venerdì 25 novembre 2016

Quel Libro nel Cassetto - ALLA CONQUISTA DEL WESTERN di Patrizia Ines Roggero

Per l'appuntamento con #quellibronelcassetto oggi affronteremo un'ambientazione molto interessante e ampiamente utilizzata dagli autori, e lo faremo con un'Ospite Speciale e cara Amica: PATRIZIA INES ROGGERO.
Patrizia Ines Roggero ha esordito nel 2008 con Sono solo un marinaio. Autrice di romance storici, è una delle fondatrici del Facebook Group Io Leggo Il Romanzo Storico e Socia di EWWA.
Collabora con il sito Farwest.it in qualità di articolista ed è corretrice di bozze.




Con Patrizia parleremo del WESTERN.
Come affrontare questo tipo di ambientazione all'apparenza "semplice"? Come gestire i ruoli dei personaggi e le dinamiche in questo particolare contesto? Quali errori non commettere e quali linee guida da seguire?
Se pensate che il Western sia fatto solo di bei Cowboy in sella a destrieri, ranch e lazzi, leggete questo interessante articolo, potreste ricredervi.




ALLA CONQUISTA DEL WESTERN



Trapper, pionieri, cercatori d’oro, cacciatori di taglie, comancheros, ranger, cowboy, nativi, scout, sceriffi, cacciatori di bisonti, operai della ferrovia, fuorilegge, pistoleri, prostitute... Queste sono le figure principali del West, quelle che ne hanno scritto la storia. Alcune, esaltate dal mito, sono giunte a noi con le più colorite sfumature che il tempo gli ha dipinto addosso, e ciascuna ha la sua collocazione negli anni e nel territorio dell’epopea western. Non metteremo quindi un ranger nel Montana, perché questo è un corpo di vigilanza esclusivo del Texas, così come non metteremo un comancheros in una zona lontana dalla Comancheria, ossia quel territorio appartenente ai Comanche che, circa fino al 1875, si estendeva tra gli attuali stati del New Messico, Texas, Colorado, Kansas e Oklahoma. 

L’epopea western segna un percorso storico che attraversa quasi tutto il XIX secolo e che ha inizio con l’acquisto della Louisiana nel 1803. Prima, infatti, la porzione di America compresa tra il Mississippi e le Montagne Rocciose era sotto il dominio francese, una terra perlopiù selvaggia, abitata quasi unicamente da tribù di nativi. La giovane storia di questo territorio è la vera difficoltà che s’incontra nel cimentarsi in un romanzo western. Noi europei dobbiamo infatti scrollarci di dosso l’idea che abbiamo delle città e dei luoghi ottocenteschi nostrani e immedesimarci in una regione vastissima, con una densità di popolazione molto bassa e costituita perlopiù da uomini. Le donne erano una rarità ai tempi della colonizzazione dell’Ovest, per questo si ricorreva spesso alle mogli per procura, tramite annunci sui giornali dell’Est.

Le città nascevano e morivano nel giro di un battito di ciglia, questa è un’altra difficoltà che s’incontra durante la stesura del romanzo. Prima di mettersi a scrivere, è bene quindi fare un’accurata ricerca sui luoghi che si vogliono toccare, perché potrebbe capitare di menzionare una città ancora non fondata o non più abitata. Si deve tenere conto anche delle distanze che dividevano tra loro i centri abitati e, soprattutto, questi ultimi dai ranch e dalle fattorie. Spesso, almeno nei primi anni della colonizzazione, non era tutto a portata di mano e queste persone vivevano davvero isolate in luoghi molto distanti dalla civiltà alla quale tornavano poche volte l’anno, giusto il tempo di fare provviste.

Se ambientiamo un romanzo nei territori montani all’inizio del XIX secolo, incontreremo di certo un trapper o mountain man, primi esploratori del West e cacciatori di pellicce. Sebbene già esistenti alla fine del XVIII secolo, è nel primo trentennio del 1800 che la loro figura prende davvero risalto. Il nostro trapper sarà un abile cacciatore, magari con una moglie indiana che si occupa delle faccende domestiche e della concia delle pelli. Quasi un ibrido tra bianchi e nativi, perché di questi ultimi aveva assunto parecchi usi utili a sopravvivere in quei luoghi. Vestirà abiti di pelle e indosserà quasi sicuramente un cappello di pelliccia. Lo muniremo di un paio di cavalli e muli con i quali farà ritorno alla civiltà solo in occasione dei raduni di trapper, dove venderà i frutti della caccia. Ma, come per tutta l’epopea western, bisogna fare attenzione alle date, perché già nel 1830, con il crollo dei prezzi delle pellicce di castoro, non più così richieste nell’Est e in Europa, questi personaggi spariranno e si dedicheranno ad altri impieghi. Grazie alla conoscenza che avevano del territorio, molti di loro diventeranno guide per i pionieri e per l’esercito, molto utilizzate nelle guerre indiane.

Il mito dei cowboy, come siamo abituati a vederli nel film e nei libri, nasce molto presto, anzi si può dire che siano stati i cowboy stessi a creare l’alone di eroismo che ha accompagnato queste figure nell’immaginario collettivo. Risalgono infatti agli anni ottanta del XIX secolo, epoca d’oro dei cowboy, alcune canzoni in cui vengono raccontate le gesta eroiche d’impavidi bovari con pistole fumanti pronte a sparare in difesa dei più deboli. Tutto questo venne poi alimentato dal Wild West Show di Buffalo Bill, che portò in giro per il mondo il mito dei mandriani del Far West e in seguito trovò la sua consacrazione nelle pellicole hollywoodiane.
Cappello a tesa larga, sigaretta in bocca, fazzoletto al collo, guanti, cosciali di pelle, il lazo, la frusta e l’immancabile cinturone con due Colt estratte sempre con abilità al primo torto subito. Il cinema ci ha regalato cowboy abituati a sollazzarsi nei saloon, tra giocate a carte, sparatorie e prostitute... be’, non era proprio così. Va sempre ricordato che il cowboy, come suggerisce il nome stesso, è un uomo che viveva appresso e alla mandria e ciò comportava un’esistenza fatta di fatica e privazioni. Di solito erano ragazzi tra i 18 e i 25 anni e la loro vita era molto meno rocambolesca di quanto si possa pensare. Passavano la maggior parte del tempo in sella a un cavallo, nei pascoli o lungo le piste che conducevano ai mercati di bestiame, tra freddo, neve, pioggia, caldo torrido, indiani ostili e coloni che non vedevano di buon occhio il passaggio delle mandrie nei pressi delle loro proprietà.
Va bene dipingere il nostro cowboy con gli elementi che lo fanno apparire un eroe romantico, ma non dimentichiamo chi erano davvero questi personaggi... uomini abituati alla vita nella prateria. Una buona caratterizzazione lo renderà di certo più vero e accattivante. 

I nativi sono uno tra gli elementi fondamentali del West, ma è anche un argomento molto complesso. Va sempre ricordato che vi erano numerose tribù, differenti tra loro per lingua, usi e rituali. Non tutti gli indiani erano abili cavalieri, alcune tribù non hanno nemmeno mai abbracciato la cultura del cavallo. Non tutti gli indiani erano nomadi o cacciatori, non tutti vivevano nelle tende (tipì o tepee).
Ad esempio, un capo Lakota non indosserà un copricapo con corna di bisonte tipico dei Comanche, così come un capo di questi ultimi non indosserà un copricapo con piume d’aquila (almeno fino agli anni settanta dell’Ottocento, quando iniziò la contaminazione culturale tra le tribù e i Comanche presero gli usci di alcune altre entità tribali).
Le tribù stanziali erano più progredite e si adattarono meglio alla cultura dei bianchi, le tribù nomadi, proprio a causa di questo loro perpetuo vagare al seguito delle mandrie di bisonti, ebbero uno sviluppo più lento che le rese cruente e primitive, anche per questo diedero del filo da torcere a pionieri e soldati.

Un mito da sfatare è quello che i soldati con i fucili sono sempre stati in vantaggio sui pellerossa. Ciò in Texas accadde in un secondo momento, quando i ranger presero in uso le Colt che, fino al 1843 erano considerate un’arma poco pratica, e le usarono contro i Comanche. Prima di allora, i fucili a colpo singolo, lunghi, scomodi e imprecisi se si combatteva in sella, non valevano nulla contro le frecce di questo popolo che a cavallo era imbattibile. Nel tempo in cui un soldato ricaricava la propria arma, un guerriero Comanche riusciva a scoccare almeno cinque frecce centrando il proprio bersaglio.
Se vogliamo raccontare di una carovana in viaggio verso l’Ovest, anche qui dobbiamo fare i conti con il territorio. Si muovevano su piste ben precise, in gruppo, su carri coperti, tra polvere, sole, pioggia e freddo pungente. Descrivere un viaggio di questo tipo deve esaltare le difficoltà che queste persone vivevano, la loro tenacia nel voler andare avanti in una terra in cui spesso erano i primi bianchi a mettere piede, e il senso di unione tra le famiglie.
Uno degli errori più comuni è quello di collocare alberi, e quindi far costruire dimore in legno o accendere falò, nel bel mezzo della prateria. Qui il legname era quasi inesistente, non si vedeva un albero per miglia e miglia. Il fuoco si accendeva usando sterco di bisonte e le case si costruivano con zolle di terra. Con l’incremento della popolazione, ovviamente questo cambiò, l’uomo modificò la natura, piantò alberi, fece giungere il legno da altri luoghi, ma i pionieri non avevano altro che zolle di terra e sterco di bisonte.
Se qualcuno moriva durante il viaggio verso l’Ovest, il suo corpo veniva sepolto proprio sulla pista, in una buca profonda e ricoperto di terra. I carri che vi passano sopra avrebbero compattato il terreno ed evitato che gli animali selvatici dissotterrassero il cadavere e ne facessero scempio. Perché non dobbiamo dimenticarci che il West era abitato da grossi felini, orsi, coyote, lupi, aquile... a seconda del luogo ci si poteva imbattere in questi feroci carnivori. 

Il cavallo è il protagonista indiscusso dell’epopea western. Senza di lui non ci sarebbe stato nulla di tutto ciò e deve avere risalto all’interno di un romanzo con tale ambientazione. Mustang, Quartier Horse, Appaloosa... le razze vanno approfondite così come la loro storia, perché sono razze giovani come la terra che le ha viste nascere ed è facile incappare in un errore! Va ricordato che il cavallo è stato reintrodotto in America dagli spagnoli nel XV secolo, ma ci mise parecchio a entrare nelle culture dei nativi che, fino ad allora, usavano i cani come animali da soma. Stessa cosa vale anche per le mandrie di bovini e ovini. Furono gli europei a portarle in America, e va ricordato quando si parla di Nativi, perché non tutti avevano familiarità con questi animali. 

Patrizia Ines Roggero








1. ATTENZIONE AL CAPPELLO: Si associa il West allo Stetson, il tipico cappello a tesa larga, ma lo Stetson risale solo al 1865, periodo in cui inizia la vera e propria epoca d’oro dei cowboy, che terminerà nel 1887 circa, con la fine del pascolo libero e l’arrivo del filo spinato.

2. USA LA PISTOLA GIUSTA: Il connubio West/Colt sorge spontaneo, questa pistola venne però brevettata nel 1836 dal ventiduenne Samuel Colt e prodotta dal 1838 in un’azienda del New Jersey, ma fino al 1843 nessuno sembrava volerla, la giudicavano elegante ma poco funzionale. Inoltre, i revolver a retrocarica erano poco diffusi prima del 1873.

3. IL WINCHESTER NON E' IL SOLO FUCILE DEL WEST: Il Winchester è il primo che di solito salta alla mente, ma il primo modello risale a metà Ottocento.

4. A OGNI TRIBU' LE SUE TRADIZIONI: Ogni tribù ha i suoi usi e costumi, la sua lingua e i suoi territori di caccia. Sono popoli che vivono nel rispetto della natura, la venerano e le sono riconoscenti, questo è un tratto che va sempre messo in risalto, così come la loro spiritualità.

5. APPROFONDISCI LE RAZZE: Fare attenzione alle razze di bestiame e cavalli. West spesso non è solo Longhorn e Mustang.

6. RICORDATI DEI CANI: Anche i cani hanno il loro ruolo, sia come aiuto per cowboy e pastori, sia come elementi delle tribù indiane.

7. RISPETTA I PERSONAGGI ED EVITA I CLICHE': Meglio non creare delle caricature; il cowboy che pensa solo a sbronzarsi e sparare in aria, l’indiano che parla solo per aforismi. Va bene giocare con i cliché, ma senza esagerare.

8.LA RICERCA E' FONDAMENTALE: Troverai molto utile Farwest.it, dal quale si può accedere al suo forum di appassionati. Google Earth è un occhio aperto sui luoghi in cui vogliamo far muovere i personaggi, ma attenzione: il West di oggi è diverso da quello dell’Ottocento, ad esempio, ci sono laghi artificiali e boscaglia dove un tempo c’erano solo prati, non farti trarre in inganno!

9. LA MEDICINA DEL WEST ERA POVERA DI RISORSE: La lontananza dai centri abitati comportava anche la rinuncia alle risorse mediche basilari. Erbe curative, cauterizzazione delle ferite, amputazione, non vi era molto di più.

10. LEGGI E STUDIA: Sono molti i libri che ci raccontano la conquista del West, ma ti consiglio questi: dal punto di vista degli indiani abbiamo “L’impero della Luna d’estate” e “Seppellite il mio cuore a “Wounded Knee”. Dal punto di vista dei bianchi troviamo “Un fischio nella prateria” e “Una Lady nel West”, consiglio quest’ultimo perché è la raccolta di lettere scritte da Isabel Bird alla sorella durante un viaggio in Colorado nel 1873 e offre la visuale in tempo reale di quei luoghi per com’erano davvero.








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