Ciao! Grazie infinite per
l’accoglienza! Ho trentotto anni, sono sposata e ho una piccola peste con le
treccine di otto anni. Abito a Brescia, città famosa per la permanenza dei
Longobardi e insegno nella scuola secondaria di secondo grado. Scrivo da quando
ho memoria, e il mio sogno fin da bambina è sempre stato far trovare sotto
l’albero di Natale alla mia mamma un mio libro pubblicato. Sono cresciuta a
pane e Jessica Fletcher, la protagonista del telefilm “La signora in giallo”.
Amo gli animali in modo viscerale e infatti casa mia è uno zoo. Ho avuto gatti,
criceti, conigli e ora anche un cane, un cotton di nome Elvis. Alleviamo con
cura le bestioline che passano dal nostro giardino quali ricci e ranocchie. In
pratica all’appello mi manca solo “l’elefante e i due leocorni” e da casa mia
son passati tutti. Mi piace suonare il pianoforte che ho studiato per cinque
anni e spero, un giorno, di poter insegnare anche a mia figlia ad amare la
musica classica.
Il diploma in studi classici, la laurea in Scienze della
Formazione, seguita da quella in Scienze Religiose e l’impiego come insegnante.
Come si è accesa in te la scintilla della scrittura?
La voglia di scrivere non è nata
in seguito ai miei studi, ma c’era già prima. Ricordo che Santa Lucia, che a
Brescia porta i regali a tutti i bambini nella notte tra il dodici e il tredici
dicembre, mi regalò la mia prima macchina da scrivere, una pesantissima
Olivetti in ghisa con l’inchiostro a rullo che ovviamente conservo ancora.
Avevo sette anni. Gli studi fatti in seguito mi hanno offerto di certo più
spunti per le mie storie e più opportunità di approfondimento, ma la miccia
credo sia innata in ogni scrittore. Non c’è un momento in cui si inizia.
Scrittore lo si è, non si diventa. Anche se c’è sempre comunque molto da
lavorare.
Racconto Vs. Romanzo chi la vince?
Adoro i romanzi, ma mi sono
cimentata anche nei racconti. All’inizio, lo confesso, sottovalutavo gli autori
di racconti. Scioccamente pensavo “scrivo romanzi, cosa vuoi che sia stendere
un racconto”. Poi la partecipazione a dei concorsi che imponevano un limite
massimo di battute ai testi in concorso mi ha dato la possibilità di mettermi
alla prova. Ho così scoperto che è molto più difficile scrivere un racconto. In
poco spazio devi creare una trama attendibile, personaggi con carattere ben
definito e dare ritmo al tutto. Insomma, se nel romanzo puoi prenderti tutto lo
spazio che vuoi per dare vita alla tua storia, nel racconto non è così. Tutto
si complica. Preferisco scrivere romanzi, ma ammiro molto chi si dedica al
racconto.
Nella tua carriera letteraria hai partecipato e vinto
diversi concorsi letterari. Possono aiutare realmente un emergente? Li
consiglieresti?
Assolutamente sì. Ma chiariamo
bene. Vincere concorsi non serve per “fare carriera”, aiutano l’autore a
misurare le proprie capacità. Mettersi in gioco in una gara dove c’è
concorrenza qualificata è un primo passo verso il miglioramento del proprio
lavoro. Non sottovalutiamo poi il fatto che un buon piazzamento apre le porte verso nuovi contatti nel mondo
editoriale. Si ha l’opportunità di incontrare altri autori, ascoltarne i
consigli, confrontarsi. E tutto questo può solo aiutare a crescere.
Nel 2009, esordisci con il saggio “Spes ultima dea. La
spiritualità nera nel canto gospel” e nel 2011 l’urban fantasy “Niccolò Spirito - Quando le ombre svelano chi sei”. Dacci un assaggio di questo libro.
A “Niccolò Spirito” sono
particolarmente affezionata. È
stato il mio primo vero “romanzo” e l’ho scritto in un momento buio della mia
vita, un periodo in cui anche io ho dovuto affrontare il mio lato oscuro.
Scrivere, buttando sulla carta ciò che mi inquietava, mi ha aiutato a prendere
la giusta distanza dai miei problemi e a considerarli con più neutralità.
Insomma è stato terapeutico. Non a caso tutta la trama si snoda attorno al tema
dei sette peccati capitali e a come poter superare ciò che sembra essere innato
nell’uomo: l’inclinazione a fare il male. Ho scelto di ambientarlo nella
Venezia di fine ‘700 dove il ruolo della maschera era preponderante così come
in realtà lo è adesso. Ne indossiamo tante, diverse, tutti i giorni e non ce ne
rendiamo conto.
Con questo romanzo vinci il Premio Nazionale “Magia Urbana
2012” e il premio “Miglior Trama” al concorso nazionale “Golden Books Awards
2016”. Cosa ricordi di queste esperienze?
Il Premio “Magia Urbana” è stato
il primo e solo concorso in Italia per romanzi di genere urban fantasy. Ricordo di aver mandato le copie senza
sperarci troppo. “Chi non risica, non rosica” mi ripetevo. La vittoria è stata
quindi del tutto inaspettata e soprattutto mi ha dato l’occasione di conoscere
la Presidente di giuria, Fabiana Redivo, signora incontrastata del fantasy
italiano. Da allora, non ho più potuto fare a meno di lei. Fabiana mi ha
aiutata a crescere, romanzo dopo romanzo. E continua a farlo tuttora, per mia
fortuna.
Per quanto riguarda il “Golden Books”, rimasi a bocca aperta quando mi dissero che i testi arrivati in concorso erano circa trecento e i premi in palio soltanto dieci. Tra le dieci statuine, desideravo fortemente portare a casa quella relativa alla Miglior Trama perché ero, e sono, convinta che un buon libro parta da lì. Se di base non c’è un’idea valida e ben orchestrata, il romanzo potrà anche essere perfetto sotto l’aspetto stilistico, ma resterà sempre un libro mediocre, che non rimarrà nei ricordi del lettore. Sul treno che da Napoli mi riportava a casa, me la coccolai tutta. Le parole “Miglior trama” erano incise sulla statuina.
Per quanto riguarda il “Golden Books”, rimasi a bocca aperta quando mi dissero che i testi arrivati in concorso erano circa trecento e i premi in palio soltanto dieci. Tra le dieci statuine, desideravo fortemente portare a casa quella relativa alla Miglior Trama perché ero, e sono, convinta che un buon libro parta da lì. Se di base non c’è un’idea valida e ben orchestrata, il romanzo potrà anche essere perfetto sotto l’aspetto stilistico, ma resterà sempre un libro mediocre, che non rimarrà nei ricordi del lettore. Sul treno che da Napoli mi riportava a casa, me la coccolai tutta. Le parole “Miglior trama” erano incise sulla statuina.
Nel 2013 esce il romanzo “I segreti di Kane Town” che
guadagna il premio di merito al Concorso Internazionale “Montefiore 2014” ed
entra nella rosa dei finalisti al Concorso Nazionale “Giovane Holden 2014”. Di
cosa si tratta?
“Kane
Town” è un paranormal romance e racconta di una bambina che, crescendo, deve
fare i conti con la sua vera natura. Vuole essere un monito a non giudicare chi
è diverso e ad accettarsi e amarsi per ciò che si è. Nel romanzo ci sono molti
personaggi fantastici quali unicorni, sirene e un furetto albino di nome
Merlino che è il narratore. Il tutto vuole essere un mio modesto contributo
alla dea pagana “Fantasia” affinché non mi abbandoni mai. Sono orgogliosa del
piazzamento ottenuto al concorso “Giovane Holden” perché nessun fantasy
italiano si era mai qualificato nella rosa dei finalisti degli ultimi anni.
Nel 2015 pubblichi il romanzo gotico “La Regina Rossa”. Cosa
troveranno i lettori al suo interno? Quale messaggio e tematiche affronti in questo libro?
In primo luogo troveranno la
Londra vittoriana, la vera protagonista di tutta la storia. Già questo basta a
riempire le righe di fascino. Scopriranno aspetti legati alla negromanzia e a
una Regina mai dimenticata, Anna Bolena. Ma il fulcro centrale punta alla
denuncia di una società maschilista che opprime e tenta a soffocare la voglia d’indipendenza
femminile. La mia eroina combatterà per tutte le donne del suo tempo e per
quelle a venire. Personaggi senza ombra, travestimenti, morti misteriose e
inquietanti fanno da contorno a una trama già di per sé molto ricca. Alcuni
hanno paragonato lo stile usato nella "Regina Rossa" a quello di Jane Austen. Un
onore per me!
Qual è stato l’input per “La Regina Rossa”?
Anna Bolena e la sua triste
storia. La maggior parte delle persone la ricorda soltanto come colei che ha
separato la Chiesa Inglese da quella di Roma, che ha complottato alle spalle
del re e molto altro di poco piacevole. In realtà è una donna che è stata usata,
manipolata dagli uomini della sua famiglia per il raggiungimento dei loro scopi
personali. Una donna vittima del suo tempo. Ho voluto così scrivere una storia
che invece la valorizzasse e che ne spiegasse l’operato. Un mio omaggio a una
donna coraggiosa.
Sei dell’associazione EWWA. Di cosa si occupa nello
specifico e la consiglieresti ai tuoi colleghi?
È
un’associazione per scrittrici donne che abbiano all’attivo almeno due
pubblicazioni, ma anche per altre figure che ruotano attorno all’universo dei
libri. Lo scopo per cui è nata è per creare una rete di solidarietà
letterario-creativa tra le autrici. In un mondo editoriale che spesso viene
paragonato a “un mondo di squali dove il pesce grosso mangia quello piccolo
senza alcun problema di coscienza”, il confronto e l’appoggio invece sono alla
base delle intenzioni di tutto ciò che EWWA compie. Conferenze, scambio di
contatti, e molto altro aiutano chi ne fa parte a districarsi meglio nella
matassa complicata dell’editoria. Mi piace
dire che l’associazione aiuti a “non sentirsi sole”. Appartenenza consigliatissima
ovviamente!
Qualche altro progetto in cantiere?
Negli ultimi due anni ho cambiato
un po’ genere letterario. Ho terminato un romanzo gotico-thriller inanellato
alla vicenda famosissima di Jack lo Squartatore. Attualmente è in valutazione.
Ho invece appena iniziato un thriller storico ambientato nella Madrid di fine
‘700 intrecciato alla singolare figura del famoso pittore spagnolo Goya.
Insomma sono piacevolmente vittima dei secoli passati.
È stato un piacere ospitarti nel mio blog. In bocca al lupo!
Il piacere è stato mio! Felicissima di avervi potuto parlare
un po’ di me… Non dico “crepi il lupo” perché lo adoro!
Per seguire Sara SARA DI FURIA
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