono un consiglio o di revisionare interi capitoli.

Nel 2018, esordisci con “Io, Cesare Borgia”. Cosa troveranno i lettori al suo interno?

Un romanzo che sposterà drasticamente il loro modo di vedere Cesare Borgia e la sua famiglia. Spesso si cerca di narrare un personaggio storico con il nostro modo di vedere di uomini e donne del 21° secolo, nulla di più errato. Il problema consiste proprio nel punto di vista. Non puoi davvero comprendere un uomo del rinascimento, se prima non metti in discussione te stesso e non ti poni su livello diverso.
Nel romanzo svelo alcuni misteri nascosti, come un segreto di Pulcinella, proprio sotto i nostri occhi.
Troveranno tutti i personaggi più importanti del rinascimento, da Lorenzo il Magnifico a Leonardo da Vinci, visti con gli occhi del loro tempo, o almeno nel modo che più possa avvicinarsi al loro tempo.
Troveranno un opera poetica e violenta, brutale e delicata, una danza giocata con diversi ritmi e musicalità tra amore e morte, ma non finirà lì…


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Qual è stato l’input per questo libro?

Una necessità. L’amore oggettivo e potente per Cesare Borgia. Molto simile all’amore che un nipote ha per un nonno, ma che riesce a vedere l’antenato per quello che è, vizi, virtù, difetti e pregi.
… e tanta stanchezza. Stanco di vedere trattare così male un personaggio che fino a prova contraria è stato il più grande condottiero del rinascimento. Non certo un santo, ma nemmeno quel demonio che è stato dipinto.
Non solo lui.
Per i più Lucrezia era una puttana. Alessandro VI Borgia un incestuoso ed inutile Papa.… e  Cesare Borgia un sadico folle e depravato.
Nulla di più falso e distante dalla realta.

Quali tematiche affronti e quale messaggio vuoi trasmettere?

La tematica principale è l’essere umano. L’uomo rinascimentale finalmente esce dall’oscurità del medioevo, dove è stato messo in disparte, soffocato e represso, per esplodere nella sua vitalità.
Il messaggio è semplice. Innalzate voi stessi. Osate. Imparate a ragionare al di fuori degli schemi e battetevi per emergere dalla massa, spesso ignorante e capace solo di reprimere le attitudini personali.
Siamo nell’epoca dello specializzarsi, ma non della conoscenza. Non ci chiediamo più da dove veniamo, perché siamo troppo presi dalle distrazioni quotidiane e dal bombardamento mediatico.
Siamo Atene, pochi giorni prima della caduta per mano di Sparta.

In cosa si differenzia il tuo romanzo, rispetto alle tante biografie sui Borgia?

Per prima cosa non si tratta di una biografia, perché è tale l’interazione dei personaggi ed il vortice dell’azione, da non potersi proprio definire tale, eppure quello che ne fuoriesce è un Cesare Borgia vero e coerente con il suo tempo.
Spesso i biografi sono convinti che per scrivere una biografia o un romanzo dotato di coerenza, sia sufficiente conoscere i fatti. Nulla di più distante dalla realtà.
Bisogna pensare come Cesare Borgia, amare come il Valentino, vivere come un Borgia di fine ‘400, attraverso un percorso formativo tutt’altro che semplice, ma del quale non svelerò di certo i segreti.
Soprattutto, bisogna amare il personaggio, sentirlo nelle proprie corde. Come prima cosa bisogna lavorare su sé stessi. Togliersi le proprie maschere ed indossare quelle molto più primordiali dell’uomo rinascimentale. Adattare i propri princìpi, e riscoprirsi, ripercorrendo le vicende di Cesare ad approvare le sue scelte, ed a scoprirsi nel proprio profondo persino più crudeli e risoluti.
Spesso i biografi si limitano a cercare del materiale ed a narrare le vicende. Qui non troverete nulla di tutto ciò.
Nel mio romanzo, "Io, Cesare Borgia", troverete un Cesare sconosciuto.
Mi è costato una vita intera di ricerche smontare buona parte delle falsità narrate sul Valentino, ma finalmente un Cesare, uomo diviso tra Dio e il mondo, capace di mostrarsi al mondo per ciò che è stato.  

Il tuo pensiero sul Self Publishing?

Posso essere diretto e schietto? Non me ne vogliate.
Credo che il Self sia un modo veloce per raggiungere un obiettivo al quale si teme di non poter arrivare. Comprendo che il mondo dell’editoria sia un ambiente di squali che sgomitano per dividersi gli avanzi del pasto delle grosse CE, pieno di persone poco serie. Oberato di falsi operatori, di incantatori di serpenti e di dispensatori di panacee, ma esiste la tenacia, il voler combattere e la volontà di ottenere dei risultati, semplicemente applicandosi.
Detto ciò, trovo il Self l’equivalente di una attività onanistica, svolta per ottenere una gratificazione personale indipendente dal resto del mondo. Quasi un gesto privato da manifestare in pubblico.
Poi possiamo tranquillamente lamentarci con infiniti bla, bla, bla, di come il mondo dell’editoria possa aver deluso alcuni e traumatizzato altri.
Il Self credo svolga la stessa funzione psicologica del suo più stretto cugino, il Selfie (fotografico), una manifestazione filtrata e censuata di sé stessi e del proprio bisogno di ottenere gratificazione attraverso l’approvazione del prossimo.
Ciò nonostante, ho scoperto alcuni autori ed autrici di Self che seguo costantemente e che annovero tra le mie amicizie letterarie, ma ritengo che quei pochi meritino di più e, confesso, li ritengo sprecati per le auto-pubblicazioni. 
Ora affrontato l’aspetto psicologico delle maggior parte di coloro che pubblicano in Self (so che verrò sbranato vivo, perché oggi chi esprime in maniera diretta e schietta la propria opinione è fondamentalmente un folle), posso dire con tranquillità che ognuno nella vita può fare ciò che vuole con le proprie opere, pubblicarle, leggerle in pubblico, distruggerle, pulirsi le parti intime, dispensarle a chiunque ai quattro venti, anche gratuitamente, farci un falò o la base per dei tavolini, l’importante è che non mi annoi con sterili ed inutili polemiche relative alle mie affermazioni. Non ho la verità in tasca e non pretendo di averla. Ho solo espresso un parere personale.  Posseggo un ego troppo grande per non annoiarmi.

La tua esperienza con La Strada per Babilonia, è stata positiva? Consiglieresti questa casa editrice ai tuoi colleghi?

Io amo la casa editrice La Strada per Babilonia! Adoro Alessandra Monaco che ne è la titolare. Una specie di “fatina buona” in un mondo di opportunisti, intarsiato di tanto di in tanto dalla presenza di altri seri professionisti.
Consiglierei la casa editrice non tanto per i miei colleghi, ma per la qualità dei suoi prodotti, perché diciamocelo, la maggior parte degli autori non è pronta ad affrontare la critica, e vi garantisco che la professionalità di Alessandra necessita di una forte capacità di mettersi in discussione.
Mi spiego meglio.
Se siete convinti di essere dei geni assoluti e che le vostre opere siano di per loro stesse perfette, allora non contattate la Strada per Babilonia. Non fa per voi. Seriamente, quanti geni letterari conoscete?
Se non siete disposti a mettervi in discussione, allora non contattate la Strada per Babilonia.
Se volete invece affrontare un percorso nel quale scoprire la professionalità di un editore, pronti a crescere professionalmente rivedendo voi stessi, (i tempi sono lunghissimi, come ovvio, non vi chiede soldi e investe di tasca propria), allora armatevi di pazienza e sperate di superare la selezione della casa editrice La Strada per Babilonia.

Progetti futuri?

Entro dicembre uscirò con un romanzo breve scritto a quattro mani, con la mia co-autrice (la bravissima) Monica Maratta, che narra del filo conduttore che ha legato Lord Byron a Lucrezia Borgia, nonostante le loro vite siano state distanti secoli, il tutto su più sfondi della penisola italiana, tra i quali quello di Ninfa, un luogo meraviglioso, poco distante da Roma, del quale narriamo la leggenda.
Il prossimo anno uscirò con il primo di una serie di tascabili con le avventure di una ragazzina, ripercorrendo delle leggende, delle creature e dei misteri della nostra bella Italia, ormai dimenticati.
Seguirà un romanzo storico, ancora a quattro mani con Monica Maratta, sulla vita e la morte drammatica di Beatrice Cenci.
… un erotico e, via via, tirando fuori dal cassetto decine di lavori pronti per essere pubblicati.
… senza dimenticare il seguito di “Io, Cesare Borgia.”

È stato un piacere ospitarti nel mio blog. In bocca al lupo!

Grazie a te Linda, un onore ed un piacere, ringraziando anche coloro che leggeranno questa mia intervista.
Grazie a tutti. Vi aspetto in libreria o alle mie presentazioni. 

Per seguire Dario   DARIO POZZI

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