Ecco al consueto appuntamento con #quellibronelcassetto dedicato ai consigli per gli autori emergenti e non.
Oggi parlemo di un argomento molto amato e dibattuto che è stato spesso utilizzato dagli scrittori per i loro romanzi e lo faremo con un'Ospite Speciale e cara amica: STEFANIA BERNARDO.
Oggi parlemo di un argomento molto amato e dibattuto che è stato spesso utilizzato dagli scrittori per i loro romanzi e lo faremo con un'Ospite Speciale e cara amica: STEFANIA BERNARDO.
Stefania ha esordito nel 2013 con il romanzo storico La stella di Giada, è autrice di romance storici e d'avventura. Socia ordinaria di EWWA, attualmente sta frequentato un corso per Correttori di Bozze e Editor. E' una delle amministratrici del Facebook Group Io leggo il romanzo storico ed è stata relatrice del corso "Come nasce un romanzo" nella biblioteca civica di Banchette.
Con Stefania parleremo di PIRATERIA.
Chi non si è lasciato stregare dal pirata selvaggio e violento che nasconde un animo nobile? Chi non ha amato leggere di cappa e spada, di galeoni e bottini, di tesori segreti e avventure che profumano di mare e arrembaggi?
Ma come ci si documenta? In quali errori è facile incappare parlando di pirateria? Ce lo spiega Stefania Bernardo in questo interessantissimo articolo.
PIRATI: LE ROTTE DA EVITARE
Rum, sciabole, pappagalli, vestiti colorati, occhi guerci e uncini. È senz’altro questa l’idea che vi salta in mente quando sentite nominare la parola “pirati”. Buontemponi dalla risata facile, dagli abiti sgargianti e la pancia piena di rum, tipi simpatici, adatti per lo più ad avventure per bambini o perfetti per diventare uno strumento milionario nelle mani di Walt Disney. Oppure uomini romantici e coraggiosi come il Corsaro Nero o Sandokan, adatti per un romanzo d’amore.
Sono questi i primi clichè con cui si scontra chi decide di scrivere di pirati, ma se è vostra intenzione creare un romanzo ambientato nel diciottesimo secolo, con un contesto storico e personaggi veritieri, bisogna tenere a mente che la pirateria può risultare molto più insidiosa di quanto si pensi.
Basta una differenza di un paio di decadi per farvi prendere un grosso granchio. Henry Morgan e Barbanera erano due capitani carismatici e pieni di fascino, ma si muovevano in epoche diverse.
Henry Morgan apparteneva al diciassettesimo secolo, periodo di corsari e “Fratelli della Costa”, attenzione, infatti, agli appellativi: corsaro non è un sinonimo di pirata. Il primo era investito dal proprio governo da una lettera di corsa, che lo autorizzava ad attaccare i nemici della nazione; il secondo, invece, agiva di propria iniziativa, libero da qualsiasi vincolo, considerato un criminale da tutte le autorità e destinato a finire sulla forca, se catturato.
Sono questi i primi clichè con cui si scontra chi decide di scrivere di pirati, ma se è vostra intenzione creare un romanzo ambientato nel diciottesimo secolo, con un contesto storico e personaggi veritieri, bisogna tenere a mente che la pirateria può risultare molto più insidiosa di quanto si pensi.
Basta una differenza di un paio di decadi per farvi prendere un grosso granchio. Henry Morgan e Barbanera erano due capitani carismatici e pieni di fascino, ma si muovevano in epoche diverse.
Henry Morgan apparteneva al diciassettesimo secolo, periodo di corsari e “Fratelli della Costa”, attenzione, infatti, agli appellativi: corsaro non è un sinonimo di pirata. Il primo era investito dal proprio governo da una lettera di corsa, che lo autorizzava ad attaccare i nemici della nazione; il secondo, invece, agiva di propria iniziativa, libero da qualsiasi vincolo, considerato un criminale da tutte le autorità e destinato a finire sulla forca, se catturato.
Un altro mito da sfatare è l’idea che tutti i capitani fossero dotati di navi maestose e imponenti. L’abbinamento pirata – galeone è naturale, ma sbagliato, retaggio dei colossal di Hollywood e di qualche serie tv recente. Questo tipo d’imbarcazioni erano ormai in disuso e sostitute dal più sinuoso e veloce vascello. Inoltre, non tutti i pirati avevano a disposizione un veliero grande e con numerosi cannoni, la maggior parte navigava su piccoli sloop che contenevano una decina di uomini. Imbarcazioni adatte a navigare tra le secche e le insenature dei Caraibi, e in grado di offrire una buona via di fuga dalle navi della marina.
Pochi sono stati i capitani al comando di velieri grandi e maestosi: Barbanera con la sua Queen’s Anne Revenge e Roberts, con la Royal Fortune. Due imbarcazioni dotate di quaranta cannoni, in grado di essere veloci e letali allo stesso tempo.
Una nave di queste dimensioni andava di pari passo a una ciurma adatta a governarle, e quindi solo i comandanti più famosi, spietati e di successo, si potevano permettere una potenza di fuoco simile. Non a caso, il nome di Barbanera ancora oggi è sinonimo di arrembaggi spietati e bottini sontuosi.
Un altro mito da sfatare è proprio quello del bottino che si accompagna al famigerato tesoro sepolto. Il traffico di oro e argento era in mano a spagnoli e portoghesi che, consci dei pericoli, muovevano le grosse quantità di questi preziosi in flotte scortate da imponenti navi da guerra.
Mettere le mani su una di quelle imbarcazioni era tutt’altro che semplice ma non impossibile. Roberts lo dimostrò con il suo attacco a una flotta portoghese, ma di certo non era un obiettivo semplice da ottenere o un’impresa facile da ripetere. Più comodo era mettere le mani su oro e argento approfittando del naufragio di queste flottiglie, recuperando il possibile dai relitti arenati.
Accaparrarsi oro e preziosi era perciò considerato il colpo della vita, un ottimo escamotage per una trama d’avventura, ma che non dovrà essere considerato come la norma. Il bottino ordinario di ogni pirata era costituito dalle decine di navi mercantili che dalle Indie Occidentali trasportavano qualsiasi tipo di merce in Europa. Tabacco, cotone, zucchero… merci che non luccicavano come l’oro, ma che valevano comunque molto. Bastava rivenderle e trasformarle in monete sonanti che venivano spese nel giro di una notte, senza bisogno di seppellirle.
Per farlo non occorreva un segreto porto di contrabbando, ma una qualsiasi città costiera dei caraibi. I pirati erano mal visti dalle autorità, ma le Indie Occidentali erano un misto di culture, un luogo ancora selvaggio, in cui si alternavano la civiltà e la foresta, gli indigeni e gli europei. Lontano dalle autorità delle nazioni a cui appartenevano, le colonie si erano create delle regole diverse, molto meno rigide e basate sul commercio. E i pirati, spesso, permettevano di arricchirsi in maniera veloce e sicura. Persino molti governatori erano in combutta e compiacenti, basti pensare a Charles Eden, che diede rifugio a Barbanera.
Pochi sono stati i capitani al comando di velieri grandi e maestosi: Barbanera con la sua Queen’s Anne Revenge e Roberts, con la Royal Fortune. Due imbarcazioni dotate di quaranta cannoni, in grado di essere veloci e letali allo stesso tempo.
Una nave di queste dimensioni andava di pari passo a una ciurma adatta a governarle, e quindi solo i comandanti più famosi, spietati e di successo, si potevano permettere una potenza di fuoco simile. Non a caso, il nome di Barbanera ancora oggi è sinonimo di arrembaggi spietati e bottini sontuosi.
Un altro mito da sfatare è proprio quello del bottino che si accompagna al famigerato tesoro sepolto. Il traffico di oro e argento era in mano a spagnoli e portoghesi che, consci dei pericoli, muovevano le grosse quantità di questi preziosi in flotte scortate da imponenti navi da guerra.
Mettere le mani su una di quelle imbarcazioni era tutt’altro che semplice ma non impossibile. Roberts lo dimostrò con il suo attacco a una flotta portoghese, ma di certo non era un obiettivo semplice da ottenere o un’impresa facile da ripetere. Più comodo era mettere le mani su oro e argento approfittando del naufragio di queste flottiglie, recuperando il possibile dai relitti arenati.
Accaparrarsi oro e preziosi era perciò considerato il colpo della vita, un ottimo escamotage per una trama d’avventura, ma che non dovrà essere considerato come la norma. Il bottino ordinario di ogni pirata era costituito dalle decine di navi mercantili che dalle Indie Occidentali trasportavano qualsiasi tipo di merce in Europa. Tabacco, cotone, zucchero… merci che non luccicavano come l’oro, ma che valevano comunque molto. Bastava rivenderle e trasformarle in monete sonanti che venivano spese nel giro di una notte, senza bisogno di seppellirle.
Per farlo non occorreva un segreto porto di contrabbando, ma una qualsiasi città costiera dei caraibi. I pirati erano mal visti dalle autorità, ma le Indie Occidentali erano un misto di culture, un luogo ancora selvaggio, in cui si alternavano la civiltà e la foresta, gli indigeni e gli europei. Lontano dalle autorità delle nazioni a cui appartenevano, le colonie si erano create delle regole diverse, molto meno rigide e basate sul commercio. E i pirati, spesso, permettevano di arricchirsi in maniera veloce e sicura. Persino molti governatori erano in combutta e compiacenti, basti pensare a Charles Eden, che diede rifugio a Barbanera.
Altro dettaglio importante, e mai da sottovalutare: la ciurma. Sotto il Jolly Roger si univano uomini di diverse nazioni, ex – schiavi liberati, mulatti, creoli, dettagli da non scordare quando si va a descrivere gli uomini che si occupavano di un veliero pirata.
Inoltre non si trattava di pirati che ascoltavano gli ordini del capitano senza proferire parola. I rapporti tra il comandate e la propria ciurma erano molto delicati persino per i pirati più temerari. Era la ciurma che eleggeva il capitano, il quartiermastro, il nostromo, e tutti loro potevano essere sollevati dall’incarico da un voto.
Il comandante aveva il potere assoluto solo durante gli arrembaggi e gli scontri, tutto il resto delle decisioni andavano prese di comune accordo con il resto degli uomini. Più il capitano era carismatico, più aveva possibilità di farsi ascoltare e di mettere in pratica ciò che riteneva più giusto, ma non erano infrequenti, nemmeno nelle ciurme di Barbanera o Roberts, tentativi di spodestare il comando, di minarlo, di creare fazioni interne e dissapori. Altro ingrediente per una trama interessante e ricca di colpi di scena.
Bisognerà poi avere una buona infarinatura di termini nautici, capire come si muoveva un veliero, valutarne la velocità, come farlo muovere in un arrembaggio, cosa occorreva fare durante una tempesta, ma conviene comunque spiegare al lettore cosa sta accadendo ed evitare di scadere nel tecnicismo.
Il capitano pirata si esprimerà con un linguaggio adatto, ma il lettore avrà bisogno di capire, senza trovarsi una sciorinata di termini nautici o pagine e pagine di descrizione dell’azione in corso.
Ricordatevi poi che i velieri erano fatti di legno, badate a come utilizzate lanterne e pipe, bastava poco per scatenare un incendio. Un semplice dettaglio può fare la differenza. Un esempio: attenti a quando maneggiate i cannoni, questi andavano assicurati con pesanti cime, in modo da non farli muovere. Immaginate un pezzo d’artiglieria libero di ondeggiare durante la navigazione: finirebbe con lo sfondare una delle pareti.
I covi, le isole deserte, le città dei pirati, tutte cose utili in un buon romanzo, ma anche qui, attenti a non fare confusione. La Tortuga era l’isola dei Fratelli della Costa, in uso nel diciassettesimo secolo e soppiantata in quello successivo da Nassau, le Bahamas sono state per decenni un luogo privo di legge e istituzione, dove facevano porto i pirati per riposarsi e godere di ogni piacere, ma solo fino al 1718, anno dell’arrivo del Governatore Rogers.
Era facile poi, per ogni capitano, avere una proprio covo o insenatura in cui rifugiarsi, le isole maggiori erano per lo più disabitate e i Caraibi offrivano una vasta scelta di isole deserte e rigogliose, sconosciute dalle mappe.
Inoltre non si trattava di pirati che ascoltavano gli ordini del capitano senza proferire parola. I rapporti tra il comandate e la propria ciurma erano molto delicati persino per i pirati più temerari. Era la ciurma che eleggeva il capitano, il quartiermastro, il nostromo, e tutti loro potevano essere sollevati dall’incarico da un voto.
Il comandante aveva il potere assoluto solo durante gli arrembaggi e gli scontri, tutto il resto delle decisioni andavano prese di comune accordo con il resto degli uomini. Più il capitano era carismatico, più aveva possibilità di farsi ascoltare e di mettere in pratica ciò che riteneva più giusto, ma non erano infrequenti, nemmeno nelle ciurme di Barbanera o Roberts, tentativi di spodestare il comando, di minarlo, di creare fazioni interne e dissapori. Altro ingrediente per una trama interessante e ricca di colpi di scena.
Bisognerà poi avere una buona infarinatura di termini nautici, capire come si muoveva un veliero, valutarne la velocità, come farlo muovere in un arrembaggio, cosa occorreva fare durante una tempesta, ma conviene comunque spiegare al lettore cosa sta accadendo ed evitare di scadere nel tecnicismo.
Il capitano pirata si esprimerà con un linguaggio adatto, ma il lettore avrà bisogno di capire, senza trovarsi una sciorinata di termini nautici o pagine e pagine di descrizione dell’azione in corso.
Ricordatevi poi che i velieri erano fatti di legno, badate a come utilizzate lanterne e pipe, bastava poco per scatenare un incendio. Un semplice dettaglio può fare la differenza. Un esempio: attenti a quando maneggiate i cannoni, questi andavano assicurati con pesanti cime, in modo da non farli muovere. Immaginate un pezzo d’artiglieria libero di ondeggiare durante la navigazione: finirebbe con lo sfondare una delle pareti.
I covi, le isole deserte, le città dei pirati, tutte cose utili in un buon romanzo, ma anche qui, attenti a non fare confusione. La Tortuga era l’isola dei Fratelli della Costa, in uso nel diciassettesimo secolo e soppiantata in quello successivo da Nassau, le Bahamas sono state per decenni un luogo privo di legge e istituzione, dove facevano porto i pirati per riposarsi e godere di ogni piacere, ma solo fino al 1718, anno dell’arrivo del Governatore Rogers.
Era facile poi, per ogni capitano, avere una proprio covo o insenatura in cui rifugiarsi, le isole maggiori erano per lo più disabitate e i Caraibi offrivano una vasta scelta di isole deserte e rigogliose, sconosciute dalle mappe.
La pirateria del diciottesimo secolo è un contesto storico ricco di spunti per una storia. Non a caso, i pirati, ancora oggi, sono figure che evocano fascino e avventura, ma per muoversi bene in questo scenario occorre conoscerlo e contestualizzarlo.
Create quindi protagonisti coerenti: se volete un capitano pirata il cui nome è sinonimo di terrore, dovete costruirgli un carattere adatto e un passato di azioni che lo hanno portato a crearsi una certa fama.
Le donne non sono bandite, era considerato di malaugurio averle a bordo, ma Anne Bonny e Mary Read ci raccontano una storia molto diversa. Parte integranti della ciurma, hanno combattuto a fianco degli uomini, quindi non fatevi scoraggiare se volete portare un’eroina a bordo, basta, come al solito, caratterizzare e creare una trama che giustifichi la presenza di una donna in un contesto di soli uomini e in un epoca in cui le donne erano sottomesse.
Create quindi protagonisti coerenti: se volete un capitano pirata il cui nome è sinonimo di terrore, dovete costruirgli un carattere adatto e un passato di azioni che lo hanno portato a crearsi una certa fama.
Le donne non sono bandite, era considerato di malaugurio averle a bordo, ma Anne Bonny e Mary Read ci raccontano una storia molto diversa. Parte integranti della ciurma, hanno combattuto a fianco degli uomini, quindi non fatevi scoraggiare se volete portare un’eroina a bordo, basta, come al solito, caratterizzare e creare una trama che giustifichi la presenza di una donna in un contesto di soli uomini e in un epoca in cui le donne erano sottomesse.
Stefania Bernardo Scrittrice
1. NON SONO TUTTI JACK SPARROW: se stai scrivendo un romanzo di ambientazione storica, ricordati che i pirati non erano simpatici come quelli della Walt Disney.
2. ATTENTO AL CODICE: ogni capitano creava il suo per gestire al meglio i rapporti con la ciurma, e non decideva mai tutto da solo, anzi. Crea il giusto equilibrio tra carisma, disciplina e democrazia.
3. IL BOTTINO E' UTILE MA NON ESSENZIALE: utilissimi per una trama d’avventura, sentiti libero di mettere al centro della storia un bottino lussuoso, ma ricordati che non era la norma.
4. CONTESTUALIZZA LA VIOLENZA: Un pirata poteva appropriarsi della nave solo issando il jolly roger e senza sparare un colpo, contestualizza l’uso della violenza in base al personaggio che stai creando. Tra il santo e il diavolo ci sono diverse sfumature.
5. A OGNI PIRATA IL SUO JOLLY ROGER: ogni capitano pirata aveva una bandiera nera personalizzata, una propria firma. Bastava issarla e le vittime capivano immediatamente a chi si trovavano di fronte. Non dimenticare questo dettaglio.
6. RUM Sì, UBRIACHI NO: l’acool, al contrario dell’acqua, poteva sopportare i lunghi viaggi in mare senza marcire, ma veniva diluito. Le ciurme ubriache, in caso di attacco, hanno fatto tutte una pessima fine, tienilo a mente!
7. OGNUNO HA IL PROPRIO RUOLO: il capitano non faceva tutto da solo. Era affiancato dagli ufficiali. Quartiermastro, nostromo, ufficiali di rotta, ognuno di loro aveva un compito e lo stesso valeva per la ciurma. Pirati sì, ma con ordine.
8. PIRATI NON LORD: i tuoi personaggi dovranno avere un lessico adeguato. Parolacce e bestemmie intramezzavano ogni loro discorso, ricordatelo e crea il giusto equilibrio nei dialoghi.
9. LA NATURA PUO' ESSERE INSIDIOSA: ti muovi in un contesto caraibico. Non dimenticarti di uragani e tempeste, foreste e barriere coralline.
10. CHARLES JOHNSON E' IL TUO MIGLIORE AMICO: prima di imbarcarti, leggi storia generale dei pirati di Charles Johnson, raccolta di biografie dei principali pirati realmente esistiti, pubblicata tra il 1722 e il 1724. Un resoconto autentico che ti sarà, molto, molto utile…
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