Ciao Jean-Christophe,
benvenuto nel mio blog. Raccontaci qualcosa di te.
Ciao a tutti.
Chi è Jean-Christophe Casalini? Un’anima
atterrata a Milano nel 1962, a cui è stata data un nome ed un cognome da due
amorevoli genitori, un papà Francese ed una mamma Danese. L’anno successivo ho
avuto il piacere della compagnia di mio fratello, splendida persona, con cui
oggi gestisco una Casa di Produzione cinematografica, specializzata in spot
pubblicitari nazionali; sì, quelli che interrompono il vostro film sempre sul
più bello e vi invitano al consumismo. A parte un breve periodo in Valsesia,
quando i miei avevano deciso di trasferirsi lontano dalla metropoli, ho sempre
vissuto a Milano. Oggi, mi sono spostato nell’hinterland milanese per essere in
contatto con la natura; amo il giardinaggio e le corse all’aperto. Mi piace
viaggiare perché oltre ad avere parenti sparsi per tutta l’Europa, mi considero
un Cittadino del Mondo. Mi sono sposato con una bella Siciliana, Nadia, con cui
ho avuto due figli meravigliosi, Michael e Jolie. A riprova del mio codice
genetico complesso, uno è nato rosso con gli occhi azzurri e, l’altra, castana
con gli occhi verdi.
Sei scenografo,
co-sceneggiatore e attore. Possiamo dichiarare che l’arte è nel tuo dna?
Da sempre, ho avuto l’esigenza di provare ogni forma
artistica. Questa curiosità innata mi ha portato ad essere disegnatore,
scenografo, sceneggiatore, attore, aiuto regista poi regista, musicista,
paroliere, produttore musicale, sound designer, post produttore, produttore
multimediale e, oggi, scrittore. Ritengo tutte le mie esperienze le conseguenze
di una passione per l’Arte, intesa come forma di comunicazione. Essere
cresciuti in un contesto familiare artistico è stato certamente stimolante.
Mio
padre, Paul Casalini, era un noto regista pubblicitario e mia madre, Annette
Lorentzen, una pittrice. Il carattere estroverso dell’uno si completava
splendidamente nell’introversione dell’altra. Grazie a loro ho potuto cogliere
gli estremi comunicativi dell’esuberanza e del silenzio fino a farmi apprezzare
gli equilibri che nascono tra forze contrapposte.
Sei stato il primo a
intuire la rivoluzione digitale acustica e hai fondato la “Mach 2”, una società
di post produzione e servizi audio; successivamente sei stato coinvolto da
Salvatores nel suo film ‘Sud’ e, in seguito, ottieni la menzione di ‘Sound
Designer’. Cosa ricordi di questa esperienza?
Era il 1993. Ricordo di aver dovuto lottare contro i
pregiudizi dei professionisti del settore legati alle vecchie tecnologie. È la
solita diffidenza che un giovane si trova a dover affrontare contro una
mediocrità che rifiuta ogni innovazione. Ho utilizzato per primo in Italia i
sistemi informatici e digitali sincronizzandoli con il video. Sono stato
contattato dal montatore video M. Fiocchi e da Salvatores che si apprestava a
dirigere "Sud".
Mi hanno coinvolto, da Milano, nel montaggio audio della presa
diretta ripresa dal fonico durante il set, nella cura dei vari masters musicali
realizzati da vari compositori italiani e nella sonorizzazione degli effetti
sonori. Il tutto doveva essere poi trasferito a Roma per il mix finale dove si
utilizzavano ancora i nastrini e le bande magnetiche su pellicola. Il rischio
di vanificare tutto il lavoro era altissimo. Ho preteso di coordinare tutti i
professionisti dell’audio, dal fonico della presa diretta ai musicisti e ai
tecnici audio per assicurare alla produzione - allora era la Cecchi Gori - una
colonna sonora cristallina, di grande impatto emotivo, la prima in Italia in quadrifonia,
ai tempi codificata Dolby. Dopo tre mesi di lavoro maniacale con i miei tecnici
in Mach 2, abbiamo portato il computer con le schede audio a Roma per
collegarlo con il banco mix analogico e interfacciarlo ai registratori
magnetici su perforato. Mi guardavano tutti come fossi un extra terrestre. Non
credevano alle loro orecchie! È stata una vera rivoluzione acustica.
Ho
valorizzato il lavoro di tutti, parlo dei talenti tra cui R. Pampaloni (mix
Dolby), F. De Robertis (musicista), T. Morganti (fonico presa diretta) e F.
Savina (responsabile Dolby) perché avevano molto da insegnarmi, come io a loro.
È stata una esperienza positiva per tutti che ha portato al film "Sud" il
premio Donatello per il suono. La
statuina in Italia è assegnata, da sempre per ignoranza acustica e per retaggio
di una vecchia scuola di pensiero produttivo, solo al fonico della presa
diretta, ma è corretto affermare che il merito è di tutti i tecnici audio
coinvolti e dell’ingegnere al mix, coordinati, come nel mio caso, da un
responsabile audio creativo: il Sound Designer.
Nel 1996 collabori al
film "Nirvana" e prosegui sonorizzando una decina di film sino a diventare
produttore pubblicitario di spot nazionali. Parlacene.
Successivamente, con "Nirvana" (1996) ho proposto a
Salvatores una colonna in 5.1, la prima in Italia, anche questa vincitrice del
Premio Donatello per il suono. Dopo una decina di film sonorizzati, editati e
mixati, alle musiche composte, orchestrate e prodotte, ed oltre ai dodicimila
masters audio pubblicitari realizzati con i miei tecnici per la tv, il web, la
radio e il cinema, ero arrivato ad un punto in cui sentivo di aver provato di
tutto nel campo acustico. Forse c’era ancora spazio di movimento, ma i progetti
che ritenevo stimolanti diventavano sempre meno; ero caduto nella trappola
della routine dei servizi richiesti. Prima di cadere nella ripetitività e nella
monotonia, benché fossi pagato profumatamente per il mio lavoro di Fonico, di
Musicista e Sound Designer, ho ritenuto di dover cambiare strada. È stato più
forte di me. Mi sono proposto come produttore pubblicitario, forse nel momento
più sbagliato perché il settore era fortemente in crisi, ma dovevo mettermi
alla prova con la multidimensionalità delle arti coinvolte, dalla pre
produzione al set e alla post produzione, come fossero l’interazione in
simultanea delle mie esperienze precedenti per portarmi ad un livello di
piacere superiore.
Nel 2014 esordisci
con il libro "Inventory of Dreams", scritto a quattro mani con il curatore Alan
Jones. Di cosa si tratta?
Mia madre, Annette, non ha mai esposto i suoi quadri durante
la sua vita. Sia io che mio fratello avevamo sempre pensato che fosse per la
sua timidezza cronica. Abbiamo scoperto con Alan Jones, curatore internazionale,
che non era così.
Quando gli abbiamo parlato del progetto, presentato poi con
successo alla Regione Lombardia, egli ha preteso di vedere tutte insieme le 130
tele, oltre ai 3000 disegni che abbiamo scovato dopo la morte di nostra madre.
È stata una vera sorpresa scoprire che la sequenza dei quadri, dal significato
diverso per ogni tema affrontato, rivelava nell’insieme un dialogo continuo ed
evolutivo con i propri figli, cioè io e mio fratello. Le sue parole erano nelle
pennellate che posava con maestria sulle tele che esponeva sulle pareti di
casa. La produzione delle sue opere inizia nel 1967 con le fiabe (quando noi
eravamo bambini) e si sviluppa tra le allegorie, le emozioni, i sogni e gli
incubi fino alla consapevolezza del sé (durante la nostra maturità). Smette di
dipingere nel 1983 quando io e mio fratello intraprendiamo le nostre carriere
professionali e lasciamo la casa di famiglia in Valsesia. Riprende poi nel
1999, questa volta con una visione esteriore come fosse una soggettiva delle
sue montagne, e dunque non più introspettiva, svelandoci la chiave della
felicità nell’accettazione del circostante.
Il libro "Inventory of Dreams 1" è
stato realizzato in occasione della mostra al Palazzo della Regione durante
l’Expo, patrocinata dall’Ambasciata Danese.
Nel 2015, esce il sequel di "Inventory of Dreams" dal titolo "La città di Annette", daccene un assaggio.
Dopo il successo di Milano, la mostra è stata ospitata al
Centro Culturale Austriaco-Danese e si è spostata nel 2015 al Museo di Holbaek
in Danimarca, la città natale di Annette. Per l’occasione abbiamo realizzato il
secondo libro di "Inventory of Dreams" con Alan Jones e Vanni Cuoghi, noto
artista italiano, rimasto anche lui folgorato dall’arte di Annette. Il libro è
stato tradotto in danese ed in inglese.
Nello stesso anno,
esce il romanzo “OTTO Luce e Ombra”. Cosa troveranno i lettori al suoi interno?
"OTTO Luce e Ombra" non è un libro semplice, benché
complesso e scorrevole allo stesso tempo. È un’opera coraggiosa, non
convenzionale; contro ogni logica narrativa, porto il lettore ad odiare il
personaggio principale lungo la storia. Lo smarrimento è tale che il lettore si
ritrova a comprendere la psicologia di Otto,
un mago illusionista e mentalista, attraverso gli ‘occhi’ di Anna, la sua
compagna plagiata ed umiliata. Il genere è gotico, demoniaco, violento. Lo
definirei un thriller psicologico, ma per chi ha voglia di comprendere una
seconda chiave di lettura, scoprirà che mi sono divertito a scomporre il
personaggio in varie entità che possiamo identificare in ognuno di noi. Nel
caso di Otto, ognuna delle entità ha le proprie peculiarità, i pregi e i
difetti esasperati nelle loro presenze e nelle loro assenze sceniche
dell’illusione, per essere imprigionate in una situazione drammatica di un
successo planetario, fortemente voluto sin dall’inizio.
Qual è stato l’input
per questo libro?
Molte volte ci guardiamo allo specchio per curare il proprio
aspetto e studiarci. Siamo tutti narcisisti, chi più chi meno. Di fronte alla
mia immagine non ho potuto fare a meno di pensare al percorso della luce che
nel colpire il mio fisico, restituisce allo specchio la parte luminosa non
assorbita dal mio corpo. Di conseguenza, l’immagine che noi cogliamo allo
specchio è esattamente il contrario di ciò che siamo in realtà. Mi sono chiesto
se oltre alla luce, lo specchio riflettesse l’opposto delle nostre personalità.
Di fronte a noi, avremmo un essere dal carattere contrario al nostro: la bontà
dell’uno sarebbe la crudeltà dell’altro, la positività si tramuterebbe in
negatività, mentre il carisma, il fascino e la seduzione del primo,
diventerebbero repulsione, e così via… Da qui l’idea del romanzo.
Quali tematiche
affronti e quale messaggio vuoi trasmettere?
Invito tutti a restare integri e coerenti con il nostro
agire per non perdere il controllo della nostra immagine, che essendo fatta di
luce, può creare più danno di quanto si possa credere in un mondo dove
l’apparenza conta più della sostanza. Oggi la nostra privacy è messa in
pericolo dalla veicolazione in rete della nostra immagine, intesa come dati
visivi sulla nostra persona, sulla nostra quotidianità, sui nostri affetti.
Perderne il controllo significa distruggerci. Siamo esseri che hanno bisogno di
una reciproca fiducia per relazionarsi con l’altro. Basta un click per
distruggere la propria serenità, se non addirittura una reputazione ed una vita
se offriamo aspetti privati e personali sui socials ad individui scaltri o
dediti al bullismo. Gli esempi sono tanti; non posso fare a meno di pensare alla
recente vicenda del contributo erotico divulgato in rete, dunque non più
cancellabile, che ha portato al suicidio una giovane donna umiliata.
Il tuo romanzo
partecipa al concorso ‘International Literary Award Città di Cattolica 2016’ e
vince il Premio della Giuria. Raccontaci le tue emozioni.
All’annuncio del riconoscimento, mi sono emozionato non
tanto per il premio – chi mi conosce, sa bene che non cerco mai l’approvazione
degli altri – ma perché in quel momento avevo capito di essere riuscito a fare centro
con un’opera prima. Il libro ha suscitato l’interesse della Giuria di Cattolica
al Literary Award per il suspence portato fino al suo estremo nella ricerca
della verità su Otto da parte dei vari protagonisti, e per i dialoghi a volte
profondi su tematiche filosofiche della nostra esistenza e sull’illusione della
luce. Hanno suscitato interesse anche le interruzioni della narrazione,
attraverso dei flashback che hanno la stessa invadenza degli spot
televisivi in un programma, che in
questo caso consentono al lettore di riprendere fiato e di comprendere il
perché la coprotagonista, Anna, sia arrivata ad amare un uomo e a doverne
sopportare l’arroganza ed una violenza crescente.
Hai qualche altro
progetto in cantiere?
In queste settimane sto terminando il mio secondo libro
insieme a Maddalena Ercoles (editor) e Philippe Martin (regista francese) che
ha mostrato interesse per un’eventuale sceneggiatura.
L’obiettivo è quello di
chiudere la versione definitiva entro la fine dell’anno per proporla ad un
Editore strutturato. È un romanzo fantascientifico, drammatico, distopico, in
cui il personaggio, oltre ad evolversi, affronta da solo il Potere. I
riferimenti di un Davide contro Golia sono inevitabili. Come per il primo romanzo,
mi sono avvalso della collaborazione di esperti in varie discipline, in questo
caso ho coinvolto degli esperti finanziari e brokers di borsa per descrivere un
probabile scenario economico dove l’avidità del Male ha la meglio sull’umanità.
Ho in cantiere anche il terzo romanzo, un horror che prevedo
di terminare nella sua prima stesura per la fine del 2017 e procedere con la
definizione nei primi mesi del 2018.
È stato un piacere
ospitarti nel mio blog. In bocca al lupo per tutto!
Grazie a te per l’ospitalità.
Per seguire Jean-Christophe OTTO. LUCE E OMBRA DI JC. CASALINI / ED. VERTIGO
Interessante articolo!
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