lunedì 19 novembre 2018

INTERVISTA A MELANY STAR


Ciao Melany, benvenuta nel mio blog. Scrivi sotto pseudonimo, perché questa decisione?

Ciao Linda, e grazie per la tua curiosità. Lo pseudonimo libera la mente secondo me.  Ho letto molti romanzi  di perfette sconosciute e, quando arrivavo alla fine, mi chiedevo chi poteva averli scritti e su quali molle avessero contato,  non tanto per imbastire la trama, ma per annodare gli episodi con le emozioni. Il nome non mi diceva niente e, nella maggior parte dei casi, erano appunto pseudonimi; mi sono accorta che non era poi così importante.  Sono partita da lì, quando ho deciso di scrivere il mio romanzo. Mi sono accorta che, al solo pensare che avrebbero letto il nome di un’altra, mi scatenava la fantasia. Per recitare si deve essere un po’ schizofrenici, sdoppiare la propria personalità; ecco, credo valga la stessa cosa anche per uno scrittore. 

La laurea in Storia e l’impiego come giornalista. Ti sei occupata di eventi e hai seguito anche visite di capi di Stato e fatti di cronaca di interesse internazionale. Come si è accesa in te la scintilla della scrittura? 

Appunto per questo. Assistendo ad eventi pubblicisi vedono un sacco di cose. Dove c’è una concentrazione di persone, soprattutto di provenienza diversa per cultura e ceto sociale, si possono notare davvero molti particolari: sensazioni, emozioni, tanto più se c’è il patos di un evento internazionale, su cui sono puntati i riflettori di tutto il mondo. 
Mi ha sempre colpito  quello che non viene detto, più di quello che viene dichiarato, ciò che sembra non accada, piuttosto di ciò che accade, e ai giornalisti capita di raccogliere gli sfoghi degli addetti alla sicurezza o al cerimoniale, sono gossip, con la differenza che non si possono divulgare, perché la deontologia  ti chiede di proteggere le fonti e perché rischi di perdere l’accredito per l’evento successivo. Volevo scrivere quello che non avevo ancora letto in nessun libro. 

Hai trascorso la tua infanzia negli Stati Uniti. Parlacene. 

Ho trascorso l’infanzia negli Stati Uniti e, infatti, ogni tanto qualcosa emerge nei miei libri. Sugli americani e sugli Stati Uniti, davvero c’è una letteratura vastissima; un'italoamericana, secondo me, deve puntare a raccontare il suo vissuto a metà tra Italia e Stati Uniti, un’esperienza in cui potrebbero riconoscersi anche molti altri, che si sono trasferiti  da soli o con la famiglia lasciando le loro radici, l’immigrazione è nata con l’uomo. 

Quali sono i tuoi autori preferiti e, tra loro, c’è qualcuno che consideri tua Musa?

Oh sì, molti. Ne cito uno, però, Umberto Eco e il suo “Il nome della rosa”. Un libro fantastico,  secondo me , perché ha tutto quello che amo: la storia, raccontata  da uno storico che non  si fa ingannare dagli stereotipi(nelle sue pagine restituisce al medioevo quello che gli spetta, ossia l’immagine di un'epoca dove c’erano luoghi e uomini molto illuminati, del resto anche la storiografia progredisce nei metodi esattamente come la scienza), il mistero, la passione, la sensualità quella atavica, la politica, la bellezza, l’arte. 

Nel 2018, esordisci con “Settembre Veneziano” Cosa troveranno i lettori al suo interno?

Gli ingredienti che ho citato: mistero, passione, politica, arte, un po’ di storia, il glamour e  la leggerezza. Mi divertono le coppie che battibeccano , che si stuzzicano soprattutto nei momenti più drammatici, perché è il modo per uscirne meglio. 
Le prevaricazioni sono divertenti, se prese a piccole dosi. E’ un giallo ambientato nelle calli e nei palazzi veneziani, dove i discendenti di antiche famiglie veneziane si sono ritagliati un loro spazio anche in una Venezia affollata dal turismo "mordi e fuggi"; più che altro sono un pugno di veneziani a dividere la bellezza unica della città con i vip, vivendo in un mondo parallelo che non entra mai in contatto con il turismo di massa. 
Ecco, questa è una delle cose che volevo raccontare: Venezia è uno scrigno che si apre a pochi, esattamente come un tempo, non è vero che sta morendo. Certo si sta svuotando di una generazione di residenti, ma ne sta acquisendo altri con più potere economico e politico. Il libro ruota attorno a questi ambienti che permettono, a chi li frequenta, di controllare il mondo, proprio come un tempo faceva la Repubblica “Serenissima”. C’è un potere e un contropotere, e in mezzo rimane coinvolta una coppia: lei, una giornalista curiosa che indaga su un suicidio, temendo si tratti di un femmicidio; lui, un esperto d’arte che viene trascinato in indagini in cui pare che ci provi gusto, tra saloni mozzafiato, pied-à- terre e calli nascoste.


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Quali tematiche affronti?

Il femminicidio e il potere in generale. Sì, perché anche ammazzare la propria amante, la propria compagna,  o la donna di una notte, è un modo per rivendicare il proprio potere di un uomo su una donna. Questo è, forse, l’ultimo anello di una lunga catena, però, dove al vertice non ci sono i capi di stato, ma contropoteri che si muovono nell’ombra  e  sono molto più forti. Non si tratta di paranoia. In questo pianeta si può comprare tutto, anche il consenso elettorale, e non mi riferisco allo scambio volgare di denaro, o di posti di lavoro. Chi ha molto denaro può pagare opinion leaders, pilotare capi religiosi e trasformare arabi disperati in kamikaze pronti a tutto, può finanziare campagne  stampa e distruggere l’immagine di persone autorevoli scomode, può assoldare Killers  e decretare in una guerra il vincitore, fornendo armi e logistica, può dirottare l’odio di interi popoli contro altri popoli e dividere per avere più controllo. In tutto questo, mi piace pensare che ci sia chi riesce a farla franca,  a districarsi  nel guazzabuglio di chi è contro chi, a non prendersi troppo sul serio  e a divertirsi come la coppia  di “Settembre  veneziano”. 

Quale messaggio vuoi trasmettere?

Che si può sopravvivere e, a volte, anche vivere con serenità, se riusciamo a sorridere e a ridere di noi stessi, a prenderci in giro e ad accettare che lo facciano gli altri, evitando la prevaricazione ossessiva nel lavoro e nella vita privata. 

Qual è stato l’input per questo libro?

Una frase: "L'amore inizia con un'immagine; la lussuria con una sensazione". Lo ha detto Mason Cooley. 
Ho pensato che è vero: tutto inizia con una sensazione, e poi ci ha messo lo zampino il mio lavoro, quello di giornalista. Prima ancora, la voglia di scrivere qualcosa che non fosse legato alla nuda cronaca. Mi sono divertita, mi sono sfogata, come se avessi fatto una maratona e ora ci ho preso gusto. Se qualcuno mi vuole leggere e dirmi cosa pensa della mia follia sono qui, ma credo che continuerò a scrivere anche se appassionerò nessuno, perché è troppo divertente. 

Perché il terrorismo?

A Venezia, in questi anni, non si parla  d’altro. E’ una città che ha molto da perdere se esplode un ordigno. Se palazzo Ducale venisse cancellato da un attacco terroristico,  scomparirebbe un luogo che conserva la memoria di un governo che ha controllato il mondo, e si tratta di un patrimonio che può insegnare ancora molto alle future classi dirigenti. E poi, se si parla di contropoteri, il terrorismo è affascinante, pur essendo agghiacciante.  

Hai mai pensato di cimentarti in uno storico, vista la tua laurea?

Sì, certo. Ci vuole tempo, però, per la ricerca storica.  Vorrei raccontare, anche in questo caso, qualcosa che non tutti sanno e un po’ ci sto provando con il secondo libro. 

Il tuo pensiero sul Self Publishing?

Be', l’ho scelto e lo sto sperimentando. Mi piace e credo piaccia anche agli editori di libri cartacei. Mi risulta che il  Self Publishing fornisca, su un piatto d’argento, un romanzo di successo, o avviato  verso il successo. Quanti libri sono stati stampati e rimasti invenduti? Ci sono scrittori che non convincono e, se fosse per le case editrici, rimarrebbero sconosciuti, e altri che convincono e si rivelano un flop. Così, c’è una possibilità per tutti. Ho letto un’intervista dello scrittore Camilleri, in cui spiegava che per anni gli editori lo hanno snobbato! Cesare  de Michelis, fondatore della Marsilio Editore scomparso quest’estate, diceva  che è più difficile vendere un libro che scriverlo. 

Progetti in cantiere?

Un secondo libro certo, che avrà ancora Venezia come scenario, ma più agganci internazionali. 

È stato un piacere ospitarti nel mio blog. In bocca al lupo!

Vorrei risponderti “crepi”, ma lo sai che non c’è rifugio migliore della bocca di un lupo. L’augurio nasce proprio da  questa costatazione, io spero di poter contare sempre sulla bocca di un lupo!

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