Ciao
Adriana, benvenuta nel mio blog. Raccontaci qualcosa di te.
Bentrovata, Linda. Sono di Roma, dove
vivo tra penne, colori e pennelli. Nata sotto il segno del Sagittario, viaggio
spesso, in Italia e all’estero, sia per puro diletto che per promuovere la mia
produzione artistico-letteraria. Oltre a scrivere romanzi, dipingo acquerelli e
poi, di tanto in tanto, li vado a esporre in qualche parte della terra. La
mostra più recente risale a febbraio di quest’anno, in una galleria del centro
di Bruxelles, con un bel finale in una sala del Parlamento Europeo.
Il diploma in
Lingua francese, il Diplôme d’Etudes Françaises conseguito all’università di
Grenoble e la frequentazione di corsi di nudo all’Accademia delle Belle Arti di
Roma. Quando si è accesa in te la scintilla della scrittura?
Molto presto. A undici anni scrissi il
mio primo romanzo, un polpettone che ancora conservo, dal titolo terrificante "La valle di lacrime". Per fortuna, in
seguito ho raddrizzato il tiro, dedicandomi a scritture meno corpose e
soprattutto meno drammatiche. Comunque, da allora - non avendo più posato la
penna - ho sfornato dodici romanzi, oltre a una quindicina di racconti.
Collabori
con il web-site ‘Enciclopedia delle donne’. Di cosa ti occupi nello specifico?
Scrivo brevi profili di donne del
passato. Con stile discorsivo e un corredo di dettagli poco noti cerco di
evitare la freddezza delle tradizionali schede biografiche, restituendo al
lettore, in poche righe, l’identità morale, gli aspetti caratteriali (incluse
le zone d’ombra), aneliti e passioni di figure assenti o maltrattate dalla Storia.
Nel 2007 pubblichi “Le rose di Cordova”, successivamente tradotto in spagnolo e
diventato una delle letture obbligatorie della Facoltà di Filologia
dell’università di Oviedo. Daccene un assaggio.
Ho rivisitato le vicissitudini di Juana I di Castiglia, passata
ingiustamente alla Storia come “la Pazza”. Lei che pazza non era. Nel XIX
secolo, grazie alla scoperta di documentazione inedita ritrovata negli archivi
di Simancas, uno studioso prussiano cercò di ristabilire la verità sul suo
caso, dimostrando come Juana fosse stata vittima di un complotto ordito dagli
uomini della sua stessa famiglia, decisi a strapparle la corona. Ma la Storia
non torna sui suoi passi e nei manuali scolastici si continua a parlare della
madre di Carlo V come di una povera demente. Con il mio romanzo, spero di aver
contribuito a restituirle almeno un po’ della dignità perduta.
Hai
conseguito un numero notevole di Primi Premi ad altrettanti concorsi. Ce n’è
uno che ti è rimasto particolarmente impresso?
Nel 2006 vinsi, con un racconto
lungo “Cesare Pavese” nella sezione dedicata al vino. Il viaggio verso
Santo Stefano Belbo fu un’autentica avventura, ma la premiazione nella casa
natale di Pavese mi regalò un’emozione così profonda da restare tuttora tra i
miei ricordi più belli. Assieme all’omaggio ricevuto di ben cento bottiglie di
barolo, barbera, dolcetto d’Alba.
I tuoi
romanzi sono stati presentati anche in
Olanda, Spagna e Belgio e, attualmente, la tua intera opera letteraria è
oggetto di tesi del Dottorato di Ricerca di M. Reyes Ferrer, discussa a
Siviglia nell’aprile 2014. Quanto conta tradurre i propri romanzi e proporli
all’estero? Consiglieresti questa strada ai tuoi colleghi?
L’esperienza fatta finora è
decisamente positiva. Varcando le frontiere nazionali si ha subito
l’impressione che se si ha qualcosa di buono da proporre, si troverà senz’altro
qualcuno pronto ad accoglierlo e a valorizzarlo. Purtroppo, non sempre succede
la stessa cosa in patria. Tra l’altro, delle pubblicazioni all’estero è anche
interessante, oltre che divertente, la fase di promozione dell’opera: girando
di città in città, si scoprono realtà nuove, mentalità diverse; si allargano
gli orizzonti dei nostri pensieri, s’imparano altre lingue...Se sappiamo
ascoltare e vedere, alla fine del giro di giostra, la nostra penna e il nostro
spirito ne usciranno rinnovati.
Nel 2016
esce “Un caffè con Robespierre”. Cosa troveranno i lettori al suo interno?
Una Parigi scoppiettante di ideali,
novità, feste e teste mozze, caffè e rivolte, grandi speranze e altrettanto
grandi delusioni. Tra amori forti, passioni travagliate, sconvolgimenti
politici e personali, si delinea il ritratto di un’epoca straordinaria, assieme
a quello - non scontato - di un uomo profondamente onesto e solo, Maximilien de
Robespierre, consegnato ai posteri come un tiranno sanguinario, proprio lui che
aveva votato, assieme a pochi altri, contro la pena di morte.
Qual è stato
l’input per questo libro?
Quando l’Associazione 'Les amis de Robespierre', che ha sede ad
Arras, città natale dell’Incorruttibile, avviò una raccolta di firme per poter
adibire a museo la sua casa, mi mobilitai per promuovere la petizione tra le
mie conoscenze e in quell’occasione mi resi conto che tutto ciò che la
maggioranza delle persone contattate pensava di Robespierre era che fosse un
tagliatore di teste. Mi dissi allora che anche un semplice romanzo poteva
contribuire a sfatarne la nerissima leggenda.
Quali
tematiche affronti e quale messaggio vuoi trasmettere?
Mi sono riproposta di suscitare una
riflessione su quel che resta, oggi, nelle nostre società occidentali. dei
grandi principi di libertà e di uguaglianza che oltre due secoli fa la
Rivoluzione francese riuscì a diffondere oltre i confini nazionali. Una riflessione
che abborda anche i temi dell’emancipazione femminile – tanto più che
protagonista principale del romanzo è una donna, di fede giacobina - e che, partendo dalle contraddizioni di
allora, invita a riconsiderare la questione alla luce della situazione attuale:
dopo tante lotte e rivendicazioni, cosa si ritrovano le donne degli anni
Duemila? Una strada in salita fatta di mezze conquiste e di una parità
incompiuta?
Hai qualche
altro progetto in cantiere?
Più d’uno.
Mostre, convegni, nuovi romanzi. Ancora viaggi. Parole e colori.
È stato un
piacere ospitarti nel mio blog. In bocca al lupo!
Grazie,
Linda. Il piacere è stato mio. Buone cose a te e lunga vita al tuo blog!
Per seguire Adriana ADRIANA ASSINI
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