lunedì 18 febbraio 2013

INTERVISTA A ANTONELLA IULIANO


Ciao Antonella, benvenuta nel mio blog! E’ un piacere condividere con te questo spazio!
Raccontaci qualcosa di te.
Ciao Linda, innanzitutto grazie per lo spazio che mi dedichi.  Allora, per cominciare mi presento come una normalissima ragazza che vive in un piccolo paesino dell’Irpinia,  ma che da sempre nutre un amore viscerale per l’oggetto “libro” e, nello specifico, per il romanzo.  Oggi sono una giovane donna che da circa un anno ha realizzato uno dei sogni della sua vita, forse quello che più mi appartiene: pubblicare i miei romanzi.
Prima sono stata una studentessa che tra una materia e l’altra, tra un esame e l’altro, non ha mai abbandonato le sue letture preferite e ogni tanto si concedeva di fantasticare sul diventare una scrittrice.
Da cosa nasce questa tua passione per il mondo della scrittura?
Sin da bambina ho sempre avuto una certa preferenza per tutto quanto avesse a che fare con fogli bianchi e matite colorate. Mia madre  era solita comprarmi quei  giornaletti da colorare  e io ne andavo matta, mi divertivo a imitare i disegni e, già allora, ero diligente e precisina .  Quando, poi, sono arrivata alle elementari mi sono subito distinta in quella che era l’ora di educazione all’immagine. Ricordo che la maestra mi faceva ricopiare sul mio album i quadri  dei pittori.  Arrivata alle scuole medie ho avuto la fortuna di avere un insegnante d’italiano che ci dava sempre dei temi bellissimi da svolgere, dove potevo dar sfogo alla mia fantasia e così, come in una sorta di palestra, ho iniziato a mollare la matita per allenare la penna, il tutto molto spontaneamente. Ho scoperto che mi riusciva più facile scrivere del mondo che avevo dentro anziché disegnarlo. Poi negli anni successivi non ho scritto sempre, anche se avvertivo la consapevolezza delle parole dentro di me, ma leggevo, leggevo tantissimo, anche sottobanco quando andavo al liceo, a scapito dei miei voti.
Oggi so che scrivere è qualcosa d’innato che è venuto fuori a tappe, in modo graduale.
Sei un’accanita lettrice. Dimmi i titoli di tre libri che non dovrebbero mancare nelle nostre librerie.

Solo tre? È difficile scegliere, ma vediamo, una triade perfetta per me sarebbe:
- "Jane Eyre" di Charlotte Brontë
- "Delitto e castigo" di Fedor Dostoevskij
- "L’ombra del vento" di Carlos Ruiz Zafòn


Laureata in scienze religiose. Sei romantica, precisa, maniaca dell’ordine e, soprattutto, ‘una donna nata nel secolo sbagliato’. Spiegaci questa tua definizione.
Si. Ho una base di studi umanistici, filosofici e teologici che mi hanno insegnato a pensare, a conoscere, a filosofare e tutto questo spesso si amalgama bene con lo scrivere.
Per quanto riguarda "l’essere nata nel secolo sbagliato", questa la considero una delle mie poche certezze. Sono attratta da tutto ciò che sa di altre epoche e ciò mi porta a sentirmi spesso un pesce fuor d’acqua nella società odierna, che non mi rispecchia. Per buona parte della mia vita ho letto solo classici dell’ottocento e non penso sia un caso. Gli autori contemporanei sono per me letture molto più recenti e questo sta a indicare come io, anche inconsapevolmente, spesso mi ritrovo molto di più in ciò che proviene dal passato.
Poi si sono una maniaca dell’ordine, in tutto, a volte è esasperante, ma proprio non riesco a tollerare le cose fuori posto o le persone estremamente disordinate.
Nel tuo blog hai dato voce anche ad alcune poesie delicate e malinconiche. Raccontaci del tuo approccio a questo ramo della letteratura.

Si, non so dove ho trovato il coraggio di pubblicarle, ma l’ho fatto. 
Onestamente, credo che per fare poesia, arte forse tra le più sublimi, bisogna avere un dono ancora più speciale, nel senso che le poesie davvero belle, eterne, carismatiche, sono prerogativa di pochi. Io non sento di avere questo dono, anche se in momenti particolarmente tristi della mia vita ho sentito di dover scrivere in versi. Non è facile esprimere tutto quello che si ha dentro con poche parole, sia che esse siano semplici o ad effetto.
Durante la mia adolescenza, per lungo tempo ho letto i versi dei 'Poeti maledetti', mi affascinavano per il loro male di vivere e soprattutto per la schiettezza nei confronti della realtà. Per me quello è il massimo della poesia, ma devi avere un animo inquieto per pensare di arrivarci.
Sei anche amministratrice di alcune pagine sul social network Facebook, in particolare ‘I classici della letteratura straniera’ e ‘Il cimitero dei libri dimenticati’. Di cosa trattano?

“I classici della letteratura straniera” è uno spazio tutto mio, che gestisco da sola, dove propongo agli utenti gli autori della grande letteratura classica di oltre confine nazionale e devo dire che mi ha stupito l’interesse e, soprattutto, il numero di persone che mi seguono. È bello condividere  la passione per i  classici con altre persone, pur non conoscendole. È la dimostrazione che la letteratura non ha confini e soprattutto non ha tempo.
“Il cimitero dei libri dimenticati”, invece, è un gruppo che ho inaugurato in onore del primo scrittore contemporaneo che mi ha iniziata alla lettura dei romanzi contemporanei, cioè Carlos Ruiz Zafòn.
In questo gruppo siamo tutti appassionati dello scrittore spagnolo e parliamo, citiamo e
commentiamo le opere di Carlos, oltre ad attendere tutti insieme i prossimi lavori dell’autore.
 
Nella tua vita, oltre ai libri, c’è un’altra fervente passione ed è la ‘Formula 1’. Parlacene.
'L’amore parallelo che mi ha accompagnata per più di metà dei miei anni' potrei definirla.
La Formula 1 è il solo sport che mi sia mai piaciuto davvero. Per me è sempre stata, al pari dei libri, evasione dal mondo e soprattutto era ciò che spesso mi distingueva dal sesso femminile. Non sono mai stata una ragazza alla continua ricerca della femminilità, anzi, spesso mal digerisco le persone troppo “femministe”, mi danno sui nervi. In questo sport ho trovato il mio palliativo, il mio complementare, il mio esempio di forza e tenacia davanti ai sogni: Michael Schumacher.
Quello che tengo a dire è che la F1 e i libri sono due mondi assai diversi, ma i sogni sono sogni e io in materia di sogni ho avuto un modello come pochi a cui guardare. Ho vissuto la cocciutaggine e la perfezione di un campione che non accettava di arrivare secondo, mai, e per questo lo amavo in modo forse disumano.
Altrettanto cocciutamente io mi auguro il meglio nell’ambiente editoriale. Sono all’inizio, ma sono consapevole di essere quel genere di persona che, della vita, non saprebbe bene che farsene se non spremendola tutta per il grande sogno della sua vita … non lo so quanto questo sogno di scrivere si evolverà in futuro, ma ho tutte le intenzioni di provarci.




 
 
‘Come petali sulla neve’ è il tuo primo romanzo, ormai giunto alla quarta ristampa. Lo ami definire ‘il tuo sogno fuori dal cassetto’.  Un incipit che ha visto la luce nel 1999 e la pubblicazione nel 2012. Raccontaci di questo 'iter' fuori dall’ordinario.
Nemmeno possedevo un pc nel 1999; molti non lo possedevano, a pensarci bene.
Conservo ancora quei primi bizzarri tentativi a penna del mio romanzo e, per questo, mi piace pensare che da allora fino al 2012, anno in cui è stato pubblicato, la storia che racconto è cresciuta con me, era il mio sogno nel cassetto che mi ha piacevolmente perseguitata.
Quando le cose non andavano bene nella mia vita, questo sogno bussava e sembrava dirmi: “ehi, io sono qui, puoi farcela. Tirami fuori”. Io per tutta risposta l’ho ignorato per anni, non ero in grado di tirarlo fuori, senza contare che la vita, la famiglia e la società pretendevano altro … era solo un sogno, un’ illusione. Punto. Alla fine però tutto torna, assurdamente ho dovuto concludere i miei studi per capire che proprio le scelte fatte fino ad allora non erano la mia vera strada, nonostante abbia svolto i miei studi egregiamente.
Appena sono stata libera dalla laurea e da tutte le mie catene ho capito di essere pronta per scrivere. Qualcuno, lassù, mi ha fatto comprendere che il momento era arrivato e così "Come petali sulla neve" è venuto fuori in soli due mesi di lavoro. Notte dopo notte mi dedicavo alla sua stesura e ne ero felice. Ero incredula di come le parole scorressero ed ero decisa a non arrendermi, anche se avessi ricevuto dei 'no' da parte degli editori.
È stato come quando ci si rende conto di essere sulla propria strada, l’unica che si desidera davvero percorrere. Il mio romanzo è sempre stato per me una condanna, ma non nel senso negativo del termine. Semplicemente, soffrivo quando non riuscivo a godermi una festa o una passeggiata con le amiche perché dentro avevo questa storia che non capivo che cosa volesse da me. E’ la dolce condanna di chi scrive, non poter godere appieno di quello che ci circonda perché ,pian piano, si diventa consapevoli che il mondo dentro è ben più grande e bello di quello fuori.

Quali temi affronti nel tuo romanzo e perché i lettori dovrebbero acquistarlo?

Il tema principale è senza dubbio quello dell’abbandono.
Nel mio romanzo, il mio intento è quello di far toccare al lettore la corda della solitudine e fargli capire che alla fine non è così brutta come spesso si pensa. La solitudine ti mette in contatto con la parte migliore e peggiore di te e il mio protagonista, Philip, ha un animo non comune per essere un ragazzo moderno. Ci sono state un paio di recensioni al mio libro che hanno colto quest’aspetto e la cosa mi ha gratificata tantissimo.
È una storia di perdita, di coraggio, di sconfitta, di vita che infierisce su 'chi' di schiaffi ne ha già ricevuti, nessuna favola.
Un altro aspetto che tenevo a far emergere in questo romanzo è l’amore fraterno. Io sono stata figlia unica per i primi dodici anni della mia vita e desideravo ardentemente un fratello o una sorella, quindi un po’ ho conosciuto quel tipo di solitudine, quella mancanza che c’è nel libro. Philip scopre di avere addirittura un gemello e la gemellarità è un fenomeno che mi ha sempre affascinata moltissimo, la simbiosi, la complementarità di due esseri, una coppia effettiva per natura e non elettiva, come invece può essere una coppia di fidanzati. Ho addirittura letto libri di psicologia gemellare e ogni tanto ho osservato mia madre e sua sorella, in quanto gemelle. 
Perché acquistarlo? Per il semplice motivo che leggere fa bene all’animo umano.

Un particolare che salta agli occhi durante la lettura del tuo romanzo sono i piccoli riferimenti all’universo delle sorelle Brontë: il libraio presso il quale Philip trova lavoro si chiama 'Thornefield', proprio come la tenuta di Mr.Rochester in “Jane Eyre”. Una coincidenza o un tuo omaggio alla letteratura inglese?
Omaggio. Uno dei tanti piccoli omaggi che, quando scrivo, faccio a quella che io reputo essere la scrittrice più grande di sempre: Charlotte Brontë. La sento affine al mio modo di essere 'Charlotte', ne leggo sempre volentieri e, nel mio primo libro, in cui i riferimenti alla letteratura classica non mancano, lei doveva esserci in qualche modo, seppur prendendo in prestito un semplice nome.
Nel secondo ho fatto di più, è quasi tutto incentrato sulla sua figura che se ne sta lì come sfondo della vicenda che narro.

Solitamente, chi termina un libro, il primo, si concede un attimo di pausa, ma non è il tuo caso. Tu sei una fonte inesauribile di parole e fantasia. E, ben presto, un’altra storia ha preso vita. Vuoi darci qualche anticipazione su questo secondo romanzo che uscirà a breve? 
Quando ho terminato "Come petali sulla neve" ero in uno stato che mi è difficile definire, un misto di stanchezza, soddisfazione e incognita, ma ero anche felice. Ricordo che subito dopo pensai: “ora che mi sono liberata di questa storia, ora che è tutta nero su bianco, chissà quanto tempo dovrà passare prima che ci riprovi” . La risposta? ddopo una settimana ero già alla prese con la tastiera del pc.
Mi mancava  scrivere, specie di notte e in quel periodo stavo leggendo una biografia storica proprio su Charlotte Brontë. Più leggevo della Brontë e più avvertivo di dover scrivere il mio secondo romanzo, dove la Brontë doveva in un certo qual modo esserci. La vita austera della Brontë e in particolar modo il suo modo di pensare e reagire alle difficoltà della vita, il suo sogno della letteratura, il suo modo di essere, mi sembravano quanto di più simile alla mia persona e al mio sentire ci fosse mai stato sulla terra.
Mentre buttavo giù il mio secondo romanzo mi sembrava di sentirla e per me la cosa era abbastanza assurda.  Non mi dimentico mai di venire fuori da studi di stampo filosofico-teologici e questa cosa mi sapeva più di “contatto” sovrannaturale,  ovviamente senza esagerare. Il  romanzo intanto si allungava e la mia protagonista sembrava essere una perfetta sintesi tra me e la  Brontë.
Non so ancora cosa ne è venuto davvero fuori perché oggi che sto rispondendo a quest’intervista nessun lettore ha ancora letto “Charlotte” che è in uscita a giorni. Posso anticipare che è sicuramente una storia più semplice e meno sofferta della prima, ma ha all’interno quell’amore per i romanzi e per il mestiere di scrivere che, mi auguro, conquisterà le persone.
È  un piccolo e sentito  tributo ad una grande scrittrice nata quasi 200 anni fa. 
Grazie per aver condiviso il mio spazio. In bocca al lupo per "Charlotte"!
Grazie a te Linda, per tutto, e crepi il lupo!!

Per seguire Antonella : ANTONELLA IULIANO AUTRICE

 
 


 

 

4 commenti:

  1. Grazie Linda per questa bellissima intervista, di cuore. Un'autrice emergente che dà spazio ad altri autori emergenti è una bellissima cosa. Baci.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie mille, è stato un piacere e naturalmente aspetto di ospitarti per il prossimo romanzo! :)

      Elimina
  2. "E’ la dolce condanna di chi scrive, non poter godere appieno di quello che ci circonda perché, pian piano, si diventa consapevoli che il mondo dentro è ben più grande e bello di quello fuori".

    Parole sagge, Antonella. Non posso che sentirmi affine a ciò che dici. Quanti mondi e quante storie se ne stanno chiuse dentro noi, aspettando il momento giusto per essere impresse su carta!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie Laura,
      si per me questo è stato il vero processo di maturazione. Solo chi fa questo "mestiere" può capire appieno cosa significa. :)

      Elimina