Ciao Laura, benvenuta
nel mio blog. Raccontaci qualcosa di te.
Romana di Roma, quartiere San
Giovanni in Laterano, quello della basilica, dei concertoni, delle
manifestazioni, della festa delle streghe la notte del 24 giugno; ci vivo da
sempre perché ci sono nata nel 1954, cuspide 21 dicembre, ma sono figlia degli
anni ’70, periodo dell’università, del primo lavoro da insegnante, dei primi
amori da adulta. Mai stata, però, una figlia dei fiori o del voto politico,
anche se all’epoca partecipavo ai raduni femministi, invece impegnata nello
studio con amore. Erano i tempi per me della libera espressione, dell’animazione
teatrale, delle pantomime. Amo la lettura da quando ero bambina. A sette anni
lessi tutto d’un fiato “Renard la Volpe”, preso dalla bibliotechina di classe.
Mi venne la febbre a 39, però ne ricordo ancora la soddisfazione. MI piace
viaggiare per conoscere, osservare, costruire idee, lo svago è al mare di fonte
alle onde e sotto il calore del sole. Sposata con un uomo impagabile. Un mio
peccato? Voglio essere leader ovunque mi trovi, forse dipenderà dall’attività
professionale che ho svolto. Una virtù? La resilienza.
Sei psicologa-psicopedagogista
iscritta all’albo, Cavaliere del lavoro, formatrice in corsi rivolti a docenti
e presidi, e dirigente scolastico. Quando trovi il tempo per scrivere?
Ho lavorato per più di
quarant’anni nella scuola, ora sono in pensione, cercando di coniugare i miei
interessi culturali al servizio per le persone, immedesimandomi nelle
istituzioni di cui facevo parte. Diciamo che non mi sono mai fermata negli
studi e nella professione. Quando vinsi il concorso nazionale per Dirigente
scolastico ero fra i più giovani in tutta l’Italia, infatti quando entrai in
direzione per prendere servizio la segretaria della scuola di Bergamo mi disse
che non era giorno di ricevimento dei supplenti. Avevo 31 anni, dopo già 10 di
insegnamento. La formazione è stata sempre un mio cavallo di battaglia, a
partire da me naturalmente. La scrittura mi ha consentito di comunicare
soprattutto a livello professionale. Prima della pensione non avevo il tempo di
dedicarmi anche alla narrativa, che ha rappresentato il filo conduttore della
mia vita. Ora è motivo di riflessione e gusto, una forma di resilienza, come
dicevo prima, che oltretutto mi ha permesso di superare alcuni momenti negativi
anche di salute. Ciò non significa, però, che scriva romanzi per autoterapia.
Tutt’altro. La narrazione è comunque un metodo qualitativo che associa le
persone.
Hai curato parecchie
opere di carattere professionale inerenti all’integrazione scolastica e al
counseling, e hai diretto progetti relativi all’apprendimento della persona
nella comunità sociale e professionale. Parlacene.
La cultura di rete, il fare
tesoro delle risorse insite in ciascuno è la tensione verso obiettivi di
cambiamento attraverso lo scambio di risorse perché ciascuno porta in sé capacità,
conoscenze, competenze e creatività. Il senso dei progetti è questo.
Soprattutto l’intervento a favore delle persone più deboli, disagi, disabilità,
deprivazione culturale e sociale, promozione della lingua italiana e d’origine
per i migranti, rende significativa l’offerta formativa ed esalta l’identità di
ognuno nella valorizzazione delle potenzialità personali. Molti i percorsi attivati, sulla qualità
della formazione, sull’organizzazione della scuola, sulla multimedialità, sulla
didattica per competenze, sulla crescita personale. La produzione scritta a
carattere tecnico professionale si è sviluppata prevalentemente sulle tematiche
realizzate attraverso i progetti in rete di cui sono stata animatrice e curatrice.
Voglio citare soltanto uno degli ultimi lavori con la Questura di Roma, un
cortometraggio realizzato e interpretato dai miei alunni - lasciatemi dire
“Miei” perché li ho sempre amati tanto - che è diventato materiale per il
progetto “Scuole sicure” rivolto alla prevenzione del bullismo e della
dispersione scolastica.
Sei una profonda
conoscitrice delle tematiche interculturali; ti sei occupata per anni di istruzione
degli stranieri e hai diretto un centro territoriale per l’educazione degli
adulti. Raccontaci qualcosa di più.
Questo è un mondo sconosciuto ai
molti, perciò nella mia breve biografia ne ho voluto accennare. L’inclusione
degli stranieri oggi è un grave problema che coinvolge l’opinione pubblica con
posizioni avverse. Inutile dire, lo sappiamo. Io credo che attraverso i Centri
di educazione e istruzione degli adulti stranieri- prima denominati CTP ed ora
CPIA - che sono istituiti dallo Stato, totalmente gratuiti, e quindi fanno
parte integrante del sistema istituzionale della formazione, si possano
raggiungere obiettivi di integrazione e anche di miglioramento civile e
culturale senza sopprimere i valori di cui ciascuno è portatore. I corsi di
alfabetizzazione della lingua italiana, l’acquisizione dei titoli di studio,
come la licenza media per gli adulti, la prossimità con i bisogni di lavoratori
delle diverse etnie, dei profughi e dei rifugiati, delle donne a cui le culture
di origine non consentono l’istruzione, permettono di far acquisire livelli di
cittadinanza migliorati, implementati dalla formazione formale e non formale
secondo il Quadro comune europeo. Mi riferisco in questo caso ad una didattica
che tenga conto dei bisogni provenienti da lingue e generazioni diverse, agli
affiancamenti maturi proposti da docenti che non salgono in cattedra ma che
invece si prendono carico anche di gravi problematiche esistenziali, che
facciano “scuola” sulla base delle esigenze orarie e sgombrino le paure di
affacciarsi in un nuovo mondo. I Centri per gli adulti funzionano con orari
modulari per tutto l’arco della giornata, rilasciano certificazioni anche
internazionali, svolgono esami per conto del Ministero dell’Interno in
collaborazione con il Ministero dell’istruzione per la convalida del permesso
di soggiorno, trattandosi di tutti studenti non clandestini ovviamente. Per chi di noi pensa che gli stranieri siano
un pericolo immanente si può concludere che i Centri svolgano forse anche un
controllo. Io non lo penso. Ho imparato moltissimo da loro.
Nel 2015 esordisci con il romanzo “Tutti i fiori del mio giardino”. Daccene un
assaggio!
In ottobre pubblico in selfpublishing il mio primo romanzo “Tutti i fiori del mio giardino” che ripubblico in cartaceo con alcuni
miglioramenti nell’aprile 2016 per Edizioni Anicia, Roma.
È un romanzo contemporaneo in cui racconta di
relazioni interculturale, di temi sociali, di colpi di scena affrontati con
fragilità dalla generazione postmoderna. La protagonista, Rosa, una trentenne
semplice e riservata conduce un’esistenza opaca, abitudinaria, lontana
dall’ebbrezza della movida odierna, nonostante abiti a Roma e nientemeno che a
Piazza di Spagna. La sua unica passione sono le piante e i fiori. Ad un tratto
la sua vita viene repentinamente travolta dall’incontro casuale con Pablo,
giardiniere gitano. La scelta del passaggio dal grigiore di un ufficio
all’Andalusia è immediata ma una serie di circostanze che si incrociano con le
vicissitudini di altri personaggi coinvolti in un evento drammatico mettono a
dura prova la loro realtà vitale già segnata dalla crudele ricerca della
sopravvivenza. I sentimenti dei personaggi femminili costituiscono il filo conduttore
della storia, soprattutto quando Rosa giunge alla scoperta che ognuno di essi
possiede il nome di un fiore. Tutti i nomi del giardino di Pablo.
E nel 2017 pubblichi
“Una donna in leasing”. Cosa troveranno i lettori al suo interno?
È un romanzo breve che offre spunti di riflessione
sui ruoli maschili e femminili dell’epoca contemporanea in cui ciascuno, pur
essendo protagonista e antagonista di se stesso, riesce ad arrivare
all’orizzonte della coscienza attraverso faticosi percorsi di riflessione.
Il protagonista principale è Marcello Maffei, noto
professionista romano, che si reca a San Pietroburgo nel ruolo di procacciatore
d’affari per un’importante mediazione finanziaria che gli frutterà guadagni e
successo. Già al suo arrivo, però, allo scopo di condizionarlo, i suoi
committenti lo mettono di fronte al fatto compiuto: notti di sesso illimitato
con Elena, una ventenne ucraina di rara bellezza, stella del porno e delle
pratiche erotiche. Marcello rimane soggiogato non riuscendo a sottrarsi alla
passione.
Quando torna in Italia è tormentato dal desiderio
di Elena tanto da decidere di averla tutta per sé a qualsiasi costo tramite un
losco figuro che funge da contatto con la malavita internazionale.
La donna che si troverà a fianco cambierà i suoi
parametri di riferimento perchè Elena gli dimostrerà di non essere sua schiava
bensì una donna dalla personalità complessa già minata da ricordi indelebili.
Quando Marcello si rende conto di essersi
innamorato di lei credendo di essere ricambiato, i fantasmi del passato riaffiorano
per una serie di incredibili coincidenze: la storia pregressa di Elena riprende
forma in modo drammatico fino ad un epilogo sorprendente.
Soltanto la costante presenza dell’onesto e fidato
Nassor, il maggiordomo che fa da filo conduttore a tutte le vicende, ricomporrà
con la forza di un mentore il tessuto di vita e le consapevolezze di ciascun
personaggio.
Quali tematiche
affronti e quale messaggio vuoi trasmettere?
Sicuramente il confronto uomo–donna e il rapporto
povertà-ricchezza, non soltanto di ordine materiale.
Affronto con una narrazione veloce e non pesante il
bisogno intrinseco in ciascuno di amare e di essere amato al di là di qualsiasi
tipo di affermazione esteriore o dettata da parametri economici.
In “Una donna
in leasing” il protagonismo maschilista dell’uomo di affari contemporaneo che
non sa sottrarsi all’ambizione e al possesso può mutare grazie alla solidità
affettiva solo quando riconosce in se stesso e negli altri, soprattutto nel
ruolo femminile, le caratteristiche della persona.
Qual è stato l’input
per questo romanzo?
Una parte della storia è vera o almeno da me isolata nei
contesti di riferimento attraverso l’osservazione di situazioni e la
conversazione con alcune persone concrete che poi sono diventate i personaggi e
i luoghi di ambientazione. Il soggetto in sé è fonte di costruzione di raccordi
tra fantasia e realtà.
Sei membro
dell’Associazione EWWA. Di cosa si occupa nello specifico e la consiglieresti
alle tue colleghe?
EWWA, European Writing Women Association, è una rete associativa di
donne scrittrici che ho conosciuto per puro caso alla presentazione di un libro
di due delle fondatrici, Elisabetta Flumeri e Gabriella Giacometti. Sono state
loro a farmi risorgere la voglia di scrivere narrativa anche attraverso la
frequentazione del sito web www.ewwa.org, e la partecipazione ai workshop sulle
tematiche della scrittura creativa e dei canali editoriali. La consiglio a
tutte le amiche che amino i libri, che siano o non siano scrittrici
professioniste.
Hai qualche progetto
in cantiere?
Sì, certo, sono alla mia terza fatica, ma scherzo è un
piacere invece. Sto terminando un terzo romanzo che spero vedrà la luce entro
la fine dell’anno. È più corposo e complesso perché si svolge in due periodi
diversi, il dopoguerra e quello attuale. Sto studiando molto per documentarmi
oltre a scrivere, però per ora non voglio aggiungere altro, altrimenti che
sorpresa sarebbe?
È stato un piacere ospitarti nel mio blog. In bocca la lupo!
Grazie per l’intervista.
Per seguire Laura LAURA CIALE'
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